Di Mykola Pokalyuk
A cura di Enrico Longarini
Quest’anno abbiamo avuto il piacere
di trascorrere alcuni giorni all’insegna del kayak con dei ragazzi norvegesi
provenienti da Kristiansand. Martedì 19 maggio siamo così andati a prendere i
nostri ospiti all’aeroporto Galilei di Pisa poi subito dopo ci siamo tutti
diretti a san Vincenzo dove abbiamo cenato insieme. Più tardi, a sera inoltrata,
tutti quanti, quasi una decina di persone, siamo saliti sulla barca a vela che
il giorno dopo avrebbe accompagnato all’isola d’Elba il gruppo di norvegesi; io
e Nicola l’autista abbiamo invece preso il furgone con i kayak e lo abbiamo
portato sull’isola d’Elba con il traghetto. Giunti sull’isola abbiamo
provveduto a procuraci tutti gli alimenti di cui avremmo avuto bisogno durante
i giorni seguenti e successivamente siamo andati a recuperare Carlo, la nostra
guida ambientale, al suo laboratorio perché dovevamo trasportare i kayak alla
spiaggia da cui saremmo partiti. Io e gli autisti abbiamo pranzato in un
ristorante di Rio Marina mentre il gruppo di norvegesi a differenza nostra è
sempre rimasto sulla barca a vela, persino per il pranzo. Siamo saliti per la
prima volta sui kayak la mattina seguente e da lì è iniziata la nostra
esperienza. I norvegesi abituati alle sfide che il kayak riserva hanno subito
dimostrato la loro grande abilità mentre io, poco allenato e non avvezzo a
remare per lungo tempo, mi sono stancato piuttosto in fretta e come se non
bastasse dopo quasi un’ora di remate il mare ha cominciato a farsi sempre più
mosso rendendo le pagaiate sempre più faticose. Ogni colpo di remo richiedeva al mio
corpo una fatica immane portandomi quasi allo sfinimento e sfortunatamente nei
momenti in cui riuscivo a distrarmi dalla fatica, in me si faceva sempre più
viva la paura di quelle grosse onde che circondavano il mio piccolo kayak. Temevo
seriamente che l’imbarcazione potesse ribaltarsi, speravo quindi che ogni
promontorio che riuscivamo a raggiungere celasse dietro di sé la baia presso la
quale saremmo dovuti approdare, ma purtroppo ogni volta che riuscivamo a
“girare l’angolo” mi trovavo a intravedere in lontananza un nuovo promontorio
che poteva a sua volta nascondere il luogo del nostro arrivo: mi sembrava di
rincorrere qualcosa di infinitamente sfuggente e che il tragitto non dovesse
finire mai. Al termine di questa impresa siamo finalmente riusciti ad approdare
nella baia, ma purtroppo il terreno impervio ed il mare mosso rendevano il
luogo difficilmente raggiungibile sia dai veicoli a terra sia dalle
imbarcazioni a largo.
Di fronte a queste difficoltà e al nostro bisogno di
nutrirci per il pranzo è intervenuto in nostro aiuto Paolo Pini che,
raggiuntici con la sua barca a vela, ancorata la sua imbarcazione a largo, ha
calato in mare dei contenitori stagni (con il nostro pranzo al loro interno)
che sono stati recuperati da due ragazzi norvegesi che, sfidando le forti e
continue correnti, li hanno raggiunti a nuoto. Successivamente mi sono reso
conto di quanto fosse stato faticoso e sfiancante per me remare per due ore e
mezza così, dato che le ventiquattro ore seguenti prevedevano un’intera
giornata all’insegna del kayak, ho preferito rinunciare e tornare a Livorno. Nonostante
ciò ho trovato molto piacevole la compagnia dei ragazzi norvegesi che ho
trovato molto simpatici e con cui spero un giorno di poter replicare questa
esperienza… magari quando sarò un po’ più allenato.
Speriamo che le nostre onde ci portino verso i lidi dei nostri desideri...
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