A Cura di Enrico Longarini
Visitare la mostra degli Indiani Lakota è stato un po’ come
entrare in un’altra epoca e in un’altra terra. L’America della fine del 1800. Durante la visita alla mostra di Cecina che la Fondazione Culturale
Geiger aveva organizzato, abbiamo sia potuto osservare da vicino la vita degli
indiani Lakota sia apprendere come la convivenza pacifica e l’amore fossero elementi
imprescindibili di ogni tribù. La ritualità e le funzioni come il matrimonio
rivestivano un ruolo di grande importanza e i principi che regolavano la
comunità erano semplici e legati in maniera simbiotica con la natura la quale
era venerata come una divinità. La spiritualità de i Lakota era molto grande,
tutto si trovava in armonia con il Creato e con il Grande Spirito e Grande
Mistero che permea tutto l’ Universo, creatore e esecutore di tutte le cose.
Noi Occidentali abbiamo perso questo rapporto con la natura a causa del ruolo
di centralità che l’Uomo ha rivestito e tutt’ora riveste nelle società
cattoliche; la natura è divenuta
solamente una schiava dell’Uomo alla mercé delle sue vanitose esigenze inutili
e passeggere.
Gli Indiani Lakota abitavano le “Grandi Pianure” al centro
dell’America, terre che, prima dell’arrivo dell’uomo bianco, vivevano tra
equilibrio, caccia, sviluppo, cultura e spiritualità. La venuta degli
occidentali turbò completamente la stabilità di quei territori e i grandi
bisonti che là abitavano furono tra le prime vittime della sua insensata sete
di potere. C’erano circa 60-70 milioni di questi grandi animali e le loro carni
e pelli erano usate in minima parte per il sostentamento da parte dei nativi, ma
la presenza dell’uomo bianco li portò quasi all’estinzione. I Lakota invece avevano
imparato ad apprezzare ciò che la natura offriva loro e del Bisonte utilizzavano
tutto, affinché ogni singola parte del corpo non andasse sprecata. Il Bisonte
diveniva così uno strumento per nutrirsi, con i suoi zoccoli si costruivano
armi e strumenti musicali, le sue pelli divenivano foderi, indumenti e soprattutto
erano il materiale che i Lakota utilizzavano per edificare le loro celebri
abitazioni a cono semi stanziali, i tepee.
Alcuni sostengono come sia stato il concetto di Proprietà ad
aver diviso i Bianchi Occidentali dagli Indiani d’America. La terra degli
Indiani non fu mai concepita come una proprietà dell’Uomo che potesse essere
recintata, perché acqua, terra , alberi e animali erano doni e beni della
collettività. Doni da amare di cui non
si doveva abusare. I colonizzatori, dal canto loro, si sentivano legittimati a
sfruttare al massimo il territorio scoperto e non si curarono mai della
presenza degli indiani. Di lì a poco li avrebbero infatti ingannati con patti e
false promesse, combattuti e uccisi considerandoli inferiori e pagani, emarginandoli
poi in riserve lager prive di sostentamento, terra, identità e cultura.
Le battaglie che coinvolsero i nativi e i colonizzatori
durarono quarant’anni perciò l’unica alternativa per gli Indiani a combattere
una battaglia troppo grande per loro fu per molti quella di piegarsi alle leggi
e perdere la propria identità. Così
tutti, vivi o morti, furono costretti a cadere di fronte all’uomo bianco.
Oltre la loro grande storia, ciò che mi ha colpito
notevolmente è stato come tra le culture dei nativi non vi fosse alcun tipo di
ostracismo sociale e come il “diverso”, come poteva essere il pazzo o l’omosessuale,
fosse considerato al pari di una persona come un’altra dotata però di altre
capacità. L’omosessuale ad esempio possedeva due anime distinte, quella
maschile e quella femminile e questa solenne diversità era concepita come un
veicolo per la comunicazione con il sacro.
“Gli alberi sono le colonne del mondo , quando gli ultimi
alberi saranno stati tagliati il cielo cadrà sopra di noi.”
Proverbio Lakota
Nessun commento:
Posta un commento