mercoledì 2 marzo 2022

Schiuma di mare

Veglia sulle rive dei nostri istinti, per alcuni si spoglia solo di onde e cavalloni, per altri nelle calde e lunghe giornate d’estate, si celano dichiarando succinti abbagli e abbandoni, aspiranti allusioni.

Germogliano e farfugliano, fuggono imperterriti e intingendo indistintamente scoperti da ogni veste, la dove sorge e scorge la visuale della loro profondità e protetti da essa, come peste, respingono la coscienza unanime, priva di conflittualità che induce a facoltà, di veridicità e certezza alcuna, preserva ogni condotta buona, che si condona alla sua non placata e placida eterna luce perpetua, verità che apporta magnanimità consueta.

Il richiamo scorta e rischiara i suoi abissi, l’ombra pullula di fantasmi dimenticati, nel loro vortice, volti che appaiono come demoni fissi, inanimati senza alcuna sorte, si accingono creature non ascoltate, costrette a morte, contorte restano immacolate, eterne e interrotte, che la notte non le inghiotte rimanendo intatte senza alcuna via di uscita, si godono e prendono la vita.

Che non perdano la rotta del loro mutamento, ci invitano comunque ad addentrarci all’interno del cambiamento, nei vasti territori percuotendo nuovi nomi sommersi che naufragano in scenari arditi del contenersi.

Mite e muta appare la realtà, innanzi a così tanta elevata, vasta, sommità, l’animo mansueto e privo di ragioni su sfondi di alienabilità, non è primo davanti a questo mistero di tanta atrocità.

Dentro ogni mare chi può spiegare dove si va, cosa si fa e che fame si ha per divenire nell’aldilà esseri senza pietà, avanzando e inglobando  finché non è il primo davanti a questo mistero chiamato cammino che nessuno qui ci insegnerà ad agire, facendosi inglobare senza inibire, egli si piegherà solo innanzi agli occhi dell’umiltà, alla cessazione dei tanti misteri e delle ostilità, fra tregua e compromessi delle due polarità.

Il suo canto rimarrà fedele e soave per natura, sconfinata e adiacente la calma è prematura, verità apparente che inganna, l’esistenza interinante, va oltre misura, usura, ostinata e avvelenata, e non rilevante, per condanna, avanza, precipitosa e avventata, impetuosa, la vita nell’intempestivo ciclo di questa storia infinita e raccontata che per fine non ha che nessuna altra via di uscita, che conta e non conta. In qual modo tutto si rigira, mentre all’umano tangibile resta che la commozione funesta del suo martirio e la sua vita estesa del sapere desta, imprigionato a sé stesso senza escamotage rimanendo in testa.

Sara Friscia



 

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