Il richiamo scorta e rischiara i suoi abissi, l’ombra
pullula di fantasmi dimenticati, nel loro vortice, volti che appaiono come
demoni fissi, inanimati senza alcuna sorte, si accingono creature non
ascoltate, costrette a morte, contorte restano immacolate, eterne e interrotte,
che la notte non le inghiotte rimanendo intatte senza alcuna via di uscita, si
godono e prendono la vita.
Che non perdano la rotta del loro mutamento, ci invitano
comunque ad addentrarci all’interno del cambiamento, nei vasti territori percuotendo
nuovi nomi sommersi che naufragano in scenari arditi del contenersi.
Mite e muta appare la realtà, innanzi a così tanta elevata, vasta, sommità, l’animo mansueto e privo di ragioni su sfondi di alienabilità, non è primo davanti a questo mistero di tanta atrocità.
Dentro ogni mare chi può spiegare dove si va, cosa si fa e
che fame si ha per divenire nell’aldilà esseri senza pietà, avanzando e
inglobando finché non è il primo davanti
a questo mistero chiamato cammino che nessuno qui ci insegnerà ad agire,
facendosi inglobare senza inibire, egli si piegherà solo innanzi agli occhi
dell’umiltà, alla cessazione dei tanti misteri e delle ostilità, fra tregua e
compromessi delle due polarità.
Il suo canto rimarrà fedele e soave per natura, sconfinata e
adiacente la calma è prematura, verità apparente che inganna, l’esistenza
interinante, va oltre misura, usura, ostinata e avvelenata, e non rilevante,
per condanna, avanza, precipitosa e avventata, impetuosa, la vita
nell’intempestivo ciclo di questa storia infinita e raccontata che per fine non
ha che nessuna altra via di uscita, che conta e non conta. In qual modo tutto
si rigira, mentre all’umano tangibile resta che la commozione funesta del suo
martirio e la sua vita estesa del sapere desta, imprigionato a sé stesso senza escamotage
rimanendo in testa.
Sara Friscia
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