Il film di Robert Zemeckis: “Ritorno dal Futuro parte III” (Back to the Future part IIII) del 1990 è l’ultimo pargolo della fortunata trilogia, di cui il secondo è il meno felice.
Mai il film talvolta ansimante, la crepitante e sontuosa
ricetta di Zemeckis, si fa sentire pesante in molti dei suoi punti contorti, in
un montaggio che ha si dell’onirico, gravato però da situazioni spesso
incomprensibili.
Il regista è chiaramente da un’altra parte. Gli studi
prestigiosi e la frequenza di una tra le più importanti scuole di cinema d’America,
la University of Southern California, l’amicizia di grandi personalità del
mondo della letteratura, del cinema e della musica creeranno una miscela
veramente esplosiva per il giovane.
Fin dai suoi esordi egli sviluppò quella solare inquietudine
che ben presto prese tutti i sunti di un viaggio, non solo interiore e del
viaggio sicuramente operò come metafora per tutta la sua vita.
Con tutte le innovazioni che stavano invadendo il mondo del
cinema e con le più meticolose tecnologie egli rivestì i sogni trasparenti di
tempi arcani, perduti, sepolti sotto la polvere di soli e ricordi. E così si
osservano i propri limiti, la codardia di un io che non vuole tacere,
travestendosi di inganni tenebrosi, pur di tener sotto controllo l’ego e la
creazione. Eppure Zemeckis sapeva dell’inganno del tempo, di cui riconobbe la
natura illusoria e serpentina ed il tempo fratturò le sue opere, scavalcando
ieri, l’oggi e il domani. Contro la legge parmenidea egli sostenne la realtà
del non essere, contrapposta a quella dell’essere, entrambi però nient’altro
che inganni fatali. Egli colse accettando l’equivoco anche dell’altro e dell’oltre,
del sensibile, dell’immanente e del trascendente, ma non coniugò voci di
religione inchinandosi invece alla spiritualità sublime, alla legge di Ananke,
la legge , della necessità che tutto governa. All’eroe.
In questa conturbante dimensione egli soggiornava coltivando
estatiche fantasie e la fantasia si sposò con quelle metodologie di ripresa che
avevano fatto il loro ingresso nell’agone verso la fine degli anni ’80, quando
si comprese il valore del digitale nella creazione degli effetti speciali.
La originalità di Zemeckis sta nell’ aver indagato quanto
potevano essere spostate più in là le frontiere del cinema d’animazione,
introducendo una tecnologia in grado di creare nuove forme e modalità di vita.
A 360 gradi utilizzò la “motion capture” che da Zemeckis in poi prese il nome
di “performance capture”, preservando movimenti e recitazione dell’attore
fornendo un rivestimento digitale al medesimo, seguendolo nelle sue maschere interpretative. Il Blu
Screen e il Green Screen, basi del Croma- key, con le innovative soluzioni in 3
D IMAX, ampliavano e completavano le prospettive del Digital Play, non solo in
fase di Post Produzione, ma anche in tempo reale.
Zemeckis si concesse il lusso di poter scegliere o abbinare
il cinema on the road and studios a quello virtuale. Il suo Carusell di luci e
colori scandiva l’ultimo rintocco di mezzanotte. Ma il regista pur incline a
sollevar la magica scarpina di cristallo, illuminerà il cielo con le mille
diafane presenze di una proiezione di stelle. Laddove il sogno di Dio e degli
uomini si incontreranno, per la creazione di esseri senza peccato o colpa
originaria.
Rassegna Cinematografica presso
Rassegna Cinematografica presso
Associazione Mediterraneo
Giovedì 27 febbraio ore 15.30
Ritorno al Futuro III
Back to the Future III
movie 1985 di R. Zemeckis
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