Di Seguito riporto il mio intervento, la mia esperienza, al corso formativo ECM tenuto il 13 - 14 Dicembre 2022 in via telematica sulla piattaforma ZOOM. Il corso era centrato sulla ricerca e valutazione in Salute Mentale; hanno partecipato varie professioni legate a questo mondo, da tutta Italia, con interventi davvero rilevanti. Il corso è stato diretto da Ilario Volpi (Roma) e Psichiatria Democratica.
Il mio punto di vista, espresso nello scritto, è lo sguardo di una persona, utente del Servizio di Salute Mentale, che ha intrapreso il precorso di ricerca e dei benefici che essa comporta nella persona sofferente che decide di intraprendere questo cammino:
Buongiorno, sono Mariani Noemi, lavoro presso l’Associazione Mediterraneo APS con il ruolo di facilitatore sociale in percorsi di Recovery in Salute Mentale.
Il ruolo di Utente Esperto come ricercatore di esperienza è un ruolo che è parte attiva all’interno dell’equipe di ricerca; una funzione importantissima che ha composto parte del mio percorso di Recovery e della mia attuale formazione, attraverso un processo di maturazione e crescita volta ad acquisire competenze sull’uso della propria esperienza come principale strumento conoscitivo e d’azione, un’esperienza sottoposta ad una attenta rielaborazione in forma critica e distaccata come insegna e impone la stessa metodologia di ricerca.
Utile, all’interno delle fasi di formulazione e svolgimento della ricerca, è l’ascolto delle storie di vita legate alla sofferenza che l’utente ricercatore possiede come bagaglio formativo, storie ascoltate per i fatti di cui è composta senza interpretazione personale o clinica delle parole, un ascolto intenso con modalità multidirezionale con l’equipe di ricerca, ascolto che facilità la riflessione all’interno del gruppo e all’interno del soggetto stesso, una riflessione sostenuta da un’analisi attenta e critica del tema e dei punti di cui è composta la ricerca, incrementando o precisando, a volte, i possibili punti di inchiesta. L’esperienza di vita di disagio vissuto dalla persona sofferente è spesso legata ai servizi di Salute Mentale del territorio perciò, oltre ad essere fonte diretta di informazioni che possono aiutare a comprendere le varie fasi del “vivere” il servizio e il disagio stesso, è un valido punto di vista che può cogliere aspetti diversi del materiale informativo di cui in seguito andrà a comporsi la ricerca, soprattuto se verte su tematiche legate alla Salute Mentale, e, inoltre, è uno sguardo aggiuntivo e differente rispetto all’operatore o al familiare che valorizza, oltre alla ricerca, l’esperienza della persona stessa sia nei suoi fatti sia nella sua formazione identitaria. L’identità, con il supporto della ricerca, si struttura sotto affinità e desideri propri: la ricerca pone senso all’identità dell’utente ricercatore attraverso l’elaborazione della propria vita, un processo sostenuto in maniera distaccata ed aperta dove l’esperienza viene messa in discussione con se stessi e con l’esterno; identità che si conforma in ciò che si è stati, un passato di cui ci siamo appropriati e da cui non dipendiamo più anzi, il passato legato alla sofferenza, diviene mezzo di crescita e di valorizzazione dell’indagine; identità che si conforma in ciò che siamo: il presente dove la ricerca indaga, il presente vissuto obbligatoriamente al Hic et Nunc, qui ed ora, all’essere presenti a ciò che si è e ciò che si fa; e, in fine, formazione di identità futura: analizzare la propria esperienza di disagio per apprendere da essa e non subirla o lasciarla senza scopo, come far finta che non ci appartenga, quasi nascosta, ma bensì conoscerla e su di essa progettare verso i nostri bisogni, i nostri desideri, conoscendo i nostri limiti verso la progettazione in vista di un fine.
L’esperienza dell’utente ricercatore valorizza la ricerca stessa, implementandola; valorizza il soggetto che intraprende questo camminino, dove si riappropria di sé in un percorso costruttivo, formativo a carattere identitario; è importante precisare come la valorizzazione della storia della persona che ha vissuto dolore e sofferenza offre un punto di vista coerente, presente, utile e sensato, un punto di vista espresso da chi spesso le proprie parole oltre ad essere interpretate non sono credute, sono messe in discussione proprio perché parole espresse da persona “utente della salute mentale”, quindi per definizione da non prendere come vero o totalmente vero. Credere e valorizzare le parole che esprimono la sofferenza mentale e che compongono il lato della vita più buia e tetra di una persona porta la persona stessa a capire con fermezza che il dolore può essere ascoltato, condiviso e avere un utilizzo in vista di un fine, concreto ed utile, tanto da offrire più che a dimostrare: il dolore non è fine a se stesso ma mezzo di crescita e di confronto in un percorso sempre più strettamente identitario.
Ricordo che dopo l’esperienza di ricerca con i ragazzi di Mediterraneo tutti questi piccoli ma fondamentali elementi del percorso personale dell’utente ricercatore hanno portato, all’interno di un cammino che implica crescita e conseguente modificazione di alcune parti di sé, alla nascita, alla formazione e allo sviluppo di gruppi di Auto Mutuo Aiuto, nati e gestiti autonomamente, con lo scopo di una continua ricerca e ascolto di se stessi attraverso gli altri, principale campo di formazione del “ricercatore d’esperienza”.
Sono in cura presso i Servizi di Salute Mentale dall’età di quindici anni e tuttora sono in cura.
Attualmente lavoro presso l’Associazione Mediterraneo e studio alla facoltà di Scienze dell’Educazione e della Formazione dell’Università di Firenze, sono al secondo anno; il mio percorso verso la comprensione delle mie passioni, dei miei desideri, delle mie aspirazioni, dei miei limiti sono stati un attenta elaborazione dei miei
bisogni, comprensione e accettazione dei mille volti di cui la sofferenza è composta. La ricerca, a cui ho partecipato in maniera attiva, sia nella sua composizione sia nella successiva somministrazione e analisi, è stata fonte di messa alla prova di un passato di cui avevo paura, un presente che non coglievo, quasi sfuggente e di un futuro di cui ignoravo l’esistenza… attraverso la ricerca, con le sue fasi, ho avuto l’occasione di conoscermi e di apprendere da me stessa e da ciò che tutta l’equipe andava a indagare, distaccandomi dall’odio delle mie emozioni per accogliere l’ascolto costruttivo offerto in quei momenti che hanno posto la riflessione critica della propria esperienza, tipica della ricerca, e le informazioni, prive di interpretazioni, che l’indagine rileva al suo fine, costrutto di un percorso di arricchimento e, conseguentemente, di un cammino verso una stabilità nella vita quotidiana che permette di poter cogliere il presente e di progettare il proprio domani.
Mariani Noemi