La Redazione
Tra discussioni, spunti e
contrasti produttivi le menti, i cuori e gli individui della Redazione
dell’Associazione Mediterraneo hanno dato vita ad un’unione di pensieri qui
sotto riportati.
Ci troviamo in un’epoca
in cui nessuno di noi può essere estraneo a concetti come la lotta al razzismo,
al sessismo e i diritti alle pari opportunità. Tuttavia, nonostante il senso
comune mondiale stia procedendo con grande sforzo verso una piena consapevolezza
del valore della diversità, in questa lotta perenne una categoria si trova a
faticare più delle altre e a rimanere vittima delle continue discriminazioni:
quella dei malati mentali.
Che si tratti di disturbi
legati al fisico o alla mente, essere malati significa provare una sensazione
di malessere logorante. Dunque, sebbene i disagi fisici possano essere
accomunati a quelli mentali, tenuto conto delle rispettive gravità, è indubbio
come il malessere mentale sia responsabile della genesi di un ulteriore
ostacolo sul sentiero dell’equilibrio dei rapporti sociali. Paura, pregiudizio
e disinformazione infatti sono temi datati, ma tuttavia non ancora superati,
che continuano a ruotare minacciosamente attorno al concetto di malattia
mentale.
Purtroppo, si tratta di
una conseguenza fisiologica legata al contesto in cui nasciamo e cresciamo;
viviamo infatti in società in cui si dà valore a ciò che appare e la prima cosa
che vediamo in qualcuno che soffre non è la sua persona, bensì la sua malattia.
Riuscire a vedere oltre,
forse, per quanto auspicabile potrebbe però non rappresentare la soluzione più
adatta nel fronteggiamento di comportamenti discriminanti. Il “diverso”
spaventa perché imprevedibile, perché strano e potenzialmente pericoloso, una
percezione questa che porterà gli altri ad allontanarsi dalla persona e che
condurrà la persona stessa ad alimentare il vuoto sociale attorno a sé. Si
tratta della cosiddetta discriminazione negativa, ovvero quell’atteggiamento di
separazione diretto a sfavorire coloro che non appartengono a gruppi sociali
ritenuti ordinari. D’altro canto tuttavia possiamo osservare come essa presenti
una controparte positiva. La discriminazione positiva è un atteggiamento di
disparità nei confronti di chi è più debole e parte con uno svantaggio, come
stranieri o disabili, volta a dar loro gli stessi diritti e opportunità degli
altri. Nonostante essa possa esser mossa dai più nobili principi anche a
livello normativo, a nostro avviso, la discriminazione positiva rischia di
degenerare e sfociare, in special modo sul piano sociale, in un atteggiamento
di compassione paternalistica.