giovedì 25 febbraio 2016

Diario di un Viaggio in Egitto: Terza Parte

Di Franca Izzo

Il luogo era un elegante palazzo d’epoca con mobili in legno intarsiato e dorati. Siamo entrati in un enorme salone rettangolare con un lunghissimo tavolo, molto imbarazzo a scegliere il posto ma alla fine abbiamo trovato posto tutti. Ad ognuno dei quattro lati un grande ventilatore da terra rinfrescava l’aria. Ci sono stati serviti dei cestini col pranzo e quando ognuno ha avuto il suo ha trovato pasta pasticciata al forno, pollo speziato al forno, verdurine miste al vapore, sottaceti piccantissimi che facevano bruciare la bocca anche a bere il succo di mela e per finire un dolcetto di pan di spagna e crema di burro e caffè.
Dopo il pranzo una nuova riunione con i medici e i responsabili per un nuovo scambio di punti di vista. Quindi stanchissimi di parlare siamo tornati in albergo dove ho potuto dormire un po’, mentre Paolo con gli altri responsabili continuavano a lavorare alla preparazione del convegno.
Successivamente nella hall ci siamo riuniti per la cena, ma non avevo fame perché il pranzo era stato abbondante. 
Dopo una lunga passeggiata in mezzo al caos della città e le strade sconquassate, osservando le ricche vetrine dalla strada, perché gli altri marciapiedi erano pieni di tutta quella immondizia siamo giunti al luogo prestabilito, una specie di fast- food dove ci hanno servito una gustosa zuppa di ceci, falafel e patatine fritte a volontà, svariati stuzzichini e salsine in cui inzuppare il pane azimo, bibite e caffè al modico prezzo di  3€ a testa, così abbiamo lasciato ben dieci pound  di mancia. Dopo abbiamo fatto un po’ di shopping per i souvenir e siamo tornati in albergo. I vetri rotti erano stati tolti da terra e la finestra era stata coperta da un mega poster. Qualcuno era uscito per altri due passi notturni, le città sono molto animate di notte con tutti i loro ricchi negozi ben illuminati, carrettini ambulanti che vendono di tutto, tanta gente in strada e le donne sottobraccio al proprio accompagnatore, come da noi nel 1800 e le auto che strombazzavano a destra e a manca perché nessuno camminava sui marciapiedi. Non esistendo semafori o strisce pedonali, attraversare le strade era molto difficoltoso e pericoloso poiché nessun pedone veniva rispettato. Comunque io ho preferito stare in camera a farmi tutte le mie cose con calma, dalla doccia ai conti per le spese.  Il giorno seguente alle 9:00 abbiamo dovuto lasciare libera la stanza così Noemi ha rimesso la sveglia alle 7:00. Lasciati fuori i nostri abiti più eleganti, coordinati degli accessori più adatti all’occasione abbiamo chiuso a forza le valigie e siamo scese per la colazione, ma all’uscita della sala da pranzo una nuova sgradita sorpresa: il pavimento era tutto un lago di acqua e sapone della rigovernatura che esce da un bocchettone del pavimento, guadato il fiume con molta attenzione per non cadere ci siamo entrati nella hall per riunirci con gli altri. Quando Paolo ci ha raggiunti ci ha portato la brutta notizia che in Francia c’erano stati vari attentati da parte dell’ISIS e che c’erano stati centinaia di morti e feriti. La mia ansia è aumentata da allora e non era del tutto infondata; saremmo stati più al sicuro in Egitto o in Europa? Io comunque avrei preferito trovarmi a casa anche se quello era il nostro grande giorno. Così tra un commento e l’altro abbiamo raggiunto la sede del nostro convegno. Un nuovo giro sul lungomare che oggi era più blu e calmo e siamo giunti nella sala teatro di una grande villa con un vegeto giardino. Sul palco ben illuminato dai riflettori c’erano un tavolo ed un leggio con meravigliose composizioni di fiori freschi e dai colori tenui. La lingua concordata è l’inglese, ma il traduttore simultaneo traduceva solo in egiziano; così io non riuscivo a capire niente e mi guardavo attorno cercando di acchiappare qualche termine inglese ma purtroppo invano, così mi sono limitata ad applaudire quando lo facevano tutti. Sono riuscita a capire soltanto che venivano osservati alcuni minuti di silenzio per i morti degli attentati in Francia e così ci siamo alzati tutti in piedi incrociando le braccia e abbassando la testa al suolo; per il resto mi sono sentita abbastanza isolata.

Finalmente Ilario Volpi, dopo un breve saluto in inglese ha iniziato a parlare in italiano e Sherina ha tradotto in egiziano; ora potevo capire qualcosa anch’io!
“Il progetto in Italia di non tenere il malato di mente come in un carcere è bello. L’Italia ha sempre buoni consigli che stiamo sforzandoci d’imparare e seguire. Grazie.”
Ilario Volpi si è presentato in modo molto semplice e con la stessa semplicità ha spiegato: “ Il lavoro è importante per tutti, ma per il malato lo è di più. Il lavoro e la persona sono la stessa cosa, perciò il lavoro non è una merce di scambio; il lavoro aumenta le capacità di una persona sana, ancor più di una persona ammalata, ma se il lavoro è stressante o non piace perché non adatto può far aumentare la malattia perché diventa una cosa pesante che non da alcuna soddisfazione. Il lavoro è un punto importantissimo quando viene per un malato, e quanto prima arriva meglio è; dovrebbe, arrivare insieme alla terapia il vero empowerment.”

Ilario Volpi inoltre ci ha mostrato delle slides che illustravano la situazione italiana.
“La riforma italiana ha due grandi caratteristiche:
  •     La chiusura dei manicomi, con il diritto della persona alla sua cittadinanza e l’integrazione     nel proprio luogo di origine.
  •     Il diritto al lavoro e alla casa, a una vita sociale libera

Le cooperative sociali e le imprese sociali in Italia sono tante, ma poche riguardano la Salute Mentale.
Io rappresento la cooperativa “Il Carro” che comprende vare attività, che non sono tutti a convenzione con la ASL.
Le  nostre attività sono:
  •     la gestione di una cucina per catering
  •     la gestione di un bar pubblico “Bar-Naut”
  •     la cura del verde
  •     la rilegatura e il restauro dei libri
  •     la gestione di una ciclo officina
  •     un laboratorio di falegnameria
  •     altri vari laboratori dell’artigianato.

La cooperativa è composta da 74 soci: 50 soggetti svantaggiati, 20 soci normodotati e 4 volontari.
In questi ultimi anni, crescendo il numero dei soci, è cresciuto anche il numero del fatturato in ugual misura agli inserimenti.”
Ilario Volpi ci illustra poi i punti forza  della cooperativa ‘Il Carro’:
  •      un forte legame con i servizi
  •      un rapporto con il mercato privato
  •      la capacità di mantenere gli impegni di lavoro anche con discontinuità
  •      una grande attenzione all’inserimento con un dovuto supporto
  •      il percorso d’inserimento lavorativo
  •      il grande sforzo di tenere insieme i diversi passaggi dell’inserimento
Conclude Ilario Volpi: “Occuparsi del lavoro per chi soffre di salute mentale è favorevole non solo per la persona malata, ma per l’intera umanità.”
Dopo prende la parola Paolo Pini che ci dice:
“Sono molto contento di essere qui con voi. Io parlo a nome delle Associazioni Italiane che hanno fatto con voi il percorso sull’Auto Mutuo Aiuto e l’Associazionismo degli utenti previsto nel Remedy Project.
Ho imparato e avuto la conferma che siamo uguali seppur lontani.
Il gruppo A.M.A. non è una tecnica, ma una comunicazione vecchia come il mondo, che c’insegna quanto siamo vicini agli altri.
Nella riunione di ieri pomeriggio ho sentito la consapevolezza degli egiziani e la forza del vostro gruppo di Auto Mutuo Aiuto. Adesso vi vorremmo presentare la video documentazione amatoriale che abbiamo raccolto, è la nostra storia, il nostro modo che abbiamo imparato per stare con gli altri. Ringrazio tutti gli attori protagonisti del progetto, soprattutto Mariella Genchi che questa volta non ah potuto essere con noi.”

Sono stati così proiettati video e foto di tutto quello che è stato fatto in questi quattro anni del Remedy Project e dopo ho provato una forte emozione, infatti sul palco, a partire dalle associazioni Mediterraneo e 180 Amici sono stati chiamati a salire tutti gli utenti, (io sono stata la seconda a salire sul palco vuoto, è stato imbarazzante sentire il mio nome e mi tremavano le gambe, cosi mi sono avvicinata al primo che era stato chiamato che stava al centro). Poi a seguire sono saliti anche tutti gli utenti egiziani. Era una fila lunghissima: alla destra del palco gli Italiani e alla sinistra gli Egiziani che sono molti di più e tutti imbarazzati sotto i riflettori; l’emozione era incredibile e la fila si scomponeva per saluti reciproci tra noi; ma non solo le gambe tremavano, anche la voce e soprattutto il cuore che sembrava avesse raddoppiato i battiti. Per non parlare delle lacrime. Quelle scendevano da sole e ho sperato che gli altri non le notassero, ma alla fine sono arrivati anche i singhiozzi e quelli erano davvero difficile da nascondere. Baciavo e abbracciavo chiunque mi fosse vicino nonostante conoscessi bene la rigidità del loro costume, comunque anche qualcuno di loro mi teneva sottobraccio come mio accompagnatore e sentivo arrivare anche tanti baci da parte di loro perché le emozioni sono erano forti della testa. Mi hanno chiesto un intervento del quale non ricordo neppure una parola se non di aver concluso dicendo “Abbraccio il mondo insieme a voi” e tremando ancora ho raggiunto il mio posto. Dopo ci hanno servito un elegante buffet in giardino, l’area apparecchiata era isolata dal resto del parco con ampi drappi colorati, i tavoli rotondi erano coperti da apie tovaglie di raso bianco e una più piccola dorata, al centro una composizione di fiori freschi, anche le sedie sono dorate. Di nuovo tanti saluti con la speranza di rivederci presto e abbiamo ripreso il pulmino per il lunghissimo viaggio verso il Cairo, ma eravamo tutti stanchi e c’era meno animazione.



























Video del convegno visibile al link: 
https://www.youtube.com/watch?v=ROvVdXrFxJY&feature=youtu.be

Poesie

Di Riccardo Favilla

L’estate

L’estate con il sole che brucia su tutti.
L’estate del mare che ci porta ad ammirare la natura.
L’estate dei bambini che in riva al mare giocano con palette secchiello.
L’estate piovosa che fa perdere voglia di correre lieti.
L’estate dell’uomo che cerca frescura in montagna.
L’estate, l’estate, cento, mille estati da vivere in una vita.



Un amore

Un amore pieno di sentimenti.
Un amore pieni di ricordi belli e brutti.
Un amore pieno di abbracci e carezze.
Un amore per un amico malato in un letto di ospedale.
Un amore per i genitori che ti hanno generato; solo adesso capisco che quello che hanno fatto per è stato fatto per amore.
Un amore ricco di speranze, di gioie, di tristezze.
Un amore per le persone che vengono da altre dimensioni che ti chiedono qualche spicciolo per mangiare. Un amore per chi è solo e cerca un’amicizia sincera.
Un amore per i poveri che vanno a mangiare alla Caritas perché non sanno dove andare. Un amore per gli anziani in una casa di riposo dove vivono la loro vita isolati.
Un amore per i bambini che cercano nei genitori un affetto sincero (figli di separati).
Un amore per chi nel mondo soffre la fame, per la maggior parte bambini.
Un amore, cento, mille amori verso le persone che cercano la nuova vita.


Piove II

Piove sui tetti delle case dove gli uomini sperano in un mondo migliore.
Piove nel mio cuore, ricordi, tristezze, gioie ormai passate.
Piove sui bambini che corrono per le rive del mare giocando e ridendo.
Piove sugli innamorati che si abbracciano sotto al chiaro di luna.

Piove sulla mia vita vuota, non ha ancora più senso perché ho perduto la persona più cara, mio padre che riposi in pace.







giovedì 18 febbraio 2016

Diario di un viaggio in Egitto: Seconda Parte

Di Franca Izzo

Dopo una rapida colazione gli egiziani ci sono venuti a prendere con un grande pullman che ci ha fatto fare un giro turistico della città soprattutto sul lungomare. Vi erano molti stabilimenti balneari, il mare un pochettino mosso ma incantevole come sempre. Con lo sguardo all’orizzonte mi veniva fatto di cercare le isole del nostro arcipelago toscano; ma non ci trovavamo a casa. Passando ho visto una scultura con due colombi, il maschio era tutto impettito nel corteggiare la femmina. Un’altra scultura con due cervi con le corna incrociate, forse una sfida amorosa. E poi ponti, archi molto decorati, lussuosi ed eleganti palazzi, moderni e d’epoca.
Giunti nei pressi di un meraviglioso parco siamo scesi tutti; italiani ed egiziani, per una passeggiata. Il parco era pieno di famiglie che facevano pic-nic, di bambini che correvano dietro a un pallone o si sfidavano al tiro alla fune, altri ragazzi più grandicelli ci giravano attorno ritmando con grossi tamburelli e cantando; mi ha rallegrato molto vedere questi ragazzi gioiosi e danzanti. 
Tra gli alberi del parco oltre alle palme, i pini e l’alloro ho creduto di riconoscere anche la mimosa. Ho visto anche dei neri corvi in volo, ma anche una coppia di strani uccelli bianchi che beccuzzavano sul prato erboso; dalla forma del corpo, con quel lungo collo serpentino, potrebbero essere dei cormorani, ma so che il cormorano è scuro e vive di pesca sul mare, non si trattava neanche degli aironi perché sarebbero dovuti essere un po’ più grossi e con le zampe più lunghe essendo uccelli di palude; chi lo sa, forse si trattava di ibis?
Continuando la nostra passeggiata siamo arrivati sulla riva del mare. Sherina  ci ha spiegato che quello che vedevamo in lontananza, dall’altra parte del golfo era la regione di Maamoura nella quale tuttora c’è il manicomio attivo con 700 pazienti psichiatrici, divisi in due diverse categorie: i paganti, che sono seguiti un po’ meglio e i non paganti che sono un po’ più abbandonati a se stessi.
Poco dopo abbiamo raggiunto un luogo frequentato dai pescatori con lunghe canne, Sherina ci ha detto che anche lei era un’appassionata di pesca. Ci spargiamo così seduti a piccoli gruppi sugli scogli ed io ero proprio sdraiata su un muretto di cemento con le braccia allargate e tutti mi chiedevano se ero in ‘croce’ ma io rispondevo che stavo abbracciando il sole e che il sole abbracciava me e questo era molto bello.
Ci siamo spostati nuovamente nel parco e ci siamo seduti a terra in cerchio appoggiati ai tronchi degli alberi per scambiarci delle opinioni riguardo al progetto che si era concluso. Ognuno ha espresso qualcosa su come è stato vissuto questo percorso di circa quattro anni tra Italia ed Egitto; Paolo ha registrato tutto così successivamente io potrò trascrivere tutte le opinioni, nel frattempo ho annotato le opinioni di ognuno dei nostri amici egiziani.
  • ·   Io sono un’infermiera che ha lavorato nel progetto, sono felice di essere qui oggi e spero cominci presto il nuovo progetto con voi.
  • ·   Anch’io sono stata felice, sono stata contenta nel gruppo ma non potrò più parteciparvi perché è cominciato per me un progetto lavorativo e non avrò più tempo per il gruppo.
  • ·   Io sono contento perché tutti hanno notato i miei miglioramenti, i miei progressi nella vita.
  • ·   Stare col gruppo fa molto bene e ho imparato tante nuove cose, tutti hanno visto i miei progressi, ora a fine percorso lascio il gruppo a malincuore.
  • ·   Anch’io sono contento della mia esperienza di lavoro, ho imparato molte cose, sto meglio e ho diminuito i farmaci.
  • ·   Sono contenta del progetto che per me sta finendo perché è il momento che io riprenda in mano la mia vita; pur mantenendo i rapporti col gruppo del centro “Franco Basaglia” ad Alessandria d’Egitto.
  • ·   Mi sono trovata bene e continuo perché il mio percorso al “Franco Basaglia” che mi ha portato al lavoro non è ancora finito, infatti non vado ancora molto bene.
  • ·   Io ho lavorato all’attività di mosaico, sto molto bene a lavorare lì ma sono triste perché il progetto è finito.
  • ·   Anch’io sono triste, per me è stata un’esperienza totalmente nuova, è una cosa buona e importante il self-help non è curare solo la malattia, fa capire che occorre anche un impegno pratico.
  • ·   Sono contenta, è stata un’esperienza divertente, anche se per incontrarsi una volta al mese devo venire da molto lontano.
  • ·   Io sono contenta quando sono nel gruppo e aspetto con gioia il nuovo progetto, ma si deve continuare comunque a stare insieme.
  • ·   Io ho iniziato soltanto da due mesi e mi sono trovata da subito bene, perciò non vedo l’ora che inizi un nuovo progetto.
  • ·   Io sono la sorella di una paziente e l’ho seguita nel gruppo dove lei trova giovamento, ma devo stare anche a casa perché ci sono gli impegni familiari, però sono contenta di lei.




Gli italiani hanno inoltre descritto con una parola chiave  il senso del “Remedy Project e queste sono le loro impressioni:

·       SPERANZA: È sempre emozionante fare questa esperienza in Egitto. Ci sono un po’ di ostacoli, paure, ma il fine di questo progetto è più importante. È uguale anche per me, io non vedo una fine di questo progetto, non c’è perché io porterò a casa qualcosa di voi. Questa è la finalità di questo progetto che secondo me non finirà, avrà di certo un seguito.

·       CONSAPEVOLEZZA : perché venire qua è viverla l’esperienza e non essere raccontata. Consapevolezza è anche alzarsi al mattino con fatica per fare, e fare insieme fa comprendere bene  le emozioni vissute.

·       LUCE-SOLE-ARIA-MARE: perché dopo un lungo periodo di nera assenza il mare della Norvegia e quello dell’Egitto hanno portato di nuovo un colore sereno. Prima distesa sul cemento il vento e il sole mi hanno abbracciata ed io ho riabbracciato loro. Sono anche molto contenta che durante la mia assenza tutto sia continuato anche senza la mia collaborazione e spero come voi e Davide che tutto possa continuare. La pace nel mondo si fa paragonando i popoli con rispetto e non sopraffacendoli! Se la diversità è una ricchezza potrà esserlo soltanto con la condivisone.

·        RICONOSCIMENTO: Riconoscimento perché per me questa è stata un'esperienza molto bella grazie al progetto Remedy siamo stati in grado di avviare il centro Basaglia e di riconoscere le nostre emozioni nelle emozioni degli altri. Io ho imparato che la differenza tra uomini e donne e la differenza tra culture sono poco importanti quando raccontiamo le nostre vite e le nostre emozioni quindi concordo con tutto quello che è stato detto, ma per il futuro mi piacerebbe non avere la tristezza del rimpianto; anche se non ci vedremo mai più questa esperienza sarà qualcosa che ci rimarrà dentro e potrà essere qualcosa che potremo riaccendere se sperimenteremo la condivisione come esseri umani. Mi piacerebbe anche che il ponte continuasse attraverso i social network e attraverso YouTube; io ho iniziato ad occuparmi di documentazione proprio venendo in Egitto poiché mi rendevo conto che stava succedendo qualcosa di grandioso e di incredibile perciò ho avuto questo stimolo di documentare questa esperienza.

·         SICUREZZA: Io qua ho conosciuto degli amici e  mi dispiace separarmi da tutti loro e per quanto riguarda il mio stato personale posso affermare come l’autoaiuto con voi abbia aumentato la mia sicurezza nelle relazioni di tutti i giorni perché sentendomi tra amici la mia timidezza è svanita ed è aumentata la mia sicurezza nel fare le cose e nei rapporti. L’autoaiuto mi ha reso più forte e più sicuro.

·       ASCOLTO: Io sono il meno indicato per parlare perché è la prima volta che vengo qua a svolgere un’attività di autoaiuto e la forma di rispetto che ho imparato nel gruppo è quella di non dire e di riservare ogni giudizio e quantomeno di stare zitto quindi cedo la parola a qualcun altro poiché non sono in grado di dare un giudizio. L’autoaiuto mi ha insegnato che è più importante ascoltare che parlare.

·       PARTECIPAZIONE: Io sono qui per lo scambio, la pluralità e la partecipazione. Io questo ho provato anche perché sono stato coinvolto e quindi ho partecipato volentieri.

·       OTTIMISMO: Nel viaggio precedente ho scritto un articolo in cui dicevo come l’Egitto fosse proprio un bel posto, infatti dalla mia esperienza ho potuto notare come qua in Egitto vi sia molta tranquillità e questa sensazione aiuta ad essere più elastici, a farci sentire più calmi, a ragionare di più senza arrabbiarsi e a vedere le cose con più ottimismo.


Quindi soddisfatti di noi siamo tornati gioiosi al pullman che ci ha portati al pranzo.

















lunedì 15 febbraio 2016

Domenica col fantasma

Di Paolo Di Giuseppe
A cura di Enrico Longarini

Come ogni domenica, l’Associazione Mediterraneo aveva organizzato una gita fuori porto, così la giornata del 7 febbraio 2016 ci ha visti partire in direzione del Castello Malaspina di Fosdinovo, in provincia di Massa e Carrara. Sfortunatamente non era una bella giornata, la pioggia cadeva a scrosci e il vento sferzava con forza i furgoni, ma piuttosto che rimanere a casa a non fare nulla avrei affrontato una bufera e scalato una montagna. Fosdinovo, il borgo verso il quale eravamo diretti, si trova nei pressi di Sarzana e la strada per raggiungerlo è davvero ripida; al termine della faticosa salita però abbiamo trovato, quasi come se ci stesse aspettando, il maestoso Castello Malaspina che si ergeva d’innanzi a noi. Appena scesi dai furgoni siamo stati accolti dal gelido tocco del vento e dato che la pioggia non accennava a fermarsi, siamo entrati nel castello per trovare riparo come sperduti viandanti di un romanzo. 
La visita è iniziata subito e la guida che ci accompagnava ci ha spiegato come il castello risalisse al XII secolo, nonostante i numerosi restauri e gli innumerevoli rifacimenti che erano stati apportati durante il corso degli anni. I documenti e le varie fonti storiografiche raccontano anche di come il castello sia stato un’importante roccaforte caduta solamente una volta nelle mani dei giacobini.
Oltre a queste e a molte altre informazioni generali, durante la visita delle numerose stanze del castello, la guida ci ha raccontato la storia del fantasma di Bianca Maria Aloisia, figlia di Giacomo Malaspina che, innamoratasi di uno stalliere, fu sepolta viva insieme ad un cane e ad un cinghiale rispettivamente simboli di fedeltà e ribellione. Secondo alcuni lo spirito indomito della ragazza continua ad infestare le stanze e le camere del castello, infatti non è raro che alcuni ignari visitatori si sentano costantemente osservati e a “dimostrazione” di ciò la guida ci ha mostrato alcuni segni che la presenza del fantasma avrebbe lasciato durante il suo passaggio, come le macchie sul soffitto della sala del trono che raffigurerebbero la ragazza stessa in compagnia del volto del padre e dei due animali che avevano assistito alla sua morte. Siamo stati poi condotti in cima ad una delle torri più alte all’interno di quella che era la stanza del marchese Ippolito Malaspina dove si trova il celebre “letto che respira”, una delle più famose attrazioni del castello. Il letto si trova al centro di questa piccola e buia camera e, come ci è stato spiegato, se si posizionano le mani al di sopra delle lenzuola, in alcuni punti, è possibile percepire un leggero soffio d’aria proveniente dal letto. Molti visitatori che erano insieme a noi non hanno avuto alcun timore ed hanno prontamente avvicinato le loro mani al letto, ma per quanto mi riguarda ho preferito non approfondire le mie conoscenze sui fenomeni paranormali. 
La visita è poi proseguita lungo molte altre stanze e saloni del castello, dalla cucina della servitù al salottino delle donne e si è conclusa con la temibile stanza delle torture all’interno della quale ci sono stati mostrati gli spaventosi strumenti che i carcerieri utilizzavano sui prigionieri per estorcere loro informazioni, vere o false che fossero.
Terminata la visita al castello abbiamo ringraziato la nostra competente guida che ci aveva accompagnati alla scoperta del castello, poi ci siamo diretti all’unico bar aperto di Fosdinovo per un caffè ed infine siamo ripartiti alla volta di Livorno. È stata un’esperienza davvero bella e interessante che mi ha permesso di vedere, conoscere ed imparare molte cose nuove, ma durante le prossime notti ventose forse dormirò con un occhio aperto… 

giovedì 11 febbraio 2016

Diario di un viaggio in Egitto: Prima Parte

Di Franca Izzo

Uno squillo da Paolo: “Siamo un po’ in anticipo” “Finisco di vestirmi e scendo, ci vediamo all’incrocio”.
Esco di casa e il cielo è di un blu profondo, tutto stellato, c’è un gran silenzio e l’aria è frizzantina, sono circa le 5:20 del mattino, il quartiere è tutto al buio e vi è solo una finestrella di un bagno illuminata. Intravedo un’anziana signora che sta rientrando con il suo cagnolino e ad un tratto si illuminano tutte le luce condominiali.
Uno sfavillio di luci presso ad un incrocio; strano, non c’è nessuno! È la pattuglia dei vigili urbani che svolge il suo giro di sorveglianza.
Mi avvicino alla chiesa e un pensiero va al Signore affinché il viaggio vada tutto bene. Siamo al limite del quartiere e già si vede il traffico mattutino: credo di intravedere il furgone bianco dell’associazione, penso sia Paolo, anche perché da lì a poco sento vibrare il telefonino ma non rispondo per non perdere altro tempo a cercarlo nella borsa e allungo il passo con il mio trolley, tanto sono quasi arrivata e vedo uscire Paolo dalla sua auto nera il quale si accerta che abbia con me tutti i documenti necessari. 
Quando siamo tutti riuniti in auto chiedo: “e Benedetta dove la troviamo? Lei ha la sua auto!” Paolo con voce cupa risponde “Benedetta non viene perché le è morto il nonno”. Da allora non ho smesso di pensarla e appena ho potuto le ho mandato un bacio tramite un messaggino. Cos’altro potevo fare?
Al posto di Benedetta è venuto Giuseppe Galante. Il volo fino a Fiumicino è stato buono e veloce, ma ci è toccata una lunga attesa per la coincidenza con Il Cairo e il raduno dei gruppi che avrebbero partecipato al “Remedy Project”. Quindi 4+4+4 chiacchiere per socializzare meglio tra noi e poi di nuovo un lungo check-in, l’ultima telefonata ai cari e partiamo alla volta del Cairo.
È una giornata di sole, un decollo perfetto. Ci portano gli auricolari e mi metto ad ascoltare musica egiziana trastullandomi con il sudoku da sopra le nuvole. Sbrigate le pratiche per il permesso di soggiorno troviamo Sherina ad aspettarci con il pulmino. Tutti ci mettiamo così in viaggio verso Alessandria d’Egitto. Fa caldo, ci sono quasi 20 C° ma all’arrivo vi era un bel venticello serale. Durante il viaggio tante chiacchiere, battute e canti. Un veloce spuntino all’autogrill e si riparte con il boccone sempre in bocca; il viaggio era ancora molto lungo, ma per fortuna eravamo usciti dal caotico traffico del Cairo. 
Siamo arrivati stanchi sfiniti a notte fonda sognando un morbido letto per i nostri poveri muscoli stremati dal lungo viaggio; e invece erano state prenotate quattordici camere singole all’hotel Alessandro il Grande, ma purtroppo erano già state date via. Sherina si è quindi arrabbiata e ha lottato come una tigre, non capivo cosa stessero dicendo e temevo che da un momento all’altro lei si potesse sentire male. Alla fine siamo comunque riusciti ad ottenere delle camere doppie per la notte.
Ho dormito in camera con Noemi e mentre la mia terapia stava facendo il suo effetto e stavo dormendo, nel cuore del cuore della notte Noemi mi ha svegliata esponendomi il suo disagio nel dormire, le ho proposto così un po’ delle mie goccioline rosa ma lei ha rifiutato dicendomi che le avrebbero fatto soltanto l’effetto contrario, così mi  ha ringraziata ed è tornata alla ricerca della camera di Marco a cercare delle medicine. Non l’ho più sentita ma l’ho vista dormire nel letto quando ho avuto bisogno di andare in bagno, si era tirata tutta la coperta a sé, così io ho preso l’altra coperta dall’armadio e tutto è tornato sereno fino a quando Noemi non mi ha toccato: “Franca sono le nove!” io ho fatto un gran sobbalzo per lo scossone e lei insieme a me, poi siamo scoppiate a ridere come matte; e così comincia il nostro primo giorno ad Alessandria d’Egitto.