mercoledì 30 agosto 2017

Una poesia così

Di Luana Baldacci Lopez Callejo

Una poesia che scaturisca dal cuore,
un’amicizia a cui dare amore,
amare il mare, un giardino con un solo fiore,
amare l’ombra oppure il sole,
la luna d’argento senza pudore,
amare sempre il suo calore
anche se è rossa illuminata dal sole!
Sole, da vita alla terra ma la rende arida senza la pioggia,
acqua agognata, sei tu la vita,
senza di te si muore, non ci disseta il sole,
nel suo spazio infinito ci guarda e sorride,
al nostro patire, al nostro sudore
e noi preghiamo con ansia infinita,
con questo caldo un po’ d’acqua è gradita,
è la terra che grida,
è la terra che muore,
è secca, è sfinita,
è dall’uomo bruciata,
non c’è più erba e la pianta è seccata,
tu che l’amavi con le lacrime l’hai bagnata,
cercando di infondere in lei ancora
la vita


Dentro di me

Di Luana Baldacci Lopez Callejo

Dentro di me c’è un altro mondo
cerco gli altri sino in fondo
per trovare con loro l’universo infinito.
Ho l’anima triste di un condannato
costretta ad esser gelosa di chi ancora spera
questo spirito di vendetta non mi si addice
lo rifiuto, lo respingo più lontano che posso
magari in fondo ad un cimitero
pieno di aguzzi cipressi scuri che svettano neri verso il cielo
una luce di speranza mi innalza, mi avvolge
ha un sapore dolciastro, un po’ zuccherino
mi fa pensare a qualcosa di vero
ad un mio desiderio, alle mie emozioni
che allontano da me ritendendole zero.
Sarò più vera e più di così sarò sincera
sono immatura, è la mia natura
di sentirmi ancora una bambina
poesie ho creato, tanti scritti ho venduto in passato
dando voce a ciò che sentivo, a ciò che ho veduto, a ciò che ho palpato.
Con la penna in mano ho girovagato
ho cercato e spiato l’essere umano
la luce di due stelle con me ho portato per continuare il mio sogno più vero
più bello come una bandiera che sventola al vento
Vento di vita alta nel cielo.

Presente e passato

Di Luana Baldacci Lopez Callejo

Sto cercando disperatamente il caricabatterie del mio cellulare, non lo trovo o meglio ancora non ricordo dove l’ho riposto e devo assolutamente trovarlo perché ho solamente una tacca di carica e poi rimango senza linea e questo non deve succedere. Non posso assolutamente rimanere senza comunicazione, devo assolutamente trovare quel maledetto caricatore e non mi ricordo dove l’ho messo. Sto frugando affannosamente da ogni parte persino nella lavastoviglie e nei cassetti della biancheria, quando all'improvviso il cellulare squilla. Non so che fare, se rispondere oppure no, ma al terzo squillo mi decido e rispondo:
 - Pronto, pronto! -
Ed una voce mi fa sorridere:
- Ciao Luana, sono io, sono Letizia, come stai? –
- Oh, ciao Letizia, non sto troppo bene, ma sono felice di sentirti, tu come stai? –
- Non ti ho vista all’Associazione né lunedì né oggi e allora ho pensato di chiamarti per sapere come stai, mi sei mancata e anche a Virginia, quando ci rivediamo? –
- Forse lunedì prossimo Leti, se mi sentirò meglio; non ho l’influenza ma solamente una bella ricaduta di nervi ed una forte depressione. –
- Va bene Luana, anzi no, non va bene e mi dispiace tanto, spero che tu guarisca presto! –
- Cara dolce e brava Letizia, tu sei veramente una vera e grande amica, ti voglio veramente tanto ma tanto bene. La tua è davvero un’amicizia sincera verso di me come la mia per te ed anche per Virginia. Ora ti saluto Letizia perché devo disperatamente trovare il caricatore del cellulare altrimenti non potrò più parlare né con te né con altri. Ti bacio e ti abbraccio forte forte, a presto, ciao ciao –

Non ci sto più con la testa e faccio cose per me impensabili e incomprensibili, vorrei tanto poter dimenticare il passato e ricordarmi invece le piccole cose giornaliere che fanno parte di questa mia assurda vita, invece è tutto l’opposto, il passato mi perseguita ed il presente mi sta sfuggendo di mano, minuto per minuto ed è preoccupante, davvero preoccupante.

Ricordi d'estate e amicizia

Di Letizia Lettori

L’estate porta con sè divertimento e spensieratezza, ma ormai il periodo del mare e delle vacanze è quasi giunto al termine. Mi sono divertita tanto tra le calde onde del mare ma ora è tempo di tornare a scrivere sul giornale dell’Associazione Mediterraneo e di rincontrare là le amiche. Mi sono mancate davvero. Scrivere sul giornale mi ha fatta sentire serena e felice, mi sentivo utile e sentivo di dare una parte di me a coloro che volevano ascoltarmi. Adoravo specialmente stare accanto alla mia super amica Luana a cui non ho mai smesso di pensare. È passato un po’ di tempo dall’ultima volta in cui l’ho vista e spero di rivederla il più presto possibile. Mi sei mancata.

mercoledì 23 agosto 2017

Simpatica-mente: le cene dell'Associazione Mediterraneo

Di Meri Taccini

Foto: Getty
Fra le innumerevoli attività organizzate dall’Associazione Mediterraneo, la cena del venerdì è quella che sicuramente raccoglie il maggior successo. Nata con l’intento di riunire i soci al fine di discutere temi importanti per tutta l’Associazione, durante queste affollate serate, ci ritroviamo e tutti insieme passiamo una cena in compagnia e in allegria. Le cene del venerdì sono di tutti e quasi tutti si impegnano per far sì che riesca al meglio: c’è chi apparecchia e chi va col furgone a fare la spesa. Io mi occupo di raccogliere il contributo che ognuno è tenuto a versare; si tratta di una cifra irrisoria che comunque ci fa capire come ognuno di noi possa sostenere una cosa bella come la cena del venerdì. Certo, talvolta possono sorgere problemi e incomprensioni con gli altri, ma non importa perché alla fine sono comunque contenta di averli fatti stare bene. Io sto bene con loro e spero che loro stiano bene con me.  

Chi sono i veri animali?

Di Letizia Lettori
A cura di Enrico Longarini

Nonostante i telegiornali e le notizie che quotidianamente riceviamo ci abbiano ormai abituati ad episodi di violenza e di maltrattamento, la cattiveria dell’uomo nei confronti dei suoi simili e degli animali non ha mai termine. Pratiche spietate come la tortura o i combattimenti clandestini tra cani, sebbene ormai rese illegali in tutti i paesi del mondo, vengono tutt’oggi perpetrate con una frequenza spaventosa. Queste crudeltà che potremmo forse immaginare verificarsi solo in paesi remoti come la Cina o gli Stati Uniti, in realtà sono più vicine a noi di quanto potremmo mai immaginare; basta sfogliare qualche giornale per rendersi conto di quante innumerevoli bestiole indifese siano costrette ad uccidersi l’un l’altra per soddisfare un sadico e perverso piacere umano. Gli sfortunati animali forzati a commettere tali atrocità subiscono indicibili violenze fisiche e psicologiche da parte del proprio padrone: allenamenti sfiancanti e prove durissime che culmineranno nel combattimento finale che si concluderà soltanto con la morte (provocata dalle ferite o dalla fatica) di uno dei due poveri animali. Violenza, maltrattamenti e soprusi vanno perciò ostacolati in ogni modo possibile per far sì che tali pratiche cessino una volta per tutte. Gli animali vanno trattati con dolcezza, amore e affetto. Essi non sono solo nostri compagni, ma sono gli amici che ci ameranno per sempre con tutto il loro cuore. 

lunedì 7 agosto 2017

Inclusione sociale a Livorno: intervista all'A.R.C.I.

Questo articolo è il risultato dell'intervista che l'Associazione Mediterraneo ha condotto sul territorio livornese al fine di far conoscere alla cittadinanza alcune di quelle associazioni che si occupano di inclusione sociale.

Di Enrico Longarini, Virginia Gasperini, Alessio Polini, Alessio Torbidoni, Francesco Benvenuti, Paolo Di Giuseppe e Sabrina Caluri

Sessant’anni fa, ereditando e ispirandosi alle vecchie esperienze della cooperazione solidale e del mutualismo operaio del dopolavoro, nacque l’ARCI, l’Associazione Ricreativa Culturale Italiana. Si tratta di un’associazione fortemente presente su tutto il territorio italiano e arriva a contare circa settemila circoli.
Per molto tempo, la nostra principale preoccupazione è stata quella di creare situazioni di agio e di benessere per le famiglie popolari, organizzando per loro attività ricreative, ludiche e di relazione.
Ovviamente nel corso degli anni ci siamo dovuti confrontare con le complessità che sono emerse a livello nazionale ed in particolare ci siamo dedicati alla tutela dei diritti delle persone più deboli e più fragili; ci occupiamo moltissimo di immigrazione e di promozione del benessere sociale con una particolare attenzione rivolta a coloro che appartengono alle fasce meno rappresentate e che in questa competizione sfrenata che è diventata la vita rischiano di rimanere indietro sempre più sole e isolate.
Nello specifico, negli ultimi anni ci siamo occupati in maniera molto significativa della gestione di alcune strutture dedicate all’accoglienza dei rifugiati che chiedono asilo politico e protezione internazionale e dei diritti delle persone che sono state private della libertà. In sostanza la mission di questi ultimi anni sono stati l’asilo e le carceri.
Il nostro bacino di interesse socio-politico è dunque composto da immigrati e persone meno abbienti, mentre i circoli sono frequentati da cittadini che decidono di venire dopo il lavoro a giocare a carte, prendersi un caffè e trascorrere un po’ di tempo in compagnia. Tale modalità di ritrovo cela dietro la sua semplicità un messaggio molto profondo che richiama le ultime forme di socialità popolare, di conseguenza, anziché limitarsi a trascorrere un pomeriggio nella propria abitazione, la persona può trovare un’occasione di confronto, di dibattito e di discussione perpetrando così una forma di relazione sociale che nel chiuso di una casa spesso si perde e finisce per divenire solitudine.
Usufruire delle opportunità e delle attività che mettiamo a disposizione non è difficile, basta tesserarsi presso uno dei nostri circoli al costo di 10€ annuali.
Oltre a queste occasioni di ritrovo la nostra associazione crede molto nella cultura e nella progettazione e per questo gestisce dei centri di accoglienza all’interno dei quali sviluppa poi percorsi culturali e di inclusione sociale. Uno di questi percorsi è la Ciclo-Officina, iniziativa che ha suscitato non poche polemiche; si tratta di un luogo dove ci impegniamo, attraverso la riparazione di rottami di biciclette, a valorizzare le competenze che alcuni ragazzi (quattro richiedenti asilo ed alcuni volontari) hanno nel campo della meccanica. Gli oggetti riparati e trasformati acquistano così una nuova vita e finiscono per essere venduti ad un’asta pubblica (naturalmente a prezzi accessibili).
Ovviamente non siamo interessati all’aspetto economico, anzi, il nostro scopo principale è far sì che i ragazzi diano valore e significato al doppio aspetto del recupero e del riuso.
Riparare una bicicletta infatti non significa esclusivamente aggiustare un mezzo di trasporto, ma per molti di questi ragazzi rappresenta l’unico strumento di locomozione che nel loro paese di origine potevano permettersi e così sono stati costretti ad imparare il valore del riutilizzo.
La buona volontà e la disponibilità che questi giovani dimostrano sono anch’essi aspetti importanti della loro vita e rappresentano il momento di restituzione delle loro competenze e abilità nei confronti della comunità che li accoglie.
La nostra associazione è composta da soci attivi e da volontari, come persone in pensione o amici e anche se il volontariato è da diversi anni in crisi e non possiamo “permetterci” volontari che lavorino ogni giorno, il tempo che queste persone mettono a nostra disposizione rappresenta il gesto più prezioso di cui ci possono far dono.
Così come accade nella nostra officina dove gli utenti non sono solo i destinatari ma contribuiscono alla realizzazione di determinati servizi, nel rapporto con i centri di accoglienza spesso ci troviamo a negoziare e a costruire insieme a coloro che vengono ospitati in tali strutture, percorsi all’interno dei quali possano sentirsi pienamente integrati, come ad esempio la cucina, aspetto che ricopre un ruolo rilevante anche all’interno di culture diverse dalla nostra.
Foto di Arci Livorno
Questi e molti altri rappresentano solamente alcuni degli obiettivi che ci eravamo prefissati e da quando la nostra associazione si è costituita possiamo dire di averli ampiamente superati. A metà degli anni novanta, ad esempio, a Livorno non vi erano strutture che si adoperassero nell’accoglienza dei senzatetto e avendo a cuore il tema ci siamo impegnati a condurre una forte pressione sull’amministrazione comunale affinché fosse data una risposta a coloro che non solo non possedevano un tetto sotto cui dormire, ma non avevano neppure voce in capitolo. Grazie al nostro intervento e alla nostra collaborazione con le istituzioni furono così aperti i primi centri dedicati ai senzatetto come il centro Homeless, il S.E.F.A., un centro di accoglienza straordinaria temporanea o la Casa delle Donne, strutture nate in quel periodo e tutt’ora in piena attività. Col tempo poi ci siamo dovuti confrontare con nuove problematiche, come il tema dell’immigrazione, la cui rilevanza è notevolmente cresciuta negli ultimi anni, ma l’idea che sta alla base del nostro operato non è cambiata e abbiamo continuato a provare a fornire una migliore qualità della vita a coloro che si sentivano soli e abbandonati.            
Purtroppo lo scenario caotico e imprevedibile che si delinea di fronte ai nostri occhi rende la progettazione di un futuro un traguardo sempre più irraggiungibile e quelle che sono state le conquiste che i cittadini hanno raggiunto negli anni passati sembrano svanire mano a mano che il tempo trascorre. Il tessuto sociale si è ormai lacerato e la socialità, la cooperazione e la solidarietà, essendo sempre più residuali, lasciano spazio a forme di egoismo e individualismo. Se non riusciamo ad attuare un ripensamento su di un intero sistema di valori, su una modalità di stare insieme le conseguenza per i giovani, i nostri figli e i nostri nipoti potranno essere disastrose. Tuttavia recuperare ciò che è stato perduto non è del tutto impossibile a condizione però che da parte dell’azione politica e civile vi sia una volontà di cambiare al fine così di rigenerare comunità ormai stanche e dare di nuovo senso all’idea di cittadinanza.
Nonostante la nostra città sia ricca di associazioni, la comunicazione tra di esse non è sempre del tutto efficiente; noi comunque crediamo nel valore della collaborazione e della sinergia (senza la quale sarebbe difficile portare avanti i nostri numerosi progetti) e anche se forse sarebbe opportuno impegnarsi maggiormente e fare qualcosa di più, ad oggi abbiamo rapporti attivi e paritari con Caritas, SVS, Misericordia e con l’amministrazione comunale e le prefetture.  
Trasmettere il nostro messaggio agli altri non è sempre facile poiché trattando temi estremamente delicati come il carcere e l’immigrazione dove il giudizio e soprattutto il pregiudizio sono molto radicati, non abbiamo sempre risposte positive dal coinvolgimento della cittadinanza; certo, in alcuni ambiti siamo ben accolti, ma generalmente le persone non riescono a comprendere che difendere i diritti dei più deboli ad una vita decorosa significa difendere anche i propri diritti. A tal proposito un famoso scritto di Martin Niemöller recita: "Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare". Dignità, rispetto e reciprocità sono elementi fondamentali anche all’interno dell’ambito carcerario dove il detenuto, pur avendo commesso un crimine, non smette di essere un cittadino e in quanto tale conserva determinati diritti. Il diritto non è un optional, non è una merce, il diritto è la funzione stessa della democrazia.
Inclusione sociale per l’ARCI significa dare opportunità (e non vantaggi) alle fasce sociali svantaggiate e stigmatizzate mantenendo con loro un rapporto di comunicazione aperto con lo scopo preciso di abbattere il marchio sociale del pregiudizio che incombe su di loro. Immigrati, ex detenuti, ex tossicodipendenti e persone con disturbi di natura psichica devono essere capite per poter meglio relazionarci con ognuno di loro. La paura e pensieri come “prima io e poi gli altri” portano soltanto ad una forma primitiva di primato razziale ed ostacolano le capacità che ogni persona ha di potersi misurare nel raggiungere i propri obiettivi. 

Inclusione sociale a Livorno: intervista all'A.L.C.A.T.

Questo articolo è il risultato dell'intervista che l'Associazione Mediterraneo ha condotto sul territorio livornese al fine di far conoscere alla cittadinanza alcune di quelle associazioni che si occupano di inclusione sociale.

Di Enrico Longarini, Virginia Gasperini, Alessio Polini, Alessio Torbidoni, Francesco Benvenuti, Paolo Di Giuseppe e Sabrina Caluri


A.L.C.A.T è un’associazione ONLUS che, applicando l’approccio ecologico messo a punto dal prof. Vladimir Hudolin , psichiatra ed alcologo croato di fama mondiale, si occupa dei problemi alcol-correlati, ovvero tutte quelle situazioni che possono portare la persona a bere, come la mancanza di una casa o di un lavoro.
Oltre a collaborare con il SerT, che spesso ci indica e ci invia individui che necessitano di sostegno, uno degli aspetti che più ci contraddistingue è il fatto che noi non lavoriamo solo con il singolo ma ne coinvolgiamo anche la famiglia. Quest’idea si basa sul principio secondo il quale la sofferenza non appartiene esclusivamente alla persona, ma che di riflesso si estenda anche alla sua rete familiare.
I colloqui iniziali che ci servono per conoscere chi si rivolge a noi spesso vengono condotti solo con i parenti e solamente dopo riusciamo ad inserire il diretto interessato nell’associazione. Una volta introdotto nei gruppi, la famiglia rimarrà al suo fianco per tutto il suo percorso proprio in nome di quel principio di condivisione della sofferenza a cui abbiamo fatto riferimento poc’anzi. I parenti infatti non svolgono solo il compito di “controllori”, ma vengono anche per loro stessi, per sfogarsi ed esprimere tutti i propri disagi.
Occasionalmente conduciamo anche incontri con la cittadinanza e se due anni fa abbiamo organizzato un convegno sul rapporto tra alcol e giovani, questo 2017 ci ha visti protagonisti di un’iniziativa durante la quale abbiamo affrontato il delicatissimo tema della violenza. “Violenza di genere, diamoci un taglio”, questo il nome dell’incontro, si è rivelato essere un ottimo spunto per costruire e ampliare il nostro lavoro di rete insieme a tutti          coloro che con noi hanno partecipato al convegno: Associazione Ippogrifo, Associazione Lui, l’Arma dei Carabinieri ed il Codice Rosa dell’ospedale.
Ogni iniziativa che progettiamo nei confronti della cittadinanza, dai gazebi che organizziamo durante le feste rionali, alla semplice distribuzione di volantini ha dunque lo scopo di fare promozione e prevenzione. 
Purtroppo non sempre risulta semplice coinvolgere i cittadini nelle nostre attività; le persone che occasionalmente si avvicinano a noi sembrano sempre non avere un problema diretto con la dipendenza e nessuno viene mai da noi a dire: ho un problema. Al massimo chiedono aiuto per conoscenti o parenti perché più di ogni altra cosa temono lo stigma e la vergogna di ammetterlo agli altri ma soprattutto a se stessi. Non sanno che ammettere di avere un problema significa aver percorso metà strada verso la riabilitazione.
La nostra associazione al momento conta sette club presenti sul territorio cittadino ed oltre alla condivisione delle esperienze, molto spesso conduciamo delle vere e proprie scuole per le persone e per le rispettive famiglie su argomenti che queste ultime hanno intenzione di approfondire.
Questi incontri vengono gestiti dai cosiddetti servitori-insegnanti (persone che in alcuni casi hanno vissuto esperienze collegate all’alcolismo) che, mettendosi a disposizione e al servizio delle famiglie, donano i loro insegnamenti e il proprio sostegno.  
Sono le famiglie che stanno alla base dell’operato della nostra associazione e per comunicarci la loro opinione o per fare determinate richieste, abbiamo istituito due rappresentanti per ogni club della città in maniera che tutte le famiglie abbiano modo di esprimere il proprio parere e partecipino al processo decisionale.
L’idea che la sofferenza del singolo coinvolga anche la famiglia è stata formulata dal professor Hudolin, che abbiamo citato precedentemente, egli tuttavia non si limitò solo a questo, ma giunse a sostenere che l’alcolismo non era da considerarsi una malattia bensì una questione di forza di volontà. L’obiettivo della nostra associazione in sostanza è proprio quello di alimentare questa scelta attraverso iniziative di prevenzione, di condivisone e di informazione, come quella che abbiamo programmato assieme all’Associazione Ippogrifo che ci ha invitati al Banco 46 (banco all’interno del mercato centrale) a parlare delle nostre esperienze al fine di promuovere una cultura della salute in ogni suo aspetto e favorire una piena consapevolezza della condizione di alcolismo.
Quando nascemmo nel 2007, ovviamente nessuno conosceva il nostro potenziale, ma oggi a circa dieci anni di distanza siamo fieri di dire che siamo riusciti a ritagliarci
un nostro spazio di competenza; certo, ciò a cui aspiriamo può essere considerato un’utopia forse, ma i risultati che abbiamo ottenuto in passato ci spingono ad andare avanti e le collaborazioni con la UEPE, con il Comune e con numerose altre associazioni sono una valida testimonianza del nostro successo. La gioia più grande però consiste nel vedere la persona che con il nostro aiuto, ma soprattutto con le sue forze, riesce ad uscire da una condizione di dipendenza arrivando così a riacquistare la propria vita.

L’intero nostro operato si fonda sull’assunto che nessuno debba sentirsi escluso, di conseguenza la maggior parte delle attività che organizziamo sono gratuite e nella quota di partecipazione, che ogni club raccoglie per sostenersi, solo un euro viene versato direttamente nelle casse dell’associazione. Tutto si fonda sul volontariato e come diceva il professor Hudolin: meno soldi ci sono meglio è.
L’unico servizio che comporta oneri finanziari, ma che nel 2015 ci è stato sovvenzionato dal CESVOT, è il corso di sensibilizzazione, al termine della quale frequentazione vengono formati i servitori-insegnanti. Questi corsi, aperti a chiunque (familiari, medici e persone che possono aver avuto problemi in passato) hanno lo scopo di sensibilizzare i partecipanti nei confronti del fenomeno della dipendenza da alcol. Si tratta di un bellissimo corso e tutti coloro che hanno vissuto quest’esperienza sulla propria pelle hanno ammesso di esserne usciti arricchiti.
La nostra associazione è aperta a tutti e non pone limitazioni di alcun tipo, né politiche né tantomeno religiose; accettiamo e abbiamo tra di noi persone che soffrono dei disturbi più disparati perché crediamo che tutte le persone siano uguali, soprattutto di fronte ad un problema come l’alcolismo. Produrre inclusione sociale per noi è mettersi insieme e lavorare mano nella mano a prescindere dai problemi che ognuno di noi può aver incontrato durante la sua vita. 

mercoledì 2 agosto 2017

Inclusione sociale a Livorno: intervista all'Associazione Don Nesi

Questo articolo è il risultato dell'intervista che l'Associazione Mediterraneo ha condotto sul territorio livornese al fine di far conoscere alla cittadinanza alcune di quelle associazioni che si occupano di inclusione sociale.

Di Enrico Longarini, Virginia Gasperini, Alessio Polini, Alessio Torbidoni, Francesco Benvenuti, Paolo Di Giuseppe e Sabrina Caluri

L’associazione Don Nesi si occupa prevalentemente di attività socio-culturali e socio-educative e anche se la maggior parte di queste attività è stata concepita e strutturata per il quartiere Corea di Livorno e i suoi abitanti, esse possono coinvolgere l’intera cittadinanza.
Molti dei nostri progetti sono rivolti a ragazze/i delle scuole medie e superiori e di conseguenza sono state calibrate per adempiere alle loro esigenze. Il doposcuola ad esempio, servizio che impegna gran parte del nostro tempo e che portiamo avanti dal 2005, segue il calendario scolastico e viene svolto da ottobre a maggio/giugno. L’attività del doposcuola è una delle più seguite ed ogni settimana vede la partecipazione di circa quaranta tra ragazzi e ragazze; il servizio che offriamo è stato pensato soprattutto per il quartiere di Corea poiché i dati mostrano come questa zona e in genere l’intera area nord della città possieda un alto tasso di dispersione scolastica. Come per molte altre attività, il doposcuola è un’attività completamente gratuita realizzata prevalentemente grazie al contributo dei volontari: insegnanti, ex insegnanti in pensione, ragazzi del Servizio Civile Volontario e tutti coloro che ci sostengono. 
Il doposcuola non è l’unica attività che organizziamo e un’altra delle storiche iniziative della nostra associazione è rappresentata dal centro educativo estivo che ha avuto origine nel 2005/2006 e viene condotto durante i mesi di luglio e agosto. Nata poi con l’intento di favorire il rapporto tra i ragazzi e i libri fin dalla prima età, abbiamo dato vita ad un servizio che si è concretizzato in quella che oggi è divenuta una ludoteca (realizzata all’interno del progetto “Nati per leggere”) dove comunque non ci limitiamo a far giocare e divertire i più giovani, ma cerchiamo di inserirli in attività che siano strutturate.
Sebbene gran parte delle nostre iniziative sia rivolta principalmente ai ragazzi, l’Associazione Don Nesi crede fermamente nel principio di educazione permanente, principio secondo il quale la formazione non si esaurisce nel periodo scolastico ma accompagna la persona per tutta la sua vita e che nei nostri progetti si concretizza nella realizzazione di attività indirizzate anche ad un pubblico adulto che possano inoltre promuovere e valorizzare il rapporto della persona con i libri e con il cinema. Il cineforum e la BCE (la Biblioteca Clandestina Errabonda) nascono proprio con l’intento di contribuire ad una crescita individuale e collettiva. Il primo non consiste soltanto nella proiezione di un film ma, pensando al cinema come un linguaggio di crescita sociale, politica e civile, attraverso rassegne tematiche o autoriali cerchiamo di favorire scambi e confronti, mentre la seconda, la biblioteca, è un’attività durante la quale vengono presentati e condivisi libri di autori sostanzialmente poco conosciuti o abbastanza trascurati dal mercato dell’editoria e di conseguenza dal lettore medio. Oltre alle attività di cui abbiamo appena parlato, consolidate ormai da un’esperienza pluridecennale, ogni anno organizziamo incontri con la cittadinanza su temi significativi di carattere non solo locale. Il 21 aprile ad esempio avevamo programmato un’iniziativa dedicata all’approfondimento del modello di accoglienza che caratterizza i richiedenti asilo a Livorno e in Italia e come ospiti abbiamo avuto personalità importanti come l’Assessore della Regione Toscana Vittorio Bugli, il Sindaco del Comune di Livorno Filippo Nogarin, il rappresentante di Emergency Riccardo Tagliati e il Presidente dell’Associazione Arci di Livorno, Marco Solimano.
Grazie ad una convenzione del Comune di Livorno abbiamo attivato un servizio denominato “Incontri protetti”, un servizio che vede coinvolti bambini e genitori a cui è stato tolto l’affidamento. Naturalmente si tratta di un servizio sui generis che affronta un tema particolarmente fragile e per questo non possiamo utilizzare dei volontari ma ci avvaliamo del contributo di figure professionali quali, un’educatrice e un operatore di custodia e sono coinvolti tribunali e/o assistenti sociali. La maggior parte di questi utenti sono proprio gli abitanti di Corea e dei quartieri limitrofi e quest’aspetto non può far altro che sottolineare la marginalità e le varie forme di disagio che caratterizzano questa zona della città.


Data l’immane quantità di lavoro che spesso ci troviamo a gestire non siamo soliti soffermarci troppo sulla programmazione di un nostro futuro, perché le nostre attività meritano un impegno ed un’attenzione tale per la quale non sono ammesse distrazioni, ma naturalmente non restiamo ancorati al passato, anzi, il nostro interesse principale è quello di rafforzare e migliorare proprio ciò che abbiamo ottenuto in questi anni. Un altro compito che ci sentiamo in dovere di adempiere consiste nel fotografare la realtà, la società e il quartiere che ci ha visti nascere in maniera da osservarne e studiarne tutti i cambiamenti. Nel 2003, quando siamo nati, ci trovavamo in un quartiere che era all’inizio di un’opera di riqualificazione che poi negli anni ha radicalmente modificato l’intera area arrivando ad alterare persino l’intera identità del quartiere.
Non possiamo certamente trascurare il fatto che esso si inserisca all’interno di un processo complessivo e globalizzato; infatti, rispetto ad una dimensione più comunitaria tipica degli anni settanta, ottanta e novanta adesso ci troviamo a vivere all’interno di una logica più individualista, caratterizzata da una carenza di momenti e di spazi d’aggregazione e di socializzazione. Personalmente crediamo che una realtà come la nostra debba cercare di adeguarsi alla quotidianità ma cerchi altresì di dare risposte nuove a bisogni ed esigenze che nel tempo si sono evoluti.
Uno degli obiettivi su cui si basa il nostro intero operato consiste proprio nel riavvicinare i cittadini ad una concezione di bene comune e pubblico. Ci sono alcuni spazi del quartiere che potrebbero essere perfezionati e che potrebbero essere vissuti in maniera diretta da parte degli stessi cittadini. Si tratta di un argomento di non poca importanza e di uno dei possibili campi, sia di studio che di lavoro, di cui come associazione dovremmo tener conto.

La società non è più quella di quindici anni fa ed anche il modo di aiutare il prossimo si è trasformato. Il volontariato ha perso gran parte del valore e del significato originario poiché ormai viene dato per scontato che qualsiasi associazione, soprattutto le medie e le grandi, abbraccino una sorta di processo di aziendalizzazione che si rivela causa ed effetto della perdita di rilevanza della figura del volontario. Per noi tuttavia si tratta di un aspetto che non deve sbiadire col tempo, anzi! Riconoscerci come associazione di volontariato significa essere persone che, stando insieme, decidono di compiere un percorso e che, condividendo finalità e obiettivi, mettono a disposizione il loro tempo donando loro stessi a qualcosa che sta al di là della singola persona.
L’Associazione Don Nesi è un’associazione apartitica e aconfessionale e questo significa che la maggior parte dei nostri finanziamenti provengono dalle nostre tasche, dal 5x1000 e talvolta dai progetti su temi specifici che presentiamo ai bandi.

Alfredo Nesi, parroco di cui portiamo il nome, dal 1962 al 1982 promosse l’esperienza del villaggio scolastico di Corea, un’esperienza che non solo ebbe un’eco su tutta la città di Livorno, ma anche a livello nazionale e che fece sì che alla sua morte, verificatasi nel 2003, i suoi amici, spinti dal ricordo e dai suoi ideali, decidessero di fondare un’associazione che perpetrasse tutto ciò in cui aveva creduto.
Dato che portiamo il nome di un uomo di chiesa, il carattere aconfessionale della nostra associazione potrebbe apparire una contraddizione per chi ignora l’opera e il pensiero di Alfredo Nesi, ma in realtà fu proprio lui in persona a sostenere che i ragazzi del quartiere Corea dovessero partecipare alle attività al di là del proprio credo religioso. La nostra indipendenza ha dunque origini storiche e indica come le responsabilità e il sostentamento per portare avanti questa associazione dipendano sostanzialmente dalle nostre azioni.
Essere indipendenti però non significa essere autoreferenziali e anche se talvolta rischiamo di limitarci a coltivare il nostro orticello, negli anni possiamo dire di aver avuto rapporti con altri enti e associazioni che ci hanno decisamente fatto crescere. I progetti che in passato abbiamo presentato ai bandi spesso sono stati realizzati proprio col contributo di altri partner e questo naturalmente ha rappresentato un valore aggiunto all’esperienza poiché la cooperazione nata da un progetto ha reso possibile la collaborazione per le attività e progetti che sono seguiti. L’Associazione Ecomondo, Aeroc, il Centro Studi-Movimento nonviolento di Livorno, Libera Università Popolare "Alfredo Bicchierini", Arci, Emergency, il Centro Mondialità Sviluppo Reciproco sono stati per noi compagni storici, ma le interazioni e gli scambi non sono mancati neanche con le istituzioni e gli enti locali come il Comune di Livorno. La purezza di tali collaborazioni e di tutti i rapporti tra associazioni, a nostro avviso, rischia tuttavia di essere intaccata  dall’aspetto economico e dato che viviamo in un modello di società capitalista in cui il denaro più che unire divide, è più facile e più giusto creare dei rapporti equilibrati quando non vi sono soldi di mezzo.

La Banca del Tempo, progetto che ormai si è diffuso in tutto il mondo da circa quindici anni, a Livorno ha visto la luce a maggio scorso e rappresenta alla perfezione il concetto che abbiamo appena illustrato: nella Banca del Tempo infatti non vi è denaro e le persone mettono a disposizione servizi e competenze. L’Associazione Don Nesi è una delle associazioni che ne costituisce il direttivo e che si sta dando maggiormente da fare e la nostra sfida consiste nel non far rimanere tale progetto solo nelle nostre mani, ma che vi siano altre associazioni che possano sostenerlo e portarlo avanti.
In conclusione possiamo ammettere di essere impegnati su molti fronti; i giovani sono il nostro punto di partenza e spesso metà dei casi con cui ci troviamo ad aver a che fare ci viene segnalato dai servizi sociali. Si tratta di bambini e bambine che hanno diverse forme di marginalità e perlopiù problemi a livello familiare, difficoltà nell’apprendimento e di natura socio-economica. Ma anche se i bambini rappresentano il nostro principale interesse favoriamo allo stesso tempo attività “intergenerazionali” come la banda musicale di Corea e il cinema, attività aperta a giovani e adulti, proprio in nome dell’ideale di coinvolgimento assoluto che contraddistingue la nostra associazione.
Coinvolgimento significa far sì che le persone si sentano parte di un qualcosa, far sì che abbiano opportunità e possibilità. Il servizio del doposcuola, ad esempio, nacque proprio con l’intento di contrastare il fenomeno dell’abbandono scolastico che pervadeva il quartiere dando ai bambini che manifestavano difficoltà scolastiche e/o economiche la possibilità di essere seguiti e sostenuti.

Inclusione sociale per noi vuol dire favorire la partecipazione dei soggetti deboli, fragili e appartenenti a categorie che nella nostra società di mercato normalmente si trovano svantaggiate ed escluse e facendo nostro il motto di Alfredo Nesi “agli ultimi e ai poveri le cose migliori” da quando ci siamo costituiti abbiamo sempre perseguito tale progetto.