mercoledì 11 ottobre 2017

Ricordi

Di Meri Taccini

Anni fa, quando ancora ero giovane, mi trovavo spesso a pensare “che cosa farò quando sarò vecchia, quando il tempo sarò trascorso anche per me?”. Gli anni così sono passati lenti come le foglie d’autunno trascinate dal vento e mi hanno portato fino ad oggi, il giorno in cui alla fine mi sono sentita “vecchia” e in cui, guardando indietro nel passato, ho provato un grosso rammarico. Quando avevo diciassette anni nella mia testa si insinuò il tarlo della morte: dovevo morire e a qualsiasi costo, quindi senza esitazione uscii dal magazzino in cui lavoravo, mi diressi verso una farmacia e domandai quattro tubetti di optalidon da 25mg. Il farmacista senza batter ciglio mi consegnò i medicinali ed io, ottenuto ciò che avevo chiesto, me ne tornai al magazzino, presi una bottiglia d’acqua e iniziai a buttar giù tutto quanto. Caddi rovinosamente a terra e da quel momento, per i miei familiari, iniziò un vero e proprio incubo. Se il mio corpo esanime non fosse stato trovato solo dopo una mezz’ora per me sarebbe stata la fine. Immediatamente fui ricoverata in rianimazione, dove venni intubata e dove venni collegata a dei respiratori. Furono due giorni di coma profondo al termine dei quali, piano piano ritornai alla vita. Il professor Fontana, che mi aveva in cura, rimase con me notte e giorno perché non poteva sopportare che una ragazzina di appena diciassette anni dovesse morire e quando cominciai a respirare da sola e ad aprire gli occhi, vidi davanti a me il professore e alcuni infermieri con le lacrime agli occhi, perché nonostante tutte le difficoltà che si erano trovati ad incontrare erano riusciti a strapparmi dalla morte. Sebbene siano passati più di vent’anni davanti agli occhi conserverò sempre la contentezza di chi mi ha voluto bene ed ha lottato per me. Il professore oggi non c’è più ma se ci fosse, lo ringrazierei ancora di avermi salvata.

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