mercoledì 19 aprile 2017

Una Serata danzando sotto il cielo stellato!

Di Luana Baldacci

Marina di Pisa, luglio, sabato 1954.
A Marina di Pisa, ,oltre ai parenti che mi avevano buttata fuori perché avevo il ragazzino più grande di me di tre anni (Gianni) e che mi avevano rispedita a Livorno dall'unica persona che odiavo da sempre "mio padre", fortunatamente avevo tanti altri parenti. Qui avevo mia nonna Olga, mio zio Renzo, sua moglie, zia Bruna, due cugini anzi tre, Stefania, Olghina e Patrizio Baldacci che non avevano niente in comune con il malefico fratello e figlio "mio padre" quindi io, il sabato sera andavo da loro ed ero felice di farlo perché con loro stavo bene. Ogni sabato che andavo là, andavamo a ballare al Circolo ricreativo del partito Socialista, gestito dalle mie care “ziette” e dal marito di una di esse, per far vedere a loro che io ero viva e vegeta, con tanta voglia di far loro vedere che in fin dei conti non mi importava niente di quello che loro pensavano di me! Era una sorta di rivincita che mi prendevo contro la loro cattiveria nei miei confronti e con la mia certezza che avrei ritrovato il mio Gianni. Tuttavia ciò non avvenne in quel periodo estivo. Quell'anno avevo compiuto sedici anni ed ero particolarmente in vena di divertirmi a più non posso e di non perdere nemmeno un ballo. Quindi per quel primo sabato di luglio, mi ero cucita un bel vestitino di raso, rosa acceso tendente al rosso, scollatissimo dietro, che mostrava le mie spalle scurite dal sole, sino alla mia vita sottile, la gonna corta davanti e più lunga dietro e mi sentivo bella con i miei lunghi capelli tirati indietro e fermati da un fiocco ricavato da una striscia del mio vestito e niente trucco, ero proprio me stessa in versione ballerina con sandali di vernice nera uguale alla pochette dove tenevo i miei soldi, le sigarette e le chiavi di casa. Io, mio zio Renzo e mia zia Bruna eravamo seduti in fondo alla sala con davanti un tavolincino con sopra le nostre bibite, quando improvvisamente entrarono nella sala tre americani, militari di Camp Darby, due erano bianchi mentre uno era scuro di pelle. Erano proprio tre bei ragazzi. Si sedettero al tavolino vicino a noi. Venne da me un ragazzo di Marina di Pisa, io mi alzai e feci i tre classici balli con lui. Ci conoscevamo e durante il ballo chiacchierammo e ridemmo allegramente poi facemmo i successivi tre balli e finiti questi mi riaccompagnò al tavolo dicendomi: «Sei proprio bella e brava, ciao a dopo Luana!» Sorrisi e gli feci ciao con la mano. Sentivo gli occhi dei miei parenti fissi su di me e questo mi divertiva e contemporaneamente mi infastidiva, ma niente di più. Ero bella, ero felice e gli andavo placidamente in tasca a tutti e quattro compresa mia cugina Paola, che ininterrottamente si sbaciucchiava in mezzo alla sala con il ragazzo con cui stava ballando. Ad un certo punto girai lo sguardo verso il tavolino degli americani che momentaneamente stavano bevendo una birra e ridevano contenti. Ricominciò la musica e due di loro (i bianchi) cominciarono a chiedere alle signore e alle ragazze di ballare con loro; così cominciarono a ballare li guardai e vidi le loro bianche camice appiccicate addosso dal sudore che significava che non erano al loro primo ballo, mentre il compagno di colore era ancora asciutto e cosi capii che lui non avrebbe ballato mai! Mi alzai di scatto dalla sedia e nonostante il richiamo di mio zio, andai verso di lui e farfugliando e facendomi capire a gesti gli chiesi di ballare con me. Lui mi guardò serio e si presentò. Si chiamava John, così io gli detti la mano e risposi tirandolo un po’: «Piacere Luana, voglio ballare con te!» Lui mi mostrò terrorizzato il viso (bellissimo) e disse: «Io nero, tu bianca...» 
Lo guardai diritto negli occhi e cosi per battuta dissi: «Viva la Juve...» E così lo feci alzare dalla sedia tirandolo verso la pista da ballo. Il primo ballo era lento, e vabbè, mentre il secondo fu un boogie woogie e la sala cominciò a svuotarsi. Io d’istinto pensai ed alta voce e dissi: «Quanto siete ipocriti e meschini!» Intanto io e il nero, (non troppo nero) ci scatenavamo in balli sfrenati, dal boogie woogie al rock latino americano che erano stati richiesti all’orchestra dai suoi due compagni che smisero di ballare per guardare me e John che, quasi senza fiato, ballavamo ininterrottamente i nostri infiniti e veloci balli. Io mi ero tolta i sandali con il tacco alto e nonostante gli arrivassi alle ascelle non persi un passo e stavo impazzendo dalla contentezza e cosi diventai lo scandalo di Marina di Pisa; ma a me non me ne importava niente, proprio niente. Ero giovane, ero bella, ero felice di tutto questo e non provavo nemmeno un po’ di vergogna pur sapendo che in quei balli scatenati le mie belle gambe di ragazzina ribelle erano state viste in tutta la sala. Fu una serata bellissima e non me sono mai pentita neanche un po’ perché non sono mai stata razzista e ipocrita come i miei parenti che andavano tutti i giorni a battersi il petto in chiesa!

Nessun commento:

Posta un commento