giovedì 28 gennaio 2016

Speranza

Di Alba

C’era una volta, in un bellissimo giardino ben curato pieno di alberi, di piante verdi, di fiori variopinti dalle forme più strane, una pianta grassa, non particolarmente bella, senza spine e dalla forma irregolare e asimmetrica. Spesso si trovava ad osservarsi e a confrontarsi con le piante che si trovavano nell’aiuola vicina a quella dove lei stessa era stata piantata, curata, innaffiata e dove era cresciuta seppur lentamente come tutte le piante grasse. Ma negli ultimi giorni vedeva che qualcosa stava cambiando nella sua struttura originaria e nella sua forma qualcosa si stava modificando; era terrorizzata. Stava spuntando sul lato della sua struttura una protuberanza che cresceva sempre più e non poteva fare a meno di vedersi sempre più brutta rispetto alle altre. Una mattina però, bagnata dalla rugiada, quella protuberanza si era trasformata in un fiore bellissimo di un colore rosso intenso e improvvisamente lei si sentì bellissima, persino più bella delle altre piante che aveva sempre ammirato e un pochino invidiato. Poi però pensò che api, insetti e farfalle avrebbero attinto nutrimento da lei, dal suo fiore, ma che avrebbero comunque continuato a fare quello che avevano sempre fatto anche con gli altri fiori e piante del giardino. La sua bellezza nuova non avrebbe arrecato danno alle altre che erano secondo lei le più belle e pensò: “la bellezza del fiore non modifica la radice, la mia origine, non posso condividere la bellezza e la gioia di essere come le altre anche se dopo la trasformazione sono diventate meno belle”. E ancora la pianta fiorita ringraziò la buona sorte e la natura per averle fatto e per aver fatto a tutto il giardino quel regalo enorme, anche se dopo tanti anni di sofferenza e pensò: “meglio tardi che mai…o non è mai troppo tardi… e mai disperare, lasciare sempre al tempo uno spiraglio di prospettiva di cambiamento e di miglioramento; la vita stessa è cambiamento continuo, niente è statico e niente dipende totalmente da noi. Le nuvole si muovono e si trasformano, non possiamo far piovere o far smettere di piovere, consapevolezza, accettazione, ricerca del positivo, c’è sempre!

Foto di Amy Jones, CheeseBeforeBedtime

giovedì 21 gennaio 2016

Sulle tracce dei popoli delle Grandi Pianure: visita alla mostra sui nativi americani

Di Laura Libardo
A Cura di Enrico Longarini

Visitare la mostra degli Indiani Lakota è stato un po’ come entrare in un’altra epoca e in un’altra terra. L’America  della fine del 1800. Durante la visita alla mostra di Cecina che la Fondazione Culturale Geiger aveva organizzato, abbiamo sia potuto osservare da vicino la vita degli indiani Lakota sia apprendere come la convivenza pacifica e l’amore fossero elementi imprescindibili di ogni tribù. La ritualità e le funzioni come il matrimonio rivestivano un ruolo di grande importanza e i principi che regolavano la comunità erano semplici e legati in maniera simbiotica con la natura la quale era venerata come una divinità. La spiritualità de i Lakota era molto grande, tutto si trovava in armonia con il Creato e con il Grande Spirito e Grande Mistero che permea tutto l’ Universo, creatore e esecutore di tutte le cose. Noi Occidentali abbiamo perso questo rapporto con la natura a causa del ruolo di centralità che l’Uomo ha rivestito e tutt’ora riveste nelle società cattoliche;  la natura è divenuta solamente una schiava dell’Uomo alla mercé delle sue vanitose esigenze inutili e passeggere.

Gli Indiani Lakota abitavano le “Grandi Pianure” al centro dell’America, terre che, prima dell’arrivo dell’uomo bianco, vivevano tra equilibrio, caccia, sviluppo, cultura e spiritualità. La venuta degli occidentali turbò completamente la stabilità di quei territori e i grandi bisonti che là abitavano furono tra le prime vittime della sua insensata sete di potere. C’erano circa 60-70 milioni di questi grandi animali e le loro carni e pelli erano usate in minima parte per il sostentamento da parte dei nativi, ma la presenza dell’uomo bianco li portò quasi all’estinzione. I Lakota invece avevano imparato ad apprezzare ciò che la natura offriva loro e del Bisonte utilizzavano tutto, affinché ogni singola parte del corpo non andasse sprecata. Il Bisonte diveniva così uno strumento per nutrirsi, con i suoi zoccoli si costruivano armi e strumenti musicali, le sue pelli divenivano foderi, indumenti e soprattutto erano il materiale che i Lakota utilizzavano per edificare le loro celebri abitazioni a cono semi stanziali, i tepee.
Alcuni sostengono come sia stato il concetto di Proprietà ad aver diviso i Bianchi Occidentali dagli Indiani d’America. La terra degli Indiani non fu mai concepita come una proprietà dell’Uomo che potesse essere recintata, perché acqua, terra , alberi e animali erano doni e beni della collettività. Doni da  amare di cui non si doveva abusare. I colonizzatori, dal canto loro, si sentivano legittimati a sfruttare al massimo il territorio scoperto e non si curarono mai della presenza degli indiani. Di lì a poco li avrebbero infatti ingannati con patti e false promesse, combattuti e uccisi considerandoli inferiori e pagani, emarginandoli poi in riserve lager prive di sostentamento, terra, identità e cultura.
Le battaglie che coinvolsero i nativi e i colonizzatori durarono quarant’anni perciò l’unica alternativa per gli Indiani a combattere una battaglia troppo grande per loro fu per molti quella di piegarsi alle leggi e perdere  la propria identità. Così tutti, vivi o morti, furono costretti a cadere di fronte all’uomo bianco.
Oltre la loro grande storia, ciò che mi ha colpito notevolmente è stato come tra le culture dei nativi non vi fosse alcun tipo di ostracismo sociale e come il “diverso”, come poteva essere il pazzo o l’omosessuale, fosse considerato al pari di una persona come un’altra dotata però di altre capacità. L’omosessuale ad esempio possedeva due anime distinte, quella maschile e quella femminile e questa solenne diversità era concepita come un veicolo per la comunicazione con il sacro.

“Gli alberi sono le colonne del mondo , quando gli ultimi alberi saranno stati tagliati il cielo cadrà sopra di noi.”

Proverbio Lakota

Tantra

Di Francois Macaione

TANTRA
L’IMPERMEANENZA è uno dei concetti basilari del BUDDISMO. Tutto è destinato a cambiare natura da un giorno all’altro; così come tutto è INTERDIPENDENTE., sprovvisto di una realtà intrinseca e vuoto, e bisogna basarsi su ciò che è senza caratteristiche: il RISVEGLIO.
Non è affatto un concetto pessimistico della vita, ma al contrario un antidoto possente contro l’ILLUSIONE. Avere una percezione acuta dell’INPERMEANENZA di tutti i fenomeni rivela alla coscienza come senza di essa il mondo sarebbe statico. Bisogna trovare spontaneamente la natura del nostro spirito o il SE’.
La DONNA incarna LA POTENZA, l’UOMO la CAPACITA’ DI MERAVIGLIA. Alcuni concetti non si trasmettono che alle donne.
Nessun discredito morale macchia la donna che lontano dall’essere la sorgente di peccato, di tentazione e di dannazione che noi conosciamo,
attraverso le tre grandi religioni monoteistiche, ma anche in certe correnti dell’induismo e del buddismo, è al contrario POTENZA e FORZA di trasmissione del più alto insegnamento mistico.
L’accettazione della potenzialità femminile libera L’UOMO convogliandolo verso una ricchezza creativa INESAURIBILE.
Bisogna rendersi conto che è un impegno molto grande da parte nostra percorrere la strada del RISVEGLIO. Una volta sulla strada non c’è una porta per uscirne. Se noi accettiamo bisogna rispettare i momenti più difficili perché se noi ci fermassimo, lungo, il cammino, rischieremo di avere turbamenti profondi. Questa dimensione nuova equivale a camminare come su un filo del rasoio, una volta partiti, non ci si può mettere a correre, ne fermarsi ne tornare indietro. Le conseguenze sarebbero troppo gravi. Qualche volta avremo l’impressione che gli altri ci trattino come se ignorassimo tutto. Il nostro orgoglio così sarà ferito.
I beni contano di più sono a prescindere dal tempo, cioè abbiamo tutto il tempo per conseguirli e essi sono:
 - LA SALUTE   
- GLI AFFETTI
- IL LAVORO.

LE 6 CORAZZE.
Esistono 6 corazze che limitano le nostre potenzialità:
- IL TEMPO
- LO SPAZIO
- LA MANCANZA
- LA LIMITAZIONE DELLA CONOSCENZA
- LA LIMITAZIONE DELLA CREATIVITA’
- L’ILLUSIONE GLOBALE.
  -         La 1° corazza è quella di essere sottomessi all’illusione che il tempo esista e che noi vi siamo legati. Questa illusione ci inchioda in una durata limitata e  da l’impressione che il tempo passi. Dopo il risveglio si scopre con stupore un nuovo paesaggio dove nulla è sottomesso al tempo anzi esso è un artificio della nostra coscienza.

-         La 2° corazza è quella che ci fa credere che noi siamo legati all’illusione dello spazio e lì ci colloca. Ma in realtà, non è così. Dopo il risveglio, ci si rende conto che noi siamo ONNIPRESENTI. Noi siamo dappertutto. Non vi alcun punto dello spazio che non sia il centro. Vi è una assoluta compenetrazione di tutte le strutture universali.

-         La 3° corazza è illusione di credere che ci manchi qualcosa, che noi non siamo affatto la TOTALITA’. E’ questa illusione che ci spinge a cercare sempre una via, un insegnamento una pratica, delle realizzazioni progressive. E’ quella che ci rende infelici che ci fa ricevere senza sosta nuovi elementi di completezza. Vivessimo 100.000 anni, non arriveremmo mai alla fine della nostra ricerca. Ci mancherebbe sempre qualcosa. Sapendo questo, il maestro invita il discepolo a cessare ogni ricerca esteriore. Nessuna strada porta al SE’, nulla può riaprire la Coscienza finche non ci rendiamo conto che abbiamo tutto in noi.

-         La 4° corazza è l’illusione di credere che il nostro potere di conoscenza, il nostro potere di apprendere l’assoluto sia limitato. Ci torturiamo desideriamo conoscere l’esperienza del RISVEGLIO. Abbiamo una tale di sapere che la nostra ansia di conoscere ci spinge verso L’ESTERNO e ci culla nell’illusione che stiamo per trovare ciò che ci manca. La CONOSCENZA DIVINA non procede per accomulazione. Più la si ingombra di sapere e di esperienze più si paralizza la nostra coscienza. Abbandoniamoci a questo tipo di piacere non ci porta che a gonfiarci di orgoglio. Quando io dico che l’intelligenza non è la via, non dico che bisogna rigettare l’intelligenza, dico semplicemente che l’intelligenza che realizza è quella che non è sollecitata. Allora, nella tranquillità essa brilla come un diamante. Ritorniamo semplicemente alle sorgenti della nostra Coscienza ed è là che troveremo il tesoro che cerchiamo all’esterno. Basta mettersi a sedere, dimenticare, libri e ragionamenti e dirigere lo sguardo verso il CUORE.

-         La 5° corazza è illusione che ci porta a credere che la nostra creatività sia limitata, talvolta anche a dubitare che noi non ne possediamo. E questo che ci spinge a venerare ciò che gli altri producono. Affondare nella bellezza non basta più. Questo impulso che potrebbe aprirsi alla nostra illimitata creatività, e frenato dall’idea che noi siamo incapaci di produrre un tale splendore.

-         La 6° corazza. Queste cinque corazze sono come circondate da una ultima corazza che è quella dell’illusione in se stessa che salda tra di loro queste diverse protezioni e assicura loro una coesione artificiale. Nulla impedisce allora di aderire al divino che è in noi. Ciò che non sappiamo affatto è che la più infima delle esperienze può diventare SIHVA. Basta così poco; il profumo di un fiore, uno sguardo, una brezza che sfiori il nostro corpo e all’improvviso la più solida delle corazze s’incrina e tutto il reale penetra in noi attraverso quella breccia, liberandosi dalla pesantezza della separazione.

I 3 CONCETTI IMPORTANTI
Esistono  3 concetti importanti:

- La presa di Coscienza della propria natura
- La soggettività investita di potenza
- L’Io universale

Questi 3 concetti non sono più legati come i precedenti all’oggettività. Essi sono legati alla PURA SOGGETTIVITA’ che culmina nella SOGGETTIVITA’ ASSOLUTA.

- Il 1° Concetto è quello della PRESA DI COSCIENZA della propria natura, della realizzazione frammentaria del SE’. Il discepolo è soggetto a folgorazioni estiatiche durante le quali percepisce l’universo
come irreale, poi ricade nella percezione ordinaria. Il 1° stadio è prezioso perché da alla pratica una intuizione vissuta e non teorica della realizzazione. E’ un livello che si raggiunge facilmente dopo che ci si affida alla pratica continua e non durera che qualche mese. Come in ogni evoluzione questo primo livello costituisce una trappola. Il discepolo che non è guidato da un maestro può prendere questa prima illuminazione per realizzazione finale. Il discepolo, in questo stadio preliminare, può provare un disgusto e decide di ritirarsene, per conservare la purezza della sua esperienza mistica. Questo è un grande ostacolo alle future realizzazioni. Quando vi è una scissione non c’è una vera vita spirituale. La vita e la grande maestra fuggire a essa equivale fuggire a noi stessi. Al contrario e bene alternare dei brevi periodi di solitudine con una vita sociale normale.
A questo stadio il discepolo e sottomesso ancora alla dualità.

- Il 2° Concetto è quella DELLA SOGGETTIVITA’ INVESTITA DI POTENZA. Il discepolo è meno sottomesso a ondeggiamenti. Si sente invaso di grande potenza. Gli succede di rimanere in estasi per delle ore senza l’ombra di un idea perturbatrice. Sente assai chiaramente che sta sprofondando nell’universo, vi è come aspirato e si lascia andare avendo l’impressione di gioire della realtà del mondo.
Ma il suo CUORE, non è completamente aperto, così ricade nello stadio ordinario, dove non vede più l’universo come espansione del proprio essere.

- Il 3° Concetto quello della DELL’IO UNIVERSALE. Esso corrisponde
alla totale apertura del cuore. Da questo istante il discepolo vive solo per l’IO assoluto. La NOZIONE DUALE si è volatilizzata. Bisogna finirla di credere che i momenti di distrazione siano in opposizione al raccoglimento profondo. Solo una è l’energia che viene a fondersi col raccoglimento. Dal momento in cui si cessa di considerare un ostacolo, si assiste a un meraviglioso mutamento in cui l’agitazione alimenta la quiete. Non vi è nessun antagonismo alla non dualità. Ogni sforzo per ridurre le torbulenze la rinforza. Bisogna afferrare chiaramente che non ci si raccoglie per fuggire qualche cosa o per attendere qualche cosa dall’esterno. Non si medita per espirimentare degli stati di coscienza modificati o qualcosa d’altro. Si medita unicamente per percepire da se stessi che tutto è in noi, ogni atomo dell’universo e che noi possediamo già tutto quello che vorremmo trovare fuori di noi. Meditare è essere al cento per cento nella realtà, e se si è nella realtà, da cosa dovremmo uscire per entrare nel mondo esteriore? Meditare in solitudine o camminare nel frastuono di una città affollata, è esattamente la stessa cosa. E’ solo quando ci siamo resi conto di questo che cominciamo a meditare veramente.Meditando, non corriamo dietro a nulla non cerchiamo nessun estasi oltre all’essere nella realtà Coloro che pretendono di elevarsi per mezzo della meditazione verso stati di coscienza modificati non fanno altro che prendere degli abbagli. Viene un momento in cui la realtà s’incarna di metterci in relazione con gli altri. Così comprendiamo che lo stato di malattia non è che un aspetto supplementare di questa iniziazione. Non si tratta di dare poco, di dare molto o di dare qualcosa ma di dare se stessi. Un giorno potremmo immergerci in questo stato in modo continuo. Quando il momento sarà venuto vedremmo il nostro Cuore si aprirà e saremo immersi in una gioia inalterabile. Tutto raggiungerà la semplicità. Questa gioia non sarà diversa di quella che noi conosciamo in questo momento, ma sarà senza urti senza differenza d’intensità e tutto vi parteciperà. Tu sentirai uno shock più o meno violento, dopo di che non avvertirai degli stati di estasi come se tu fossi un razzo che si innalza nello spazio. Ma vedrai la tua LEI e potrai trasmettere agli altri la conoscenza universale.         


giovedì 7 gennaio 2016

Una Gita al presepe artistico di Cigoli

Di Alessandro Ferrini
A cura di Enrico Longarini

Il 20 dicembre l'Associazione Mediterraneo ha organizzato una visita al Santuario della Madonna Madre o Madre dei Bimbi noto anche come antica Pieve di San Giovanni Battista, un santuario mariano nei pressi di Cigoli, un piccolo borgo nelle vicinanze di San Miniato.
Le sue prime notizie risalgono all’anno mille e a quell’epoca era conosciuto come Castrum de Ceulis. La nostra gita prevedeva una visita al famoso presepe artistico che si tiene ogni anno in questo caratteristico paesino. L'intera struttura è piuttosto ampia, infatti si estende per circa 100 mq e tutta la scena è illuminata da luci alternate gialle, rosse e blu che simulano l'alba, il giorno, il tramonto e la notte.
Attorno alla capanna dove nacque Gesù si sviluppa una minuziosa ricostruzione della campagna palestinese e delle città di Nazareth, Betlemme e Gerusalemme e ad ogni sguardo si possono notare dettagli sempre nuovi come lo scorrere delle acque dei fiumi, i campi coltivati, i rumori della campagna, le attività degli artigiani e così via.
Il percorso che il visitatore compie parte da Nazareth con le sue costruzioni ricavate dal tufo; qui la vita delle persone è semplice e tranquilla ed ognuno di loro svolge un mestiere antico ed umile come il taglialegna, il contadino o il fornaio. Successivamente il visitatore attraversa il povero villaggio di Betlemme per poi trovarsi di fronte alle maestose mura di Gerusalemme sorvegliate da numerose legioni di soldati romani. La città è ricca e immensa e su di una collina è stato addirittura riprodotto il famoso tempio di Salomone. La capanna dove nacque Gesù si trova a far da crocevia tra le diverse località e naturalmente il luogo è ancora deserto…  Dopotutto il 25 dicembre non è ancora arrivato!