lunedì 19 febbraio 2018

Vittime e carnefici del sistema web


La Redazione

La tecnologia e i suoi sistemi ci rendono sia pirati che prigionieri, vittime e carnefici tra abuso e consumo nel mondo del web.
L’uomo contemporaneo che si rivolge al mondo del web è un Pirata dei cervelli; i rapporti sociali si sono snaturati e hanno perso i valori e la purezza, sono divenuti meno diretti e distanti, facendoci smarrire la nostra identità. A causa dei social network ci ritroviamo ad essere più freddi, distanti e sterili nei rapporti sociali e interpersonali; essi isolano l’individuo come mezzo “usa e getta” al fine di soddisfare solo se stesso, un ”abbandono incondizionato”.
Questo è il concetto che principalmente ci ha catturato nell’articolo “I pirati del cervello” (Le Monde, 2018), in cui viene descritto come la capacità di concentrazione delle persone si sia ridotta a causa dell’universo di Internet, dietro al quale i grandi portali social lavorano al fine di controllare e condizionare le nostre menti,  portandoci all’estrema facilità d’accesso ai nostri più amati bisogni.
La nostra volontà è così plasmata. Ci siamo chiesti il decorso di questo andamento, che è sempre più incalzante nelle nostre vite e ciò che è emerso come punto apice del disfacimento delle nostre decisioni è la Comunicazione: La comunicazione nell’uomo, tra affetti e interazione e le sue conseguenze sociali ed interiori legati al catturante mondo del web.
Be’... la modalità di comunicazione è profondamente cambiata e le motivazioni possono essere le più valide e svariate: la difficoltà nell’interagire, ad esempio, rende il computer un mezzo più semplice ma molto meno diretto di una chiacchierata al bar, oppure creare un lato di sè non veritiero ma volutamente immaginato forse per essere accettato dagli amici, dai compagni di scuola, da una società in cui è più difficile emergere e rimanere a galla, fa sì che l’interazione diretta fra due persone venga sempre meno e sia sempre più frequente vedere interagire attraverso emoticon di un telefono o di un tablet piuttosto che comunicare direttamente con lo sguardo, la parola, un gesto o toni di voci malmesse dall’emozione tendente all’empatia, che mantengono con sostegno , almeno fino ad adesso, la relaziona vera, viva e vissuta... propria. Teniamo a precisare viva e vissuta, perché il limite di essere inghiottiti nella nostra quotidianità da questo sistema di controllo delle volontà che, incalzatamene e subdolamente ci impone nel decidere per noi stessi su noi stessi, facendoci credere di non essere continuamente condizionati dal vasto mondo della rete, è fine e lieve, al tal punto che il nostro mondo vive bello e solo, attraverso l’illusione di essere noi i veri protagonisti delle nostre volontà, delle nostre voglie, delle nostre emozioni, illudendoci, causando un continuo respiro irreale e spingendoci non più al benessere collettivo ma ad un bisogno personale sempre più distante e vuoto che mira al soddisfacimento dei nostri pressanti bombardamenti di desideri fasulli. 
Siamo manipolati: volontà, privacy non fanno più parte del nostro controllo. La qualità della vita di un soggetto è scandita dall’utilizzo dello smartphone, ci disperiamo se il telefono è scarico, se non arriva il giusto messaggio, se la foto non carica in maniera adeguata sulla pagina Instagram e così il condizionamento nel gesto e nel pensiero giornaliero prende il suo abuso nelle nostre vite, creando forme di dipendenza, dipendenza da possedere e dipendenza di ”essere”, arrivando ad avere dipendenza dal tempo di cui abbiamo perso totalmente il controllo.
La fine dell’articolo apre speranze a questo gioco di mercato delle emozioni mostrando quanto gli studiosi si stiano operando per trovare un mezzo che argini questa problematica contemporanea che coglie tutti o quasi tutti noi. Questa nuova morte porta alla nostra semplice, ma ardua da attuare, conclusione: auto-educarsi a non cedere alle manipolazioni apparentemente inconsce di un sistema che volge a catturare attenzione a fini di lucro, credere e/o provare a ricredere fermamente nella bellezza del contatto umano, e soprattutto capire, accettare e lottare per non essere più oppressi, ma carnefici di una vita che abbiamo scelto con volontà e naturalezza che è pura indole nell’uomo.    

La bugia è dentro di noi

La Redazione

E se la menzogna fosse una peculiarità dell’essere umano? La lettura della prefazione del libro “Nati Bugiardi” di Ian Leslie si è rivelata un ottimo pretesto per approfondire tale argomento e ci ha dato la possibilità di affrontare una lunga discussione che, arricchitasi dal confronto del nostro pensiero, è esplosa in un contatto quasi fisico poiché pregno di emozioni e di parole espresse attraverso la voce dell’esperienza.
Leslie sostiene che ognuno di noi menta, non ci interessano le circostanze o le motivazioni, si tratta di un atto intrinseco, un atto che appartiene ad ogni uomo o donna, un atto che apre le porte dell’integrazione sociale e le porte sempre più nascoste del nostro mondo interiore.
L’intero dibattito si è sviluppato attorno a questi due temi e accantonati con non poca difficoltà i comodi e decisamente più rassicuranti pensieri che le menzogne rivelassero il più delle volte il nostro lato negativo o che fossero soltanto un mezzo grazie al quale poter nascondere la verità, abbiamo affrontato il concetto e ammirato, quasi ci trovassimo di fronte ad una bestia rara, le sue innumerevoli sfaccettature; la bugia infatti può aiutarci nelle relazioni quotidiane, ma allo stesso tempo rischia di imprigionarci in un mondo dove il reale perde il suo limite mischiandosi con l’irreale, a prescindere dal fatto che siano gli altri o proprio noi stessi i destinatari della menzogna.
La domanda che ci siamo posti è stata chi fra tutti noi mentisse e con quale frequenza, ma l’istinto naturalmente, per lo meno nelle fasi inziali, ci ha fatto negare una confessione di quotidiana slealtà di tale portata. Tuttavia è bastata una piccola riflessione per farci capire e ammettere con un assordate e imbarazzato silenzio, come un semplice “Bene” in risposta ad un “Ciao, come stai?” possa nascondere innumerevoli significati e rappresenti il risultato di quella complessa equazione che sono i rapporti umani. Svogliatezza, fretta o mancanza di fiducia, qualunque sia l’emozione legata alla nostra bugia, non possiamo non notare l’aiuto materiale che la banalità di una risposta evasiva ci offre nelle relazioni con gli altri. Si tratta di un comportamento che ai nostri occhi spesso passa inosservato, ma non esiste persona al mondo che non ne faccia utilizzo.
Lo facciamo per evitare discussioni che temiamo o più semplicemente non abbiamo voglia di affrontare, ma anche per alimentare una conversazione ed è per questo che alla domanda “Hai mai preso l’aereo?”, magari posta da una persona su cui vogliamo far colpo, può capitare di rispondere di sì, aggiungendo perfino affascinanti dettagli sulla nostra fantomatica esperienza, finendo così per mentire sapendo di mentire. Per quanto tali ammissioni possano sconvolgere è bene ricordare come le menzogne a cui ci riferiamo non abbiamo come fine quello di danneggiare o ingannare chi ci sta di fronte, ma bensì quello di sostenerci e renderci più semplice il raffronto con gli altri: non ci scandalizziamo quindi ad ammettere come la menzogna sia alla base di ogni relazione sociale.
Quindi chi sa mentire bene e di più vive meglio? No, secondo le nostre personali riflessioni, ma sicuramente coloro che si rapportano meglio con le bugie riescono di conseguenza ad avere migliori rapporti con gli altri. Questo è il “lato positivo” della bugia che poco a poco siamo riusciti ad intravedere nelle relazioni con gli altri, ma d’altro canto, se per paura, per difesa o per non nascondere un lato di noi stessi di cui abbiamo timore, ci troviamo a mentire alla persona che vediamo tutti i giorni nello specchio arrivando persino ad omettere o controllare con una sorprendente freddezza le nostre parole, l’approdo a cui potremmo giungere potrebbe rivelarsi dilaniante.
Source: https://lifehacker.com/what-to-do-when-your-kid-lies-to-you-1731423315
Mentire per tutelare le nostre insicurezze serve solamente ad alimentare quel parassita che sono le nostre paure e che col trascorrere dei giorni arriverà a trascinarci e imprigionarci in una gabbia cupa e buia dove inevitabilmente finiremo per perdere il contatto con la realtà.
Il nostro mondo così si lega indissolubile alla bugia, ormai divenuta un’oscura presenza che avrà reso il mondo che ci sta attorno confuso e distorto.
Per quanto situazioni del genere possano sembrarci bizzarre, stravaganti e lontane da noi, alcuni hanno avuto il coraggio abbattere questi pregiudizi e di ammettere, soprattutto a se stessi, come questi caotici stati d’animo abbiano influenzato (o tutt’ora stiano continuando a farlo) la loro vita. Adesso è l’esperienza a parlare
Chi ha vissuto in gabbia, al buio, trova soluzione nella fiducia o a ricredere nuovamente nella fiducia, verso chi con mano e presenza offre la possibilità di poter parlare, di liberarsi dal peso della solitudine, da muri fatti di paure, di timori legati al giudizio su ciò che siamo o di essere puniti per ciò che facciamo”.
Riuscire a vedere uno spiraglio di luce in quel buio piccolo, soffocante ed infinito è comunque possibile e vi si riesce se siamo disposti a dar credito, fare affidamento e a dare una nuova speranza a se stessi e agli altri, siano essi medici, familiari o amici in maniera da riprendere in mano la propria vita “liberandoti con un sospiro profondo espirandolo con divenuta e sognata leggerezza”.
Accettare e chiedere sostegno a chi ci tende la propria mano ci aiuta ad essere sinceri con se stessi; è così che possiamo abbattere le barriere che noi stessi creiamo, riscoprendo il contatto umano. Non dobbiamo avere paura di rivelarci perché aiutarsi è farsi aiutare.
In conclusione possiamo dire e vogliamo ricordare non solo che esistono molti tipi di bugie, ma soprattutto che la bugia esiste in ogni aspetto della nostra quotidianità, sia essa positiva o confinante e tentando di negarlo non faremmo altro che confermare questa teoria. Tutti mentiamo, ma l’importante, secondo noi, è riuscire a delimitare e controllare, sia negli altri che nei nostri confronti, questo importante mezzo di comunicazione.
Questo articolo è ciò che il nostro “dibattito d’esperienza” ha prodotto; sono stati gli input ricevuti, le parole tremolanti e i pensieri tramutati in discorsi forti e risoluti a generare questo confronto di bugiardi che, chi con fiato chi con sguardi, per poco si è spogliato della sua essenza, cioè di essere un “Nato Bugiardo”.