giovedì 21 gennaio 2016

Sulle tracce dei popoli delle Grandi Pianure: visita alla mostra sui nativi americani

Di Laura Libardo
A Cura di Enrico Longarini

Visitare la mostra degli Indiani Lakota è stato un po’ come entrare in un’altra epoca e in un’altra terra. L’America  della fine del 1800. Durante la visita alla mostra di Cecina che la Fondazione Culturale Geiger aveva organizzato, abbiamo sia potuto osservare da vicino la vita degli indiani Lakota sia apprendere come la convivenza pacifica e l’amore fossero elementi imprescindibili di ogni tribù. La ritualità e le funzioni come il matrimonio rivestivano un ruolo di grande importanza e i principi che regolavano la comunità erano semplici e legati in maniera simbiotica con la natura la quale era venerata come una divinità. La spiritualità de i Lakota era molto grande, tutto si trovava in armonia con il Creato e con il Grande Spirito e Grande Mistero che permea tutto l’ Universo, creatore e esecutore di tutte le cose. Noi Occidentali abbiamo perso questo rapporto con la natura a causa del ruolo di centralità che l’Uomo ha rivestito e tutt’ora riveste nelle società cattoliche;  la natura è divenuta solamente una schiava dell’Uomo alla mercé delle sue vanitose esigenze inutili e passeggere.

Gli Indiani Lakota abitavano le “Grandi Pianure” al centro dell’America, terre che, prima dell’arrivo dell’uomo bianco, vivevano tra equilibrio, caccia, sviluppo, cultura e spiritualità. La venuta degli occidentali turbò completamente la stabilità di quei territori e i grandi bisonti che là abitavano furono tra le prime vittime della sua insensata sete di potere. C’erano circa 60-70 milioni di questi grandi animali e le loro carni e pelli erano usate in minima parte per il sostentamento da parte dei nativi, ma la presenza dell’uomo bianco li portò quasi all’estinzione. I Lakota invece avevano imparato ad apprezzare ciò che la natura offriva loro e del Bisonte utilizzavano tutto, affinché ogni singola parte del corpo non andasse sprecata. Il Bisonte diveniva così uno strumento per nutrirsi, con i suoi zoccoli si costruivano armi e strumenti musicali, le sue pelli divenivano foderi, indumenti e soprattutto erano il materiale che i Lakota utilizzavano per edificare le loro celebri abitazioni a cono semi stanziali, i tepee.
Alcuni sostengono come sia stato il concetto di Proprietà ad aver diviso i Bianchi Occidentali dagli Indiani d’America. La terra degli Indiani non fu mai concepita come una proprietà dell’Uomo che potesse essere recintata, perché acqua, terra , alberi e animali erano doni e beni della collettività. Doni da  amare di cui non si doveva abusare. I colonizzatori, dal canto loro, si sentivano legittimati a sfruttare al massimo il territorio scoperto e non si curarono mai della presenza degli indiani. Di lì a poco li avrebbero infatti ingannati con patti e false promesse, combattuti e uccisi considerandoli inferiori e pagani, emarginandoli poi in riserve lager prive di sostentamento, terra, identità e cultura.
Le battaglie che coinvolsero i nativi e i colonizzatori durarono quarant’anni perciò l’unica alternativa per gli Indiani a combattere una battaglia troppo grande per loro fu per molti quella di piegarsi alle leggi e perdere  la propria identità. Così tutti, vivi o morti, furono costretti a cadere di fronte all’uomo bianco.
Oltre la loro grande storia, ciò che mi ha colpito notevolmente è stato come tra le culture dei nativi non vi fosse alcun tipo di ostracismo sociale e come il “diverso”, come poteva essere il pazzo o l’omosessuale, fosse considerato al pari di una persona come un’altra dotata però di altre capacità. L’omosessuale ad esempio possedeva due anime distinte, quella maschile e quella femminile e questa solenne diversità era concepita come un veicolo per la comunicazione con il sacro.

“Gli alberi sono le colonne del mondo , quando gli ultimi alberi saranno stati tagliati il cielo cadrà sopra di noi.”

Proverbio Lakota

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