Di Enrico Longarini
Come ogni anno il soggiorno a
Montioni porta con sé lunghe escursioni nella natura, navigate per mare e
momenti di svago e distrazione dalla routine quotidiana. Nonostante ciò,
obiettivo primario del progetto rimane quello di favorire l’unione e l’integrazione
tra persone che hanno sofferto di alcuni disturbi di salute mentale e gli
studenti delle scuole superiori di Livorno e Provincia affinché sia perpetrato
e alimentato quel processo di lotta allo stigma sociale che personalità ben più
importanti di noi hanno portato avanti nel corso della storia.
Quest’anno ho avuto modo di
partecipare per la seconda volta a questa esperienza, ma a differenza della
precedente, stavolta mi sento obbligato ad avanzare alcune critiche; tenuto
sempre presente l’obiettivo principale che il progetto dovrebbe perseguire
credo che quest’anno l’esperienza di soggiorno a Montioni non sia riuscita a
svolgere appieno il suo compito di unificazione. Certo, vi sono stati problemi
legati alla logistica che non hanno facilitato il compito delle aspiranti guide
e momenti in cui qualche utente non si è sentito bene (aspetto naturalmente
drammatico, ma che può aver reso gli studenti più consapevoli del disagio che
alcune persone provano durante la loro vita), nonostante ciò credo che il problema
principale sia stato la relazione utenti-studenti. Personalmente ho riscontrato
evidenti difficoltà sia da parte degli utenti che degli studenti ad allacciare qualsiasi
tipo di legame o rapporto sia fuori dalla struttura che dentro, ovvero sia
durante lo svolgimento delle attività che durante i momenti di riposo, così ho
ascoltato ciascuna delle due parti al fine di evidenziare la causa di tali
problematiche. Ciò che subito è emerso è stato il fatto che entrambi rilevassero
nella differenza di età tra studenti ed utenti la ragione principale delle
difficoltà a relazionarsi, i primi non sapevano come comportarsi con persone
adulte (e percepite a mio avviso come “diverse”), mentre i secondi temevano di
non sapersi relazionare con ragazzi molto più giovani di loro e magari di
annoiarli con le loro storie.
Per quel che mi riguarda ritengo che
ciascuno abbia commesso degli errori (se di errori si può parlare), ma con
tutto il rispetto mi permetto di criticare, naturalmente a fin di bene, gli
utenti che hanno trascorso con me questo turno a Montioni. Ci troviamo ad avere
a che fare con ragazzi giovani di conseguenza è necessario, affinché la
relazione produca benessere e salute, che i primi ad essere “giovani” siate
proprio voi. Essere giovani significa essere attivi e intraprendenti; come
possiamo anche solo sperare che un ragazzo o una ragazza adolescente si
avvicini a noi se ci vede costantemente svogliati e annoiati? Non facciamoci
ingannare, l’essere giovani non dipende esclusivamente dalla nostra età, esso è
una condizione mentale, inoltre mantenendoci energici ed attivi possiamo
riuscire a costruire sani rapporti con chi ci sta attorno, siano essi i nostri
amici più cari, che dei ragazzi che non abbiamo mai visto prima. Essere giovani
è salutare per se stessi e per gli altri.
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