Il film dei fratelli Frazzi, del 2004, appartiene a buon
diritto al nuovo post-neorealismo italiano. Essi, fin dal 1972 operavano nel
campo della regia teatrale, collaborando poi con la Rai dal 1975 per una serie
di fictions televisive.
Il loro primo lungometraggio è del 2000: Il cielo cade che
riscosse notevole successo di pubblico e riconoscimenti ufficiali.
Il nostro film Certi bambini, tratto dal romanzo
omonimo di Diego De Silva, si presenta con delle immagini di una periferia
metropolitana, oscura, dolente, degradata, infame, in mille ignobili case
sempre senza sole e cupe e con tanta, ….tanta sporcizia.
In fondo è solo la periferia di Napoli, ma potrebbe essere
quella di una caotica città sudamericana. Il film, meraviglioso e tagliente
come una lama, procede su di un doppio binario narrativo, quello materiale
scandito dalle fermate metropolitane nell'incedere lento del treno e quello
onirico che, nei ricordi di Rosario, bombo undicenne, compone e decompone le
trame di una memoria violata di sogni dolci e incantati o ruvidamente aridi,
nel bloccare ogni percorso, sogni stagnati e profanati nel loro candore,
violentati mentre scende l'ascensore verso l'inferno, quasi mai provvisto di vie
di fuga. E' vero, il bimbo accudisce amorevolmente una caramente bislacca nonna
anziana che ha fatto indigestione di Roipnol, frequenta Santino con situazioni
di coinvolgimento in azioni di libero volontariato.
Ma in questo inferno di disperazione e di orrore, la porta
si spalanca anche all'angelo vischioso del male, Damiano, giovane viscidamente
corrotto che lo introduce, in qualità di psicopompo, come novello iniziato ad
antichi misteri, all'addestramento per diventare da figlio delle puttane e della
strada, figlio della camorra e della 'ndrangheta organizzata e del crimine, un
vero uomo.
Rosario già conosce le bravate sull'autostrada insieme agli
amichetti, in prove di competizione, gesti estremi di bullismo e stalking, i
ruoli paradisiaci ed artificiali in cui il bimbo rende culto all'uomo che
ancora non è conducendo una vita disagiata tra adulti malfamati, in bande
organizzate da marci e violenti pedofili ai fini di una rete operativa pronta a
qualunque atto di sadismo, con perversioni che intrecciano il piccolo al grande
crimine.
Ogni passo sulla strada di una infame dietrologia, ha un
prezzo e Rosario cede poco a poco alla iniqua civiltà di chi si sente grande ed
importante, i senza legge, veri demoni di un mondo capovolto, figlio e padre
del male.
Non servirà anche l'innamoramento di una giovane
baby-prostituta la cui maitresse è la madre stessa che prepara il caffè ai
clienti giovani e non giovani in attesa, incinta, che morrà per un aborto mal
concepito, e “curato” da non medici senza scrupoli. Dopo quest'ultimo schiaffo
che il destino gli riserva, Rosario si allontana, spinto e per scelta obbligata
nel deserto di coloro cui l'anima viene uccisa, misero deserto, povero deserto
di morti, verso il suo primo omicidio condotto con efferatezza e senza sensi di
colpa, con mano e mente ferma e spedita. La sua iniziazione alla meravigliosa
civiltà degli adulti è ora completa e già in parte consumata.
Assistiamo così ad una ansimante corsa, senza redenzione, in
cui il dolore è padre e figlio e nonno e nipote e madre di se stesso e in cui
ci si vergogna di essere uomini civili.
Cosa possiamo dire ancora?
Il film illumina crudamente l'infanzia rubata, il furto
immondo dell'innocenza, la profanazione di un piccolo tempo, dolce e fuggente,
di una fantasia pulita e fatata, empiamente ribaltata nell'ebbrezza fredda e
calcolata dell'omicidio consapevole e della criminalità organizzata e di stato.
La società, noi tutti, abbiamo miseramente fallito e vanno
in culo le programmazioni sociali e gli impegni di Renzi, la lotta alla mafia
ed il prossimo governo.
…Rosario può andare a giocare pallone con i coetanei, lui figlio, come i
nostri figli, senza illusioni, senza speranze, senza domani..., ma il
pallone...
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