lunedì 18 maggio 2015

Arnaldo, l'elfo dei boschi

Di Arnaldo Chimenti
A cura di Enrico Longarini

Molti anni fa vivevo da solo nei pressi della Valle Benedetta e spensierato vagavo tra la fitta macchia di quei luoghi silenziosi. Oggi abito sempre laggiù ma convivo con mio padre; lui è sempre stato un tipo impetuoso, e non mancava mai di portarsi appresso il suo amato fucile. Ogni giorno mi accusa di essere troppo pigro per cui è spesso adirato con me. Il nostro rapporto è sempre stato travagliato e negli anni abbiamo avuto vari conflitti, ma una volta con quel suo dannato fucile vomitò tutta la sua rabbia ed io rimasi vittima del suo fuoco. Scrissi “Il Cinghiale Ferito” dopo questo tragico evento.

Il Cinghiale Ferito

Il cinghiale ferito sta correndo nella macchia,
vittima del laccio che fu posto alla pozza,
lui che era in pace in casa sua
adesso ha l’uomo alle calcagna,
il cacciator col cane lo rincorre
fra querce, lecci e biancospini,
esso sa che l’uomo è cattivo
già due anni fa ha conosciuto la sua mano
e la pace della macchia è rotta dal fucile
di un uomo che non sa capire.

Ascolta il brano: Il Cinghiale Ferito

Come ho già detto i dissidi con mio padre non sono mai mancati e anni fa arrivò addirittura a portarmi via mio figlio ; in quell’occasione scrissi il seguente brano paragonando mio padre a re Erode, il barbaro sovrano protagonista della strage degli innocenti.

Dai Erode uccidici tutti,
Siamo come dei bambini
E saremo trucidati e crocefissi
Per la nostra colpa, per amore
Di una creatura innocente.

Fin da quando ero più giovane ho sempre avuto un’anima solitaria e mi sono trovato spesso a cantare, suonare e a comporre musica con la mia chitarra da solo nel bel mezzo del bosco; rivolgevo le mie parole agli alberi, agli animali e ad ogni singolo elemento di quella natura che mi circondava e nella quale ero totalmente immerso.
Una volta mi è addirittura capitato di vedere alcune strane creature nel bosco: non saprei dire se fossero uomini o chissà cos’altro, ma di una cosa posso essere certo, loro come me si trovavano nella foresta per il mio stesso motivo, cercare e ritrovare se stessi. Il bosco della Valle Benedetta è un posto magico, è casa mia e prima che mio padre venisse a vivere con me stavo bene circondato solamente dagli alberi e dalle colline. I rami erano il tetto sotto al quale mi riparavo, il vento tra gli alberi la musica che ispirava le mie melodie ed il terreno coperto di foglie un soffice tappeto sul quale spesso mi sono adagiato e sopra al quale, abbracciato dal verde della natura, ho fatto l’amore.

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