mercoledì 23 dicembre 2015

Nostalgia

Di Alba

La nostalgia è un sentimento umano e profondo; esso significa provare un flusso di emozioni che provengono dal nostro passato, come il piacere, la tristezza, la speranza e la malinconia. La nostalgia, qualora ci faccia comprendere che il passato non ritorna, può essere visto come un sentimento positivo perché ci aiuterà a vivere con serenità sia il presente che il futuro. Purtroppo però se così non viene “vissuta” essa può sfociare in una patologia. Ho fatto questa premessa perché proprio la nostalgia è affiorata in me da svariati giorni; stavo facendo ordine nella mia libreria e mi sono soffermata a rileggere vecchie agende e un mio vecchio scritto. Ho riletto un mio scritto datato 1991 intitolato “La storia della mia vita, incredibile ma vera”. L’avevo scritto a mano dopo qualche anno trascorso tra esperienze di ricoveri e psicoterapie. La narrazione della mia prima esperienza “toccante” come volontaria C.R.I Mi ha totalmente riportata al passato. Era il 1971 quando, dopo aver frequentato un corso alla C.R.I., avevo iniziato a frequentare in ospedale il reparto di ergoterapia e successivamente quello di neurochirurgia. Qui erano ricoverati molti giovani paraplegici e semiparalitici  che provenivano perlopiù da altre regioni d’Italia, specialmente dal meridione. Restavano ricoverati per diversi mesi quasi sempre da soli, senza parenti o amici ad assisterli e il mio compito consisteva nel far loro compagnia e svolgere per loro alcune commissioni che da soli non avrebbero potuto fare. I “casi” da seguire venivano presentati con un accenno alla situazione clinica dalla suora caposala di reparto, Suor Graziana e il primo caso in cui mi imbattei fu molto particolare: si trattava di un ragazzo di ventisei anni, Riccardo ed era un ragioniere di Prato che purtroppo era rimasto paralizzato dalla vita in giù a seguito di un errore durante un intervento chirurgico. Riccardo era consapevole del motivo della sua paralisi e così aveva sviluppato un tale odio nei confronti di medici e paramedici che spesso, al loro ingresso in camera, lanciava loro tutto ciò che gli capitava sotto mano, libri, bicchieri, bottiglie… era un paziente non paziente: comprensibile!
Con gli occhi di adesso mi rendo conto di come oggi potrei riuscire a comprendere meglio il suo profondo disagio dato che anche io, per qualche anno, mi sono trovata a vivere un’esperienza di semiparesi.
Consapevole dell’astio di Riccardo nei confronti dei dottori, mi presentai a lui informandolo subito del fatto che non fossi né un medico né un paramedico, ma un’insegnate di scuola materna che occasionalmente faceva la volontaria e che il motivo per il quale indossavo il camice era l'obbligo impostomi dall’ospedale. Durante i nostri incontri io parlavo di me, del lavoro che facevo, dei miei problemi familiari ed esistenziali, parlavo di ciò che avveniva fuori dell’ospedale, ma di fronte a me trovavo un interlocutore muto ed impassibile; non una parola, non uno sguardo, non mi degnava minimamente della sua attenzione! Quante giornate, settimane, mesi trascorsi a parlare, a monologare con un “muro”! Ricordo come a casa la sera a letto mi ritrovassi a piangere e a pensare a come poter istaurare un qualsiasi tipo di dialogo con lui. Ero certa di fare del bene, anche perché tutti gli altri volontari prima di me si erano arresi dopo solo pochi tentativi. Io volevo farcela a tutti i costi, mi dispiaceva troppo vederlo sempre triste, solitario e chiuso nelle sue letture. Pianti, sofferenze, sudate, sforzi per arrivare a scalfire quell’iceberg che mi trovavo d’innanzi; cosa potevo fare? I comportamenti degli altri che avevano fallito prima di me erano stati caratterizzati da una vena pietismo, ma la mia “tattica” per quanto diversa non raccolse il successo che mi ero aspettata. Per quanto il cuore mi si stringesse ogni volta non ho mai accennato alla sua infermità, lo trattavo come un ragazzo qualunque, senza menomazioni e come tale lo informavo di ciò che succedeva fuori da lì; gli raccontavo anche episodi ridicoli di come riuscissi a saltare gli ostacoli “senza cavallo” atterrando in vaste pozze fangose… ma niente, nessuna risata, nessun accenno di voler istaurare un dialogo!
Finalmente un giorno la mia caparbietà fu premiata perché riuscii a scovare quella scintilla che mi permise di “scongelare il ghiacciolo”: il calcio. Riccardo leggeva sempre giornali sportivi e la domenica non staccava il suo orecchio dalla radiolina. “Mi puoi spiegare come funziona il calcio? Non ci capisco niente” Sguardo bieco, un abbozzo di sorriso, uno sguardo dal basso verso l’alto ed era fatta! Cominciò a spiegarmi le regole, ma molto presto si accorse che per il calcio ero negata e che in effetti mi importava ben poco di conoscerlo. Lo capì molto presto, era molto sensibile ed intelligente e così i miei lunghi monologhi divennero argomenti di conversazione e l’iceberg si trasformò in un interlocutore acuto, simpatico, frizzante e in un caro amico anche per gli altri pazienti. Riccardo inoltre aveva una piccola e vecchia macchina fotografica e ricordo come si dilettasse a fare scatti agli uccellini che beccavano le briciole sul terrazzo del reparto; io mi occupavo di portarle a sviluppare e insieme commentavamo le sue foto, dato che anche io stavo iniziando ad appassionarmi alla fotografia. I medici un giorno programmarono di trasferirlo a Milano ed io lo aiutai anche ad ottenere tutti i documenti necessari per il trasferimento e per un lavoro nell’immediato futuro. Prima di partire per Milano però, all’inizio del 1975, fu trasferito a Marina di Massa per nuove cure e per quanto si trattasse di una struttura sul mare e fosse ben attrezzata si trattava di un luogo molto triste. Un giorno andai a trovarlo e fu un miracolo se riuscii a tornare a casa illesa, infatti mentre guidavo avevo fissate in mente le immagini degli ospiti di quello squallido ricovero. Lui soggiornò a Marina di Massa fino al 1978 e per tutto quel tempo mantenemmo uno stretto contatto epistolare (conservo ancora le sue simpatiche lettere, l’ultima datata gennaio 1978). Questa bellissima, vera, pura e semplice amicizia si è quindi protratta per oltre cinque anni ma poi all’improvviso fu il silenzio. Lo avevano trasferito a Milano e al CTO nessuno seppe darmi ulteriori informazioni. Ho continuato comunque a fare volontariato con persone con problemi fisici e psichici perché ciò mi ha dato e continua a darmi grande gioia, la gioia immensa di essere riuscita a trasformare un pianto in  un sorriso, una chiusura in un’apertura, un isolamento in un gruppo affiatato, un additamento cattivo e giudicante in una corale accoglienza “senza etichette”.
Per ME un sincero caldo altruismo che però diviene per l’emozione gratificante ricevuta quale ricompensa.

Alba

La nascita di un nuovo giorno migliore.

giovedì 10 dicembre 2015

Una gita a Cremona

Di Liliana Fabbri
A cura di Enrico Longarini

Per la giornata del 29 ottobre 2015, l’Associazione Mediterraneo aveva organizzato, su progetto del nostro amico Pietro Di Vita, una gita alla festa del torrone di Cremona, tradizionale e famosa sagra che si tiene ogni anno nella città lombarda. Così, eccitati all’idea del viaggio, io, mio figlio Francesco, la sua ragazza Federica e tutti gli altri membri dell’Associazione Mediterraneo siamo partiti alla volta di Cremona. Dopo circa due ore di viaggio siamo giunti a destinazione ed abbiamo consumato il pranzo che ci eravamo portati da casa, poi un caffè per riscaldare i nostri cuori ed infine ci siamo immersi tra le innumerevoli bancarelle piene di dolciumi e leccornie. Tra le vie della città si era riversata moltissima gente e tra un giro e l’altro abbiamo acquistato il famoso torrone di Cremona, purtroppo però nonostante i colori, la grande varietà di gusti, di sapori e la graziosità della città, non siamo riusciti ad apprezzare appieno le sue bellezze a causa del drastico abbassamento di temperatura che ci ha colpiti.
 Oltre che per il torrone eravamo giunti a Cremona anche per assistere allo spettacolo serale di fuochi artificiali che avrebbe concluso la festa, ma sconfitti dal freddo, nel tardo pomeriggio siamo stati costretti ad una ritirata strategica in direzione dei nostri furgoncini. Così io, i miei compagni di viaggio ed il nostro accompagnatore ed autista Enrico abbiamo ripreso il cammino verso Livorno. Tra amabili chiacchierate, radio Subasio e risate, il viaggio di ritorno è stata una delle parti del viaggio che ho apprezzato maggiormente. Ringrazio quindi  Enrico di aver organizzato questa gita a Cremona e spero di poter intraprendere altre nuove esperienze e poter visitare altri posti incantevoli (magari trovando temperature più miti). Grazie ancora Enrico e alla prossima avventura e alla prossima esperienza! Ciao a tutti. 

sabato 5 dicembre 2015

Giornata nazionale della Salute mentale

Di Franca Izzo

                   Il cinque Dicembre scorso presso il Museo di Storia Naturale di Livorno si è tenuta la classica festa di fine progetto "Giovani e Salute Mentale" 2015.

                     Paolo Pini da a tutti il benvenuto spiega e ricorda cos'è il progetto "Giovani eSalute Mentale" o meglio "Naturalmente Uguali" gestito dall'associazione di untenti Mediterraneo per conto del centro di socializzazione P.R.O.V.I.A.M.O.C.I. della ASL6, e qual'è lo scopo che si propone; l'abbattimento dello stigma e del pregiudizio cittadino. Il suddettu progetto  propone vacanze di circa una settimane per studenti delle quarte classi di istituti superiori della Provincia di Livorno con i pazienti dei servizzi, sempre della provinciali.
Durante tali vacanze i due gruppi, che da prima si guardano da distanza vicedevolmente per studiarsi, con l'affrontare assieme le difficoltà dei percorsi di trekking, o manovre in barca, nascono battute beffarde e scherzose tra i gruppi che trovano un punto d'incontro e cominciano a socializzare, sostenendo a volte anche i pazienti più anziani o difficoltosi; ci si divide i compiti e il daffare per partire il più presto possibile per una nuova avventura.
Capita a volte che ci si divida in sqadre per sfidarci a calcetto e allora tifiamo animatamente; soprattutto se sono presenti anche gruppi stranieri, è un gran chiasso. Adesso voi potreste pensare che si tratti di una bischerata, che sia solo gente che va in vacanza e si diverte senza spentere quasi niente. No cretemi non è così, perchè un giovane spenzierato tutto il bello della vita, prende coscienza di problematiche a lui sconosciute (anche se il 10% della popolazione livornese assume psicofarmaci) o purtroppo nota che anche in lui vi è un qualcosa di latente, riflettono molto e si confrontano; mentre i pazienti si lasciano trasportare dalla vitalità giovanile, ricordando ciò che erano e cercando di non essere di peso, affinchè tuttuno il gruppo raggiunga il traguardo prefisso (anche a costo di dolori un pò ovunque).
Queste attività hanno dimostrato la loro validità nell'abbattere lo stigma e il pregiudizio, perciò durano con successo da anni.

                   Franca Izzo invece spiega che la festa di fine progetto è stata voluta proprio il 5 Dicembre perchè oggi è la "Giornata Nazionale della Salute Mentale. Poi spiega la differenza tra igene mentale: cerano ancora i manicomi e ai pazienti venivano somministrati solo farmaci a tamponare i sintomi più o meno gravi, a volte si usava anche la comicia di forza, soprattutto nelle fasi di acuzia, o venivano persino legati nudi con cinghie; tutto andava bene, sedati al massino perchè non fossero peericolosi per se stessi od altri e magari ci scappava anche qualche elerrtoshock. Questo voleva dire curare la persona; ecco il perchè di tanta paura per il malato mentale ingabbiato.
Ma la salute mentale è tutta un'altra cosa! E' si la somministrazione dei farmaci, dosati sempre con oculatezza, ma è soprattutto ascolto, il capire le mancanze di necessità socio-affettiva o stress che hanno causano il malessere della persona, lo scoprire il lato sano della persona e quello che sa fare o portebbe arrivare a fare: fargli scoprire quanto sono importanti le sue manualità, le sue conoscenze e raggirare i suoi evidenti blocchi per far sviluppare la loro patre sana e più profonda. Aiutarli a capire che sono in grado di fare da soli o in gruppo, di lavorare e sentirsi utili nel loro ruolo sociale, e no che sono un peso per il mondo.
Poi prosegue dicendo che la salute mentale è una grande fortuna che va saputa mantenere per noi e per gli altri, di stare attenti a certe trasgressioni.
Per lei lo sballo è andare a mangiare una pizza con gli amici, cantando al caraochei, e più siamo meglio è; andare in discoteca e ballare fino all'alba, dopo tornare esausta a casa con le proprie gambe buttarsi sul letto senza nemmeno spogliarsi e dormire tutto il giorno seguente, ricordando al risveglio sotto la doccia quanto mi sono divertita. Non essere riportata a casa in braccio di qualcun altro non ricordando un bel niente di ciò che è stato, se non quello che gli altri raccontano ridendo a grapapelle di me; perchè così il divertimento è stato solo di loro e non mio. Poi a lungo andare magari mi bricia anche il cervello e allora son guai; ne ho conosciuti tanti che non sono riusciti a fermarsi.
Poi franca si rivolge agli utenti presenti denunciando un pò lo scandalo che il centro di salute mentale Frediani prossimamente verra spostato al settimo padiglione in ospedale. Ricorda che lo scopo di Franco Basaglia contemplava la deospedalizzazione del paziente psichiatrico, invece ora per tagliar le spese sulla sanità ci vengono rimandare negli ospedali col CSM e tutto, e non solo l'SPDC.
Franca ringrazia anche gli studenti che si sono accorti del suo miglioramento e dice che il combiamento è avvenuto anche per merito di loro che l'hanno spinta a cantare e ballare facendola tornare a sperare.

                   Gli studenti co mostrano il video montaggio che loro hanno fatto durante la tappa della Norvegia, in cui ero presente anch'io a mangiare fette di pane e cioccolata a volontà.
Il video mostra un pò tutte le fasi salienti della tappa ma è anche un pò autoironico perchè mostra anche buffe immagini che vorremmo fossero presenti di noi, pose del tutto naturali ma abbastanza comiche; questo è il bello dei giovani, saper ridere di se stessi!

                   Il professor ..... ..... ha detto che tutto il materiale girato è di circa sei ore, lui si è lumitato a raccogliere tutto il girato in un unico dischetto e poi i ragazzi hanno fatto da soli i loro tagli. Non è stato un lavoro facile quello di ridurre tutto in pochi minuto, vi hanno impiegato quasi due mesi di lavoro; ripete che lui non c'ha messo mano e che anno fatto tutto da soli. Spiega che hanno pirtato solo immagini della Norvegia perchè di Montioni non avevano materiale. Fa anche presente che oggi i ragazzi che hanno fatto il montaggio non ci sono ma si vedono nel video; come un pò tutti.

                   Si apre un piccolo dibattito sulla bellezza della scuola vista nel video e la diversità delle scuole e ci dice di stare attenti, perchè non è oro tutto quel che luccica, dice che lui è stato in una classe per portatori di handicap, tra cui un ragazzo autistico; vi erano molti assistenti di supporto all'insegnante ma gli alunni con difficoltà erano isolati dagli altri. Dice che è vero, la scuola è molto ben strutturata ma hanno percorsi diversi, separati; noi siamo mal massi come strutture scolastiche ma includiamo tutti in una classe, cercando col sostegno di dare a tutti lo stesso percorso.
Continua spiegando che loro hanno ben due ore di storia antica e non una come noi, questa comprende oltre alla Norvegia la Germania, la Francia e un pò la Spagna; un conto è essere norvegesi e studiare la norvegese, altro conto è la cultura itliana. La nostra cultura è così vasta perchè più antica, vi sono state molte invasioni che hanno lasciato il loro segno, perciò se uno studente norvegese dovesse venire a studiare da noi dovrebbe ingranare un'altra marcia. Noi si parte con Dante Alighieri per la letteratura, abbiamo la Cappella Sistina, e Michelangelo non è l'unico artista; tanto così per fare dei paragoni.
Poi parla ache dell'esperienza di Montioni, non credeva fosse così, ci dice che da anni i professori cercano di evitare la tradizioinale gita scolastica, perchè ci sarebbe piaciuto di più purtare i ragazzi a camminare. Camminando non si parla così per dire, come quando stiamo seduti sul muretto, così tanto per dire, ma si devono dire veramente ciò che c'è da dire, perchè si fa fatica e in più agevola l'ascolto dell'altro e permette di osservare l'ambiente naturale. Poi si può fotigrafare, fare riprese di ciò che facciamo insieme e questo è grande motivo di scambio verbale, pareri. La nosrta scuola che ha capito il valore di tutto questo, ci terrebbe a tornare ancora; questo serve proprio alla classe perchè ci sono sempre dei conflitti ma dopo diventano tutti amici; è anche per questo che questa esperienza è è una cosa positiva. Se si potesse ripetere ancora?

                   Gerard: Per me di solito fare esperianza, imparare vuol dire lunghi convegni con professorono, medici: una cosa abbastanza noiosa, invece io ho imparato da voi ragazzi di più e più in fretta. La vostra forza e determinazione nel sostenere questo lungo e stressante viaggio dove: i pulmini fino a Bologna, l'areo fino ad Oslo, il pulman, di nuovo i pulmini, i barconi per arrivare in piena notte, tutti infreddoliti e sotto la pioggia in un luogo, bello si, ma sperduto, dove non c'era niente, altro che noi, ha dimostrato tutto il vostro coraggio d'avventura. Anche la difficoltà di relazionarvi con pazienti a volte un pò pesanti non vi ha spaventato ed insieme abbiamo cercato di stargli dietro. Ognuno ora farà la sua strada, il suo percorso, ma tenete sempre presente la diversità; camminare insieme si può anche qua e non solo in Norvegia, il benessere è anche questo e non solo ls ricchezza.

                   Pietro Di Vita chiede ha ragazzi se conoscono Franco Basaglia e spiega che è colui che ha pogettato la chiusura dei manicomi in Italia nel 1978. purtroppo lui è morto molto presto per un tumore alla testa, prima di veder realizzato il suo progetto, che stanno un pò copiando altri paesi stranieri. Il progetto della deospedalizzazione di tutti gli internati sparsi nei manicomi italiani per riportarli sul loro territorio d'origine si è finito di realizzare grazie alla moglie Franca ed alcuni dei suoi più fidati allievi. Poi dice che molto c'è ancora da fare per migliorare la psichiatria. Adesso stiamo lavorando, e ci stiamo quasi riuscendi, per chiudere le ultime strutture manicomiali, gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari; in Toscana forse siamo ancora un pò indietro rispetto ad altre regioni italiane, ma con pazienza avverrà anche la chiusura di Montlupo Fiorentino. Continua vantando i benefici che i pazienti trovano nei gruppi di Auto Mutuo Aiuto dell'associazione Mediterraneo per gli scanbi emozionali che avvengono fra le persone che vi partecipano, e spiega che l'associazione propone molte attività per far superare la solitudine alle persone.

                   Uno studente ci dice che lui ha partecipato due volte a Montioni e una volta in Norvegia: sono state esperienze valide, poi spiega che all'inizio del loro video si vede una ragazza che in aereo piange e ride allo stesso tempo per la paura del volo; in qiel momento anche lei aveva un grande problema di dicagio ma noi le siamo stati vicino e l'abbiamo sostenuta per tutto il volo.
In Norvegia otre a divertirci abbiamo fatto nuove conoscenze; e siccome non ho niente da aggiungere vi ringrazio e basta così.

                   Al professor ..... ..... viene l'idea di coinvolgere durante la vacanza di Montioni anche alcuni genitori perchè scoprirebbero tante cose dei loro figli. I genitori a volte tendono a proteggere troppo i ragazzi e magari per cose da niente, invece i ragazzi sono in gamba e sanno cavarsela. Una volta duirante un escurzione senza furgoni a Montioni ci colse un bell'acquazzone e si arrivò tutti mezzi, ma si sono divertiti lostesso, hanno reagito bene, sew la sono cavata e nessuno è morto di polmonite.

                   Paolo Pini: "Ora proprio i genitori di quella classe no; forse quelli di un altra".

                   Una studentessa: "I genitori proprio no! Sono sempre persone adulte estranee a progetto che altererebbero i rappirti di libertà tra noi e di complicità con i professori."

                   Altra studentessa: "Sono stata a Montioni ma non essendo abituata a camminare tanto ho avuto delle difficoltà; ma mi sono anche divertita".

                   2° professore: "Io non ho partecipato al progetto ma quando i ragazzi sono rientrati l'ho trovati cambiati, erano felici e mi raccontavano con entusiasmo la loro esperienza ed avevano imparato a relazionarsi. Da esterno confermo l'utilità del progetto.

                   Paolo Pini ci dice che il progetto sarà confermato per il biennio 2016-2017, ma sarà un pò diverso, oltre a Montioni saranno impiegate due berche a vela e non ci sarà più la Norvegia perchè loro per ora non honno avuto il finanziamento per questo reciproco scambio cultirale.


                   Una nota fuori tono, per un disguido non sono arrivate le pizzette e le schiacciatine ripiene ma solo la torta, per fortuna che era così grande che se n'è mangiata anche tre fette; ma le pizzette sono le pizzette!