lunedì 27 aprile 2015

In un nuovo paese

Di Mykola Pokalyuk
A cura di Enrico Longarini

Salve sono Mykola e sono un cittadino ucraino. Sono nato nel 1984 e fino ad alcuni anni fa ho vissuto in Ucraina. Nel 2008 decisi di trasferirmi qua in Italia poiché i miei genitori e il resto della mia famiglia abitavano nelle città di Piombino e di Livorno. Molti, comprensibilmente, hanno paura di trasferirsi da uno stato all’altro, io dal canto mio non ne avevo perché sapevo di poter contare sulla mia famiglia, la quale ero certo mi avrebbe accolto; inoltre ero molto esaltato all’idea di entrare in una nazione europea. Da quando sono arrivato quaggiù vivo con i miei genitori e poiché sono separati trascorro periodi a Piombino da mio padre ed altri a Livorno da mia madre. Al mio arrivo sapevo che avrei riscontrato delle notevoli differenze rispetto al mio paese di origine, come ad esempio il fatto che l’euro fosse una moneta ben più potente della valuta ucraina, la grivnia, ma d’altro canto non mi aspettavo di rimanere piacevolmente sorpreso dai comportamenti molto educati delle persone che ho incontrato in Italia e dall’efficienza delle sue istituzioni sociali.
Giunsi in Italia dopo un lungo viaggio in macchina, ma dato che ero sprovvisto di documenti la mia entrata nel nuovo paese fu poco rilassata. Alla stazione di Genova, come se non bastasse, fui fermato e trattenuto dalla polizia ferroviaria, semplicemente perché avevo sbagliato a prendere un treno; le autorità provvidero così a controllare la mia identità via computer. Fortunatamente nella tradizione ucraina ogni persona possiede tre differenti nomi e dato che alcuni figli hanno i primi due identici al padre, la polizia della stazione riuscì a verificare piuttosto velocemente la mia identità così mi lasciò andare. Arrivai così alla stazione di Livorno dove trovai mio padre che mi stava aspettando ed insieme ci dirigemmo verso Piombino. Non vedevo la mia famiglia da circa un anno perciò fummo tutti felici di avere di nuovo l’opportunità di stare di nuovo insieme.
La situazione nel mio paese al momento è molto delicata: la celebre rivoluzione del 2014 portò dissapori tra l’intera popolazione ucraina e sfociò poi nella guerra che ebbe inizio il 6 aprile dello stesso anno; la nazione era divisa in due fazioni, una separatista che cercava l’indipendenza dal governo ucraino e che desiderava entrare a far parte della Russia e l’altra che mirava all’unità nazionale e ad un avvicinamento all’Unione Europea. La guerra è tuttora in atto e non accenna a terminare, in aggiunta la Russia continua a sostenere con mezzi economici e militari i separatisti, per questo l’Ucraina e tutta la sua popolazione in questi anni alterna fasi di guerriglia a periodi di pace, i quali, seppur per poco tempo, riportano la nazione a respirare. Qui a Livorno ho avuto la fortuna e l’opportunità di svolgere un lavoro di volontariato presso la Misericordia di via Verdi. Questa occupazione mi ha permesso di aiutare chi aveva bisogno del nostro aiuto fornendo loro i più svariati servizi sociali e, oltre a darmi una grossa soddisfazione personale, posso dire di aver conosciuto molte persone con le quali ho legato e istaurato un buon rapporto. Ad oggi mi rendo conto di essere molto felice di abitare qua in Italia vicino a tutta la mia famiglia e alle persone con cui mi trovo bene. 

lunedì 20 aprile 2015

Preparando Naturalmente Uguali. Tu sei una persona a cui piace stare in solitudine, ma non sei una persona sola.

Dell'Istituto Ceccherelli di Piombino
A cura di Enrico Longarini 

Spesso l’essere costretti a doversi confrontare quotidianamente con lo stesso ambiente e con le stesse persone può far sì che noi studenti percepiamo la scuola come un’essenza onnipresente che ci osserva e ci perseguita in continuazione, sia dentro che fuori la sede scolastica.
La scuola è per eccellenza il luogo dove nasce il giudizio; al suo interno infatti ogni studente riceve valutazioni da parte degli adulti e degli insegnati, ma allo stesso tempo diviene oggetto del giudizio dei suoi compagni. L’opinione degli altri, soprattutto quella dei propri coetanei, riveste un ruolo di fondamentale importanza poiché rappresenta, data la routine ciclica nella quale siamo inseriti, l’elemento con il quale ci dobbiamo confrontare quotidianamente affinché ci si possa sentire adeguatamente accettati . Solitamente la prima impressione che riceviamo di una persona, per quanto superficiale, arriva a condizionare tutti i nostri giudizi nei suoi riguardi, per questo apprezziamo molto il fatto che un insegnante possa riuscire a non fossilizzarsi su di essa, che modifichi il suo assetto emotivo e che nel caso cambi opinione nei confronti di uno studente che inizialmente poteva aver mal-giudicato. Il pregiudizio in realtà è solamente un modo di vedere e conoscere il mondo e l’importante, affinché la nostra opinione non sia mal-costruita e ci conduca a conclusioni errate, è che esso non rimanga statico, ma si mantenga dinamico.
Alla luce di ciò, è possibile riuscire stare bene da soli e scindersi completamente dal giudizio altrui? È possibile stare bene da soli ma questa condizione si pone all’interno di una relazione con altre persone:  in sostanza si è soli, ma soltanto rispetto agli altri. L’essere umano ha una natura prettamente sociale perciò parlare di isolamento significa parlare di uno stato mentale che non gli appartiene. La solitudine allo stato puro significa malessere e porta chi la prova ad impazzire e spesso anche alla morte: essa è bella quando sai di poter contare sull’aiuto di qualcuno che ti è vicino, ossia quando sei consapevole del fatto che  sia una scelta e non una condanna. Almeno una volta nella vita tutti ci siamo sentiti soli e isolati, ma spesso basta rendersi conto che accanto a noi abbiamo sempre qualcuno pronto ad ascoltarci e con il quale possiamo confidarci, siano essi i familiari, gli amici o persino il nostro compagno/a di banco. Per quanto solitari ed introversi possiamo essere il solo semplice desiderio di voler accanto qualcuno a cui raccontare cosa ci è successo il giorno prima ci dovrebbe dimostrare concretamente come in realtà nessuno cerchi la solitudine ed il completo isolamento. “Tu sei una persona a cui piace stare in solitudine, ma non sei una persona sola”.

lunedì 13 aprile 2015

Mai sottovalutare un malessere

Di Marco Tamburini
A cura di Enrico Longarini

Durante il periodo tra febbraio e marzo del 2014 ebbi attacchi particolarmente forti di vomito e nausea così, nonostante il breve lasso di tempo, nel giro di pochi mesi mi recai per ben quattro volte al pronto soccorso di Livorno. Lì fui visitato dai medici che però dopo solo alcuni esami mi rispedirono a casa senza che fossi ricoverato; il personale, a mio avviso molto superficiale, non riteneva infatti la mia condizione così grave da ricoverarmi.
Poco tempo fa però i vecchi sintomi si sono nuovamente presentati. Per quest’anno l’Associazione Mediterraneo aveva organizzato una visita all’acquario di Genova  così io, entusiasta di questa opportunità, mi sono unito molto volentieri alla gita. Il 14 marzo  ci siamo così diretti verso Genova. Già prima di partire però mi ero reso conto di non sentirmi bene e durante la visita all’acquario il malessere si è manifestato con tutti i suoi sintomi: cominciava a mancarmi l’aria, avevo giramenti di testa, nausea e vomito, così appena ne ho avuto la possibilità sono uscito dall’acquario per evitare di rimettere all’interno della struttura. Mi sentivo così  male che i miei accompagnatori hanno avvertito un addetto dell’acquario il quale ha prontamente chiamato il 118. Sono stato accompagnato al di fuori dell’edificio tramite le uscite di emergenza e lì ho atteso i soccorsi. Non appena l’ambulanza è arrivata sono stato condotto all’ospedale Galliera di Genova. Lì, dopo essere stato portato al pronto soccorso, sono stato scrupolosamente visitato e dopo i dovuti accertamenti, vista la gravità della mia situazione, i medici hanno ritenuto opportuno ricoverarmi. Il periodo di degenza è durato ben due settimane e alla fine sono stato dimesso. Sfortunatamente però non mi sono ristabilito completamente e sono tuttora costretto a fare delle visite di accertamento presso l’ospedale di Livorno per il quale però nutro poca fiducia. Personalmente ho trovato il personale medico dell’ospedale Galliera di Genova molto attento, diligente, disponibile e gentile nei miei confronti; nel momento del bisogno mi sono stati vicini e mi hanno aiutato molto a ristabilirmi. 

venerdì 3 aprile 2015

Preparando Naturalmente Uguali. Oltre la barriera dei preconcetti



dell'istituto Colombo di Livorno
A cura di Enrico Longarini

Foto di Giuseppe Bognanni
Pina è una ragazzina di sedici anni che soffre a causa di una voglia particolarmente vistosa che ha sul seno. I difetti fisici, durante l’età adolescenziale, possono creare un forte imbarazzo nei ragazzi e nelle ragazze ma dato che sono molto comuni, Pina come tanti altri suoi coetanei, dovrebbe trovare il modo di reagire e combattere questo suo timore: se assecondato infatti esso rischia di aggravarsi e portare a situazioni di disagio ben peggiori come l’isolamento o problemi di natura mentale. Pina teme di non riuscire più ad essere percepita come “normale”, ma se riflettiamo attentamente un attimo forse possiamo renderci conto che in fondo ognuno è normale a modo proprio. Il problema sta nel fatto che la società d’oggi tende a creare dei canoni nei quali rinchiudere le persone definendo così concetti quali “normalità” o “bellezza”, conseguentemente il non rientrare in queste categorie porterà il soggetto ad essere percepito come deviante e diverso e questo lo condurrà ad un’inevitabile emarginazione. Tutti bene o male, almeno una volta nella vita, siamo stati giudicati dagli altri, tuttavia indipendentemente dal giudizio e nonostante la nostra consapevolezza nel sapere che chi non ha vissuto quello che stiamo provando non potrà mai capire il nostro dolore, in certe situazioni dovremmo chiedere aiuto a chi ci sta attorno: a coloro che ci vogliono bene. Riguardo Montioni, dato che la nostra classe ha già vissuto più volte negli anni scorsi questa esperienza, possiamo sinceramente testimoniare come questa gita di pochi giorni , oltre ad essere un’ottima occasione per rigenerarsi e rilassarsi, possa rivelarsi un mezzo per abbattere le barriere del pregiudizio che circondano chi ha o ha avuto problemi di natura mentale. Non è raro infatti che in città capiti di vedere le persone con cui abbiamo vissuto e di fermarsi a parlare con loro; a volte ci siamo addirittura sentiti per telefono!

Preparando Naturalmente Uguali. L'importanza di reagire

dell'Istituto Mattei di Rosignano
A cura di Enrico Longarini

Al giorno d’oggi è frequente che si verifichino casi in cui i ragazzi vengono presi in giro o che si trovino talmente scoraggiati dalla condizione che stanno vivendo da perdere la voglia e la forza di compiere le azioni più normali quali andare a scuola o semplicemente uscire di casa; in questi casi e molti altri, la causa può derivare dal fatto di non riuscire a sentirsi adeguati al contesto in cui siamo inseriti e l’effetto che ne consegue può essere l’esclusione o perfino l’autoesclusione. Il  motivo è che nella società contemporanea, e soprattutto nelle scuole, l’omologazione la fa da padrona. Pina, la ragazza del testo che abbiamo letto, sta affrontando i tipici problemi che sorgono durante la crescita e l’adolescenza; questo infatti non è solo il periodo in cui si iniziano a notare i propri difetti, ma anche il momento in cui li si osserva con maggiore occhio critico, dato che il più delle volte sono gli altri che spesso e volentieri ce li fanno notare. Infatti, sebbene la protagonista stia vivendo una situazione di malessere provocata da un difetto fisico, il suo disagio è di natura mentale. Ciò che la turba non è solo il sentirsi giudicata dagli altri, ma il sentirsi mal-giudicata dai compagni di scuola; i coetanei infatti rivestono una fondamentale importanza nello sviluppo di un/un’adolescente, quindi, per quanto sia difficile, Pina dovrebbe ignorare i giudizi di chi si burla di lei, reagire e riflettere su se stessa. Non crediamo che la protagonista soffra di gravi disturbi di salute mentale, ma solo che gli avvenimenti l’abbiano investita con una tale forza da scoraggiarla, ma riteniamo che la cosa potrebbe aggravarsi se Pina non reagisse e ad esempio si rinchiudesse in casa. I racconti di alcuni nostri conoscenti, che possono come Pina non riuscire a vivere un rapporto armonioso con il proprio corpo, ci dimostrano come le situazioni di disagio mentale possano colpirci all’improvviso e indiscriminatamente, ma essi ci insegnano anche l’importanza che riveste l’aiuto degli amici e dei familiari nel riuscire a combattere questo malessere. Le strategie per contrastare l’isolamento sono molteplici e possono partire dagli altri che, con il dovuto tatto, cercano di aiutare chi ha un determinato disagio, o direttamente da chi sta male; noi pensiamo che quest’ultima alternativa sia preferibile e che dovrebbe essere proprio chi sta soffrendo a trovare il coraggio di attivarsi e parlare dei suoi problemi con i soggetti che gli sono più vicini come gli amici, i familiari o perfino gli insegnanti. Possedere salute mentale significa essere rilassato, tranquillo, riuscire a comunicare con serenità d’animo con chi ci sta attorno e stare bene con se stesso e con gli altri, in una parola: benessere fisico e sociale.


 



Preparando Naturalmente Uguali. Quanto ci condiziona il giudizio degli altri?


dell'Istituto Marco Polo di Cecina. 
A cura di Enrico Longarini

Leggendo il testo “La Pina” il concetto principale che emerge è quello del pregiudizio e del conseguente stigma che viene affibbiato a chi viene percepito come diverso o fuori contesto; in questo caso lo stigma della protagonista consiste in un difetto fisico ed è lei stessa che, aspettandosi di essere additata da tutti come diversa, provoca il suo isolamento. Il suo problema fisico le crea disagio ed ha ripercussioni sulla sua salute mentale: la sua scelta di non tornare più a scuola per la vergogna è certamente esagerata, ma senz’altro comprensibile. Secondo noi la scelta migliore che Pina potrebbe fare dovrebbe essere quella di rimanere a casa per qualche giorno per avere il tempo di calmarsi e riflettere sul problema, per poi tornare a scuola più tranquilla e rilassata. Pina infatti non deve rinchiudersi dentro se stessa bensì affrontare apertamente  il problema che la affligge. La sua condizione di malessere ha sì una causa fisica, ma trova espressione in un disagio che è essenzialmente di natura mentale. Pina sente di essere diversa dai suoi compagni e questo, oltre ad arrecarle sofferenza, fa sì che sia lei in prima persona a determinare la sua emarginazione. Come Pina ognuno può trovarsi a vivere una situazione che può farlo stare male ed i motivi possono essere molteplici: ad esempio il non riuscire a sentirci a nostro agio nell’ambiente che ci circonda, il non vedersi riconosciuti per quello che in realtà ci sentiamo di essere o magari, cosa che spesso ci spaventa, il timore del giudizio degli altri (soprattutto dei nostri coetanei). Al giorno d’oggi si è ormai abituati a giudicare, ma anche ad essere giudicati, senza che si conosca veramente una persona e può capitare inoltre che gli altri, percependo un individuo come diverso, possano deriderlo e prenderlo in giro. Purtroppo, dato che il concetto di diversità ci viene imposto dalla società in cui viviamo, è molto difficile riuscire a contrastarlo ed è per questo che Pina dovrà fare un enorme sforzo per riuscirvi. La nostra opinione si basa su concetti meramente teorici e, naturalmente, ci rendiamo conto che il disagio fisico e mentale sia qualcosa che possa essere descritto e raccontato solamente da chi lo ha vissuto in prima persona: sarebbe sbagliato giudicare un libro solo dalla copertina. Nonostante ciò ognuno può attivarsi affinché questa vera e propria condizione di malessere possa essere arginata con sempre maggiore efficacia. Ad esempio, un aiuto che possiamo dare a chi soffre può consistere nel provare ad immedesimarsi in lui/lei stesso/a, così facendo potremo riuscire a comprendere al meglio le sue problematiche, l’aiuto di chi ci sta accanto infatti non è cosa di cui tener poco conto ma è di fondamentale importanza. Naturalmente non crediamo che il giudizio degli altri non sia importante, ma solo che esso debba condizionarci solo fino ad un certo punto; esso dipende soprattutto dal contesto e dalla situazione che ci troviamo a vivere, se per esempio veniamo giudicati “male” dai compagni di scuola per un certo indumento che indossiamo, possiamo tranquillamente ignorare i giudizi che non faranno altro che scivolarci addosso come acqua, ma se veniamo giudicati e additati per qualcosa che ha direttamente a che fare con la nostra personalità o il nostro comportamento, il giudizio degli altri diverrà inevitabilmente un pesante macigno che ci schiaccerà con tutto il suo peso. Questo mal-giudizio, che può provenire sia dagli adulti, come gli insegnanti che possono non riconoscere i nostri sforzi e darci un brutto voto, che dai nostri coetanei, che possono percepirci come diversi da loro, può farci stare male e intaccare la nostra autostima. Addirittura può capitare che gli altri ci impongano un ruolo e che si aspettino da noi determinati atteggiamenti, ma qualora noi dovessimo tenere un comportamento che non corrisponde alle loro aspettative potremmo trovarci a dover sostenere il peso di un mal-giudizio.

Salute mentale significa essere sereni con se stessi e con gli altri e per raggiungerla è fondamentale considerare gli altri nostri pari e vivere in un ambiente sano di relazione con gli altri e di rispetto. La nostra scuola ne è un esempio emblematico perché riesce ad attivare questo clima di benessere, infatti quando i nostri insegnanti si accorgono che qualcosa ci affligge non tardano a darci consiglio e ad aiutarci. La stessa cosa purtroppo non si può dire della città in cui viviamo, Cecina, che essendo un paese di limitate dimensioni, tende a bollare chi viene ritenuto “diverso” o “strano” e a giudicare le persone sulla base di informazioni superficiali e pregiudicando il contesto sociale nel quale l’individuo preso in considerazione è inserito. Chi infrange i contesti rischia di essere percepito come deviante.