venerdì 22 aprile 2016

Un gomitolo di pensieri

Di Alba

Abito a Livorno da qualche anno e la mia casa si trova proprio di fronte al mare; nonostante in molti mi abbiano fatto conoscere i nomi dei venti non riesco ancora a distinguerli, forse perché sono tanti e forse perché cambiano rapidamente direzione! Essi hanno però un fattore in comune: sporcano gli infissi e i vetri. Nei giorni scorsi soffiava fortissimo il Libeccio che, alternandosi al Maestrale, agitava il mare e faceva ondeggiare le navi e le barche in maniera spaventosa. Durante la notte non sono riuscita a chiudere occhio a causa di questo concerto “diretto” da Eolo, un’orchestra fatta di onde che si infrangono sugli scogli e di venti che penetrano in ogni fessura e in ogni spiffero. Fuori poi potevo sentire i sordi suoni degli oggetti che, spinti dal vento, cadevano e si rovesciavano. Così, immersa in questo caos, la mia testa ha iniziato a partecipare alla “sinfonia” alla velocità del vento. Un turbinio di pensieri più o meno collegati tra loro mi ha attraversato il corpo ed ho sentito che ognuno di loro proveniva da una direzione differente.  
La mia mente è così andata a ripescare i ricordi di alcuni giorni prima, giorni in cui mi ero sentita molto inquieta e in cui avevo avuto delle strane sensazioni che ormai non riesco più a riconoscere molto bene: sensazioni che hanno dato una svolta al mio umore. Mi spiego: quando sto vivendo un periodo di intensa stanchezza fisica e mentale, di pigrizia e di monotonia, ma in una globale serenità, mi capita di percepire, quasi all’improvviso, una sorta di “viraggio” repentino del mio carattere. La mia serenità si trasforma in malumore ed intolleranza verso tutto e tutti, mi viene voglia di urlare, di picchiare e di fuggire via lontano. Spesso tutto ciò è causato dal brutto tempo e dal vento, dalla pioggia  e dai temporali tutti intorno a me. Con la mia mente volta a questi pensieri, ho riflettuto su tanti brutti episodi tristi e drammatici che si sono verificati in tutto il mondo e che non sembrano avere fine. La violenza “cieca” delle persone sui simili, sugli animali, sulle cose altrui, sta dilagando in modo esagerato e incomprensibile e forse una delle tante spiegazioni può risiedere in ciò che ho appena scritto. Non molto tempo fa ho letto qualcosa a proposito delle maree e ricordo di aver scoperto con meraviglia come esse siano influenzate dai movimenti della Luna (alcuni ritengono anche che la posizione di altri corpi celesti e la loro posizione al momento della nascita possa aver influenze sull’innalzamento e sull’abbassamento delle maree). È noto certo a tanti inoltre che nei giorni che precedono il plenilunio si è più inquieti ed è più faticoso addormentarsi, d’inverno poi il sole illumina e riscalda di meno, le ore di luce sono più brevi e l’alimentazione è più ricca di grassi, di dolci e di schifezze varie che forse assumiamo inconsapevolmente nella vana illusione di consolare le nostre delusioni, di riscaldare il cuore e di riempire i vuoti causati dalla solitudine. Tutto ciò si ripercuote sul fisico e sulla mente e porta gli individui ad essere e a sentirsi “diversi”, meno lucidi, più cupi o a perdere la calma e il controllo. Persone solitamente tranquille diventano irrequiete, persone rispettose e rispettabili si trasformano in esseri gretti e ignobili. Ma i tanti mutamenti naturali che avvengono di continuo non sono anche influenzati dall’uomo e forse in maniera tanto negativa e tanto maggiore? Il “naturale” che diventa “innaturale” contro natura. Progresso, tecnologia, computer e cellulari, quanto sono realmente positivi? E quanto negativi? Auto, fabbriche, traffico, quanto positivi? Quanto negativi? Spesso dovremmo fermarci e riflettere su ciò che realmente dovremmo apprezzare; godiamo di ciò che c’è di meraviglioso intorno a noi, di tutto ciò che di unico e irripetibile la natura ci fa dono di continuo: la vita!
Foto di Andrea Dani
Evitiamo di essere autolesionisti, cominciamo dal voler bene a noi stessi e se da soli non riusciamo a risolvere un problema o a trovare una soluzione, non indugiamo, non perdiamo tempo e chiediamo aiuto a qualcuno: un amico, un conoscente, un sacerdote, un medico. Non deve esserci vergogna, non bisogna sentirsi inferiori o deboli, anzi dobbiamo renderci conto come l’individuazione del problema e questo lotta per risolverlo sia per noi una vera e propria vittoria! Volendo bene a noi stessi possiamo volere bene agli altri, saremo ricambiati e la vita ci sorriderà! Ammiriamo un tramonto, ammiriamo lo sbocciare di un fiore e questo ci rincuorerà di tante brutture. Ci appagherà totalmente e dato che il nostro cervello è elastico, quando siamo tristi, pensiamo a qualcosa di simpatico, di comico, abbozziamo un sorriso e la tristezza si trasformerà in serenità e la serenità ci contagerà come una risata.  Saluti da Alba, un’erbivora che rumina con  il cervello e con il cuore.


lunedì 11 aprile 2016

La Vita Secondo il Pera: Quarta Parte

Di Michael Perini

Eccoci arrivati all’ultima parte del racconto della mia vita e qui vi racconterò di tutte le conoscenze che feci con le grandi personalità del mondo dello spettacolo e delle mie avventure. Una volta andai a Roma con alcuni miei amici e là visitai lo zoo di Roma, il Vaticano,  Piazza di Spagna, la Fontana di Trevi e il Salone Margherita dove fanno il Bagaglino e Cinecittà che purtroppo vidi solo da fuori. In quell’occasione incontrai Leo Gullotta, Oreste Vianello ed altri personaggi del Bagaglino e vidi da lontano Rutelli che stava entrando in Parlamento. Mentre ero per strada vidi anche quella che allora era la conduttrice di “Al posto tuo”, un programma che andava in onda sui Rai2. I miei incontri con le celebrità non terminarono a Roma e una volta a Castiglioncello incontrai addirittura Checco Zalone insieme al quale parlai e con il quale feci una foto. Una volta mi capitò anche di incontrare Vittorio Brumotti ma con tutte quelle arie da superbo e da tamarro non mi piacque e mi risultò antipatico. Quando andai al museo del calcio vidi anche l’ex allenatore della Roma Capello poi Batistiuta, Moratti, Gianni Rivera e un giovane Matteo Renzi, allora sindaco di Firenze, con il quale provai a fare una foto ma senza riuscirvi. Conobbi poi molte altre celebrità come Simone Cristicchi, Claudio Marmugi, Paolo Migone e Pietro Fornaciari e dato che in una qualche maniera ero entrato a far parte di questo strano mondo illuminato dalle luci del palcoscenico decisi di costruirmi una mia fama.
Creai così un mio programma, inizialmente intitolato Teleperozzo, che successivamente divenne Grande Livorno Tg e che si diffuse su famosi social network come Facebook o Youtube. Ormai sono passati diversi anni e il mio primo vero successo lo ebbi durante il premio Ciampi che si tenne al teatro Goldoni. Su quel famoso palco imitai Luca Laurenti nella parte di cowboy  e feci la mia battuta "ciao schizzetto”, poi presi la pistola finta e sparai dicendo "Dio perdona io no”. Nel 2011 mi venne l’idea di espandere la mia fama così decisi di aprire un mio canale Youtube in maniera che il mio nome si diffondesse sempre di più nella città di Livorno. Quando per uno spettacolo venne a Livorno, conobbi anche il re dei cinepanettoni, il grande Christian De Sica. Lo incontrai nel camerino e gli parlai di come avessi perso il padre e di come la mia nonna paterna fosse stata costretta crescermi tra mille difficoltà; anche lui mi raccontò della scomparsa del fratello e del padre ed insieme ci commuovemmo e ci abbracciammo. Il 3 marzo del 2014 mi presentai anche al provino per entrare a far parte del cast del Grande Fratello e con la mia esuberanza feci ridere Alessia Marcuzzi e Alberto Bilà, il giornalista del TG5. Questa mia performance mi fece addirittura andare in onda su Mai Dire Grande Fratello, il programma condotto dalla Gialappas Band. Ho anche dei bei ricordi di quando trascorsi l'ultimo dell'anno con l’Associazione Mediterraneo a Montioni in Provincia di Grosseto insieme ai miei amici Riccardo, Matteo il Biondo Fenomeno, Benedetta e Ricky. La vita però si sa non è fatta solo di ricordi felici e di luce e una volta, non riuscendo a controllare la mia forte impulsività, misi le mani addosso a mia madre così fui ricoverato al Decimo Padiglione. Mi trovavo all’ospedale della Misericordia di Livorno, denunciato e ricoverato e sebbene mi fossi pentito dei miei errori ormai era troppo tardi per potervi rimediare. Tutto era cominciato il 15 di aprile di quell’anno; io ero nervoso perché la batteria del computer non mi andava bene e perché non ricordavo dove avessi parcheggiato la bicicletta mentre mia madre era nervosa per alcune faccende di conseguenza, come capita sovente in questi casi, iniziammo a litigare ed arrivammo a prenderci a botte.
 Naturalmente intervennero rapidi sia il 113 che il 118 che mi fecero ricoverare. Purtroppo non ero stato in grado di controllare la mia impulsività e mi pentii subito di tutto ciò che era successo. Mi trovavo là da ventidue giorni  e mi sentivo meglio, così i medici si organizzarono per le mie dimissioni. Purtroppo però, al momento della mia uscita, i dottori fecero confusione e prolungarono la mia permanenza così io, inferocito e arrabbiato, fuggii. Certo, mi accorsi subito di aver fatto uno sbaglio, ma appena fui ritrovato mi venne fatto il TSO prolungando così il mio ricovero. I dottori si scusarono per avermi illuso riguardo la mia dimissione ed io li perdonai perché dopotutto poteva capitare a chiunque di poter sbagliare. L’unica mia speranza era quella di poter tornare ad uscire con i miei amici di sempre e di stare bene e sereno insieme alle persone a cui volevo bene. A marzo del 2016 , dopo essere stato ricoverato al Decimo Padiglione per due mesi e in comunità per nove mesi, sono potuto ritornare a casa. In questo periodo ho imparato a rigovernare, a fare il letto, ad apparecchiare la tavola, a controllare la mia impulsività e soprattutto sono riuscito a recuperare il rapporto che avevo perduto con mia madre e di questo sono davvero felice. 
Così finisce la mia storia, una vita piena di emozioni, di felicità e di amore, ma anche di rabbia e di odio; sì perché nella nostra vita ci sarà sempre spazio per le cose brutte e negative e spesso non potremo evitare che ci capitino, il trucco sarà quello di pensare sempre al positivo ed essere forti, tenaci e combattivi perché solo così potremo sconfiggere i demoni e le insicurezze che ci circondano. La mia vita è stata un tunnel pieno di ricordi tristi e divertenti che nonostante tutto mi hanno fatto diventare la persona che sono oggi.

La Vita Secondo il Pera: Terza Parte

Di Michael Perini

Quando arrivarono gli anni delle superiori iniziai a frequentare il liceo statale Francesco Cecioni e anche qua feci delle nuove amicizie che ricordo tutt’ora con molto affetto: ci furono Michele del socio pedagogico, Benedetta, una ragazza che aveva partecipato a Miss Livorno ed infine il mitico Mata, un tipo, come diremmo a Livorno, “ganzo abbestia” con il quale feci amicizia parlando dei ragazzi che a quell’epoca frequentavano piazza Attias, luogo dove abitualmente si ritrovavano i giovani livornesi. Naturalmente non persi i contatti con i miei vecchi amici delle medie Antonio, Tito, Fidelis, Federico e Sara, anzi, tutti insieme (amici vecchi e nuovi) riuscimmo a creare un gruppo ben coeso e spesso uscivamo tutti assieme in città. Ogni volta era un risata e tutto ciò che ho condiviso con loro mi fa sorridere ancora oggi, come quel giorno in cui Tito si ostinò a voler provare ad andare sullo skateboard, ma tutto ciò che rimediò fu un sonoro capitombolo (con conseguente presa di giro generale da parte di tutto il gruppo).  Ovviamente anche io non volevo essere da meno e quando con i miei amici salimmo sul tettino di una scuola, durante l’arrampicata caddi di faccia proprio come una pera cotta e in quell’occasione il mio amico Alessio mi disse: “che patta da stoccafisso!”; io non sapevo se ridere, piangere o arrabbiarmi, ma alla fine decisi soltanto di ritentare la scalata e vi riuscii. Nelle mie vaste reti di amicizia conobbi anche un certo Gabriele che ero certo di aver visto anni prima presso quella comunità dove venivano trattati male i ragazzi. Io mi presentai ma lui inizialmente non mi riconobbe, poco dopo però gli si illuminarono gli occhi e mi disse: “accidenti come sei cresciuto!” Insieme ci siamo aperti l’uno all’altro e abbiamo ricordato i brutti momenti che avevamo trascorso in quell’associazione; la condivisione di questi ricordi è stata molto importante per entrambi e ci ha resi più forti. Avevo quindici anni e gli anni correvano spensierati tra uscite, nuove amicizie e risate: quando giocavamo a nascondino io arrivavo sempre per ultimo e tutti i miei amici mi schernivano cantando “Pera Pera conta Pera Pera conta". Nonostante ciò il mio continuava ad essere un animo ribelle e una volta, mentre frequentavo la quarta superiore, io e alcuni miei amici, per non essere scoperti dai nostri genitori, andammo a Pisa a comprare degli alcolici. Tutto fu fatto in gran segreto ma  quell’imbranato del Fradda (un altro mio amico) fece cadere la busta all’interno della quale nascondevamo le bottiglie, fortunatamente rompendo soltanto uno spumante e noi per la paura di essere scoperti mettemmo tutto ciò che riuscimmo a recuperare in uno zaino e ce la demmo a gambe. Tornati a Livorno organizzammo una “tendata” nel giardino della casa del Fradda ed iniziammo a bere e a vedere alcuni film come La Strega di Blair e Boogeyman. Sfortunatamente poco dopo ci colse un temporale e tra la pioggia e i fumi dell’alcol combinammo svariati guai. Io feci un volo sul prato bagnato mentre Michele si addormentò  in una pozzanghera e la mattina fu portato via dai genitori infuriati. Il padre del Fradda, Mauro, ci proibì di tornare anche perché durante la nottata avevamo rotto un cancello e distrutto un gazebo. Fortunatamente avevamo avuto il buon senso di gettare le bottiglie di alcolici prima di essere scoperti. L’ultimo dell’anno non fu da meno, botti e petardi furono fatti esplodere ovunque ma per fortuna nessuno si fece male. Tra ragazzate varie al liceo tutta la nostra classe si trovò ad avere a che fare con un professore terribile e talmente severo che noi soprannominammo “il Muorte” con il detto il "Muorte te oserva te studia te mata". Una volta, mentre stava interrogando, dato che in classe c’era un forte chiacchiericcio, lui si alzò sbattendo la mano sulla cattedra e disse "Ora faccio un rapporto a chi parla!" e dato che stavo per scoppiare in una fragorosa risata il mio insegnante di sostegno Giuseppe mi disse: “Perini corri, vieni fuori". Io uscii in frettai e mi rotolai a terra dal ridere e con me Giuseppe! Gli anni della scuola non furono solo caratterizzati da divertimenti e birbonerie, in terza superiore ad esempio mi sentii male ed ebbi una crisi depressiva così fui ricoverato alla Stella Maris. Nonostante ciò conservo numerosi altri ricordi felici, come quello di quando conobbi il mitico Paolo Ruffini. Accadde nel giugno del 2006 durante lo spettacolo “Io doppio” al teatro Goldoni. Ruffini, per prendere in giro il pubblico, disse "chi è pisano salga sul palco" così io per scherzo salii sul palco. Lui rise perché si era reso conto che lo stavo prendendo in giro così mi vestì da Alice nel Paese delle Meraviglie e guardandomi dietro le quinte stette cinque minuti buoni a ridere. Alla fine mi ha fatto anche applaudire dal pubblico e mi ha regalato il costume del Nido del Cuculo e delle maglie di Io Doppio. Mi capitò di rincontrare Paolo Ruffini alcuni anni dopo fuori dal teatro di Collinaia, poi al Teatro delle Commedie vicino al mio vecchio liceo ed infine lo rincontrai nel 2013 di fronte al teatro Verdi a Pisa e da lì siamo diventati amici del cuore. Paolo mi regalò un suo doppiaggio intitolato “Un bell’applauso” e in quell’occasione lo feci commuovere perché sentì verso di me un calorosissimo affetto. 

La Vita Secondo il Pera: Seconda Parte

Di Michael Perini

Durante il periodo nelle medie, conobbi nuovi amici, tra cui un’altra ragazza di nome Sara, poi Michael, Andrea, Mirco e Leonardo L’imbranato. Purtroppo mi feci anche un “nemico”; si chiamava Gianluca e mi tormentava con i suoi dispetti. Tutti i miei compagni, me compreso erano “casinisti”, ci prendevamo sempre a botte, ma con loro conservo anche dei bei ricordi, come quello di quando, nel 2001, tutti insieme iniziammo a saltare tra i banchi per la promozione del Livorno in serie B. I professori erano disperati, eravamo una classe davvero confusionaria e da parte mia posso dire di essere stato un vero e proprio ribelle con poca voglia di studiare e non ci fu di certo da meravigliarsi quando a fine anno la scuola decise di bocciarmi. Avevo trasgredito ogni regola possibile e mi ero comportato davvero male, una volta ruppi addirittura due dita al povero Gianluca così il preside decise di sospendermi per tanti giorni quante erano le dita che avevo rotto. Mio padre non si arrabbiò più di tanto, ma fu molto dispiaciuto del mio comportamento. Io imperterrito però avevo continuato a fare le mie marachelle in tutta la scuola. Durante l’ora di musica, stonavo intenzionalmente con il flauto per far arrabbiare l’insegnante e durante l’ora di matematica una volta presi in giro la professoressa, suscitando l’ilarità di tutti i miei compagni, ma beccandomi anche un rapporto. E così, come ho già detto, al termine di quell’anno fui bocciato e fui trasferito in un’altra classe con altri compagni decisamente più tranquilli. Qui mi fu affiancato un’insegnante di sostegno poiché potevo trovare difficoltà nel rapporto con loro. Conobbi così i miei nuovi amici, Antonio, Tito, Fidelis, Federico, Gabriele, il mitico Alessio, Shady e una povera ragazzina di nome Selene che soprannominammo “la strega di Blair”.
Come si può ben immaginare la bambina non era un gran bellezza, ma era innamorata di tutti i ragazzi, persino di me e una volta, dato che iniziavo a non sopportarla più, le tirai una squadra sulla fronte e tutti i miei compagni si misero a ridere: ero proprio una peste.  Anche in questa classe avevo un’insegnante di sostegno molto simpatica che mi insegnò alcune frasi divertenti come "amore spicchio d'aglio come ti vedo mi travaglio", frase che poi dissi a Selene per farla piangere. Io e il mio amico Antonio ne combinavamo di tutti i colori, ma ad un certo punto mi toccò iniziare a studiare seriamente e così passai in seconda media. Le ragazzate non terminarono di certo qua e tra una birboneria e l’altra i miei compagni mi soprannominarono “il Pera”. Gli anni delle medie furono spensierati e divertenti ma il 19 marzo del 2003 tutto terminò all’improvviso perché mio padre morì. Abitava in uno stabile in via Giordano Bruno e alcuni giorni prima della sua morte gli inquilini sostennero di aver sentito odore di gas. Vennero così i controlli, ma non rilevarono alcun danno o problema.Quando però quella sera mio padre se ne andò a letto un’esplosione distrusse l’intero stabile e lui ne rimase vittima. Fu una vera disgrazia ma anche un mistero perché nessuno seppe mai quale fu la causa dell’esplosione. Alcuni incolparono mio padre stesso ma col tempo i giornali smentirono questa teoria e chi conosceva mio padre sapeva che non avrebbe mai fatto o pensato ad una cosa del genere. Io rimasi sconvolto e la mia nonna paterna entrò in una crisi depressiva. Non potevo più stare con lei e mia madre mi fece andare alla comunità terapeutica adolescenziale del Delfino dove abitai per un anno e mezzo. Lì stetti bene ma una volta un infermiere mi picchiò perché gli avevo dato un morso, così fu cacciato dalla comunità. Qui conobbi anche il mitico Luca Marcaccini  grazie al quale riuscii a vivere “Hakuna Matata” (senza pensieri). Il sole era tramontato su mio padre ma sarebbe risorto con me come nuovo erede della famiglia Perini.

La Vita Secondo il Pera: Prima Parte

Di Michael Perini

Ciao a tutti, mi chiamo Michael e questa è la storia della mia vita. Nacqui il 7 agosto del 1990 con un parto cesareo perché il cordone ombelicale mi si era attorcigliato attorno al collo. Appena venuto al mondo mia madre Stefania disse a mio padre di volermi chiamare Michael dato che all’epoca era un nome molto poco diffuso e, anche se inizialmente contrario, alla fine accondiscese la decisione di mia madre. E così venni alla luce con il nome Michael Perini. Anni dopo fui soprannominato “Pera Livorno” ma a questo arriveremo successivamente. Andiamo per gradi; il 1991 fu un anno di conflitti ed incomprensioni tra mio padre e mia madre, così, proprio insieme a lei, venni portato a Venezia Mestre dove abitavano la mia nonna Francesca e il suo secondo marito, nonno Gianni Vincenzo Scaglianti, che mi ha voluto bene come un nipote vero. Come tutti i nonni che amano i propri nipoti anche i miei presero l’abitudine di viziarmi un po’ e di darmele tutte vinte; mi facevano guardare i cartoni animati come la Pantera Rosa, Wile E. Coyote e Topo Gigio e mi preparavano sempre i piatti di cui ero ghiotto come la mia amata pasta e fagioli, le creme veneziane, la cotoletta alla milanese, la crema di marroni o il latte condensato. Quegli anni furono gioiosi e spensierati ed ogni ricordo mi porta alla bocca un gran sorriso: un febbraio andammo tutti quanti al carnevale di Venezia in Piazza San Marco ed io ero vestito da cucciolo di dalmata. Conservo ancora le foto di quel giorno in cui stetti tutto il tempo in collo a mia madre.
Qualche tempo dopo ci raggiunsero a Venezia anche mio padre e la mia nonna Maria. Lei stravedeva per me e mi era molto affezionata, così, quando tornai a Livorno, mi voleva sempre con sé. A quel tempo quindi era presente anche mio padre e a tal proposito vorrei farvi sorridere raccontandovi un episodio buffo il cui pensiero mi fa venire la nausea ancora oggi: avevo due o tre anni e quando per la prima volta vidi mio padre con una sigaretta pensai “se la fuma di certo sarà anche buona da mangiare”, così non feci discorsi e non appena mio padre la lasciò nel posacenere la afferrai e me la misi in bocca. Mio padre me la tolse immediatamente dalla gola ed io vomitai tutto, che spavento feci prendere quel giorno a tutta la mia famiglia! Nel 1994 iniziai ad andare all'asilo delle suore e con me c'era mio cugino, nipote di mio padre. Una delle suore di chiamava Suor Bruna, ma io la soprannominai “la malefica” perché era manesca e maltrattava i bambini. Quando i nostri genitori si accorsero dei maltrattamenti non tardarono a portarci via e fummo trasferiti: io andai all’asilo di Montenero mentre mio cugino in un altro asilo. Dopo l’asilo iniziai a frequentare le scuole elementari Gramsci e durante il carnevale del 1995 mi mascherai da Michael Schumacher con tanto di macchina a pedali della Formula Uno! Quel travestimento fece sì che per tutto l’anno successivo sia i miei compagni di scuola che gli insegnanti mi chiamassero “Schumacher”; una volta addirittura una delle maestre mi disse: “Schumacher, ripassa l’alfabeto, oh ciuo!”. Qui alle scuole Gramsci però le maestre non mi consideravano un bambino come tutti gli altri e consigliarono a mia madre di portarmi alla Stella Maris. Lì fui visitato ma con molta scortesia ci fu detto che eravamo andati lì soltanto a perdere tempo.
Finito l’anno io, mio padre e mia madre ci trasferimmo nel quartiere Corea e così fui costretto nuovamente a cambiare scuola. Iniziai ad andare alle Modigliani, ma lì se non altro incontrai una ragazzina a cui scrissi alcune lettere d’amore che, aimè, furono respinte. I guai arrivarono nel 1997, in quell’anno frequentavo una colonia per bambini, un’associazione che dietro ad una facciata di bontà e compassione nascondeva atti di maltrattamento nei confronti dei ragazzi. Un'estate questa associazione ci portò in campagna e lì vissi vere e proprie esperienze da film horror. Fortunatamente dopo quegli episodi le mie nonne riuscirono a portarmi via da quel postaccio e in fretta avvisarono i carabinieri. Fui riportato a casa ma non riuscivo a dire la verità perché tutti quei maltrattamenti mi avevano davvero traumatizzato e spaventato. Ringrazio ancora la mia buona stella che ha fatto sì che i miei parenti si accorgessero per tempo che qualcosa non andava.
Nel 1998, mentre frequentavo la terza elementare, io mi misi insieme ad una ragazzina di nome Sara ma questa “relazione” durò solo poco tempo; non ricordo neanche chi sia stato a lasciare chi. Un anno dopo il mio povero nonno Giovanni morì e mia nonna Maria visse un periodo davvero difficile. In quello stesso anno i miei genitori si lasciarono senza divorzio. Il 2000 fu un anno pesante anche per me perché, finita la scuola, sia io che i miei compagni fummo costretti a salutarci nonostante fossimo molto legati gli uni agli altri. Come se non bastasse mia madre iniziò a frequentare un uomo di cinquant’anni di nome Giovanni. Lui non solo si rivelò una persone cattiva, egoista, arrogante e prepotente, ma si azzardò anche a picchiarmi. Una volta, di fronte a certi comportamenti, non potei evitare di reagire e lo colpii con una pedata così scappai e mi rifugiai da mia nonna. Giovanni minacciò con durezza me e mia nonna di chiamare i carabinieri, ma alla fine mia nonna e mio padre furono più duri e tenaci di lui. Mio padre cercò di tranquillizzarmi e mi portò con lui a guardare i cartoni animati. In quel periodo mia madre non aveva molto la testa a posto e per alcuni mesi non la vidi, dato che a lei non importava molto del fatto che Giovanni mi potesse mettere le mani addosso. Quando però venne a sapere che lui la tradiva lo lasciò definitivamente. Oggi nel 2016 è decisamente migliorata e le voglio molto bene.