Di Alessandro Lenzu
A cura di Enrico Longarini
Salve a tutti, mi chiamo Alessandro, ho 34 anni e mi trovo a
scrivere qua per parlare a tutti voi delle esperienze che ho affrontato durante
la mia vita; i miei problemi con la salute mentale iniziarono circa due anni fa
mentre mi trovavo a Pontedera per lavoro insieme ad un mio collega.
Improvvisamente fra di noi scattò una lite, una discussione talmente accesa che
degenerò al punto tale che il mio compagno di lavoro se ne andò con la sua
macchina lasciandomi solo e senza mezzi per poter tornare a Livorno. Mi trovai
così costretto a dover trascorrere la notte presso la stazione di Pontedera e
là, fra i binari deserti, ebbe inizio il mio incubo. Terrificanti visioni di
diavoli e di creature demoniache cominciarono a prendere forma, mi circondavano
e sembrava proprio che quegli esseri fossero emersi dalle più profonde gole
dell’abisso per tormentarmi. La loro presenza mi accompagnò per tutta la notte
così al mattino, terrorizzato e stordito dai miei incubi notturni e inconscio
del pericolo che mi apprestavo a correre, mi diressi a piedi verso la
superstrada. Durante il mio cammino il caso mi fece incontrare due miei
colleghi di lavoro i quali, vedendomi sperduto e disorientato, si offrirono di
accompagnarmi a prendere un caffè, tuttavia nonostante la loro cortese offerta,
la loro stessa presenza mi faceva sentire braccato ed in trappola, perciò
rifiutai e proseguii il mio cammino lungo la superstrada. Dopo alcuni
chilometri mi imbattei in una pattuglia della polizia che non esitò ad
ammanettarmi e ad arrestarmi. Da lì fui condotto al reparto Decimo di Livorno
dove trascorsi circa sei mesi. Nonostante la monotonia della vita quotidiana,
la mia permanenza al reparto Decimo interruppe le mie infernali visioni così,
al termine del periodo di degenza, feci ritorno a casa mia dove vivevo con mio
padre. Passai con lui otto mesi e in questo lasso di tempo, sebbene solamente
di notte e in modo più discontinuo, i miei orrendi incubi tornarono a
tormentarmi. La situazione per me era divenuta ingestibile, le visioni si erano
impadronite della mia vita e in questo periodo raggiunsi l’apice del mio
malessere.
Una mattina come tante scesi dal letto e anziché trovarmi di fronte
mio padre al suo posto vidi il Diavolo, il male incarnato, così in preda al
panico e al terrore afferrai un coltello e non esitai a pugnalarlo al ventre. Nonostante
la ferocia dell’attacco per fortuna mio padre riportò solo qualche lieve danno,
così, non appena il dolore della ferita glielo permise, chiamò la polizia.
Appena arrivati gli agenti non solo si occuparono di mio padre, ma si accorsero
anche del sangue che sgorgava dalla mia mano, di conseguenza non tardarono a
condurmi in ospedale dove fui subito operato; durante l’aggressione infatti non
solo avevo ferito mio padre ma mi ero anche tagliato il tendine della mano.
Dopo questa vicenda fui nuovamente portato al reparto Decimo dove trascorsi
all’incirca dieci mesi al termine dei quali fui trasferito all’istituto
Graziani presso il quale abito tuttora. Qui mi trovo molto bene, il cibo è
ottimo, le persone splendide e il personale è sempre disponibile. Riuscii a
vedere di nuovo mio padre al processo, cinque mesi dopo l’aggressione, ma fra
di noi ci fu solo un breve scambio di saluti. Per quanto riguarda la mia
famiglia non ho mai intessuto legami profondi con i miei parenti e l’unico che
mi è stato vicino fu mio fratello il quale spesso viene a farmi visita con un
mio amico: insieme ci troviamo sovente a chiacchierare e dialogare del più e
del meno. Ad oggi, oltre a lavorare come piastrellista (lavoro che mi porta molte
soddisfazioni) due volte alla settima svolgo attività di ippoterapia: pulire,
strigliare e accudire sia cavalli che pecore si è rivelata un’esperienza molto
bella e rilassante che mi ha aiutato e che mi fa sentire bene. Vorrei
concludere la mia storia con ciò che la mia esperienza mi ha insegnato e cioè
che al mondo il male, nella sua essenza più pura, esiste veramente e si
manifesta continuamente nel timore che qualcuno possa far del male a noi o a
chi ci sta accanto, tuttavia se riflettiamo attentamente possiamo renderci
conto di come il male non abbia una vita propria, ma si rivela solamente se
siamo noi ad alimentarlo. Siamo noi che creiamo il male e siamo noi che
possiamo distruggerlo.
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