Di Alba Spagnuolo
Conversare: discorsi che si svolgono fra due o più
persone; comunicazioni costanti che favoriscono la comprensione reciproca. Il
dialogare avviene a parole, ma anche attraverso la scrittura. Le parole non
sono il solo mezzo che abbiamo, per farci ascoltare.
Ascoltare: I sordi non lo possono fare!...Anzi, no!
Anche i sordi possono ascoltare le parole, magari con
un piccolissimo apparecchio acustico quasi invisibile, ma anche senza quell'ausilio
i sordi possono capire chi parla, con gli occhi, magari leggendo frasi o parole
omesse dall'interlocutore osservando i suoi movimenti delle labbra, o ancor
meglio i movimenti delle mani.
Ma per chi ha la fortuna di udire, ascoltare può
essere comunque complicato.
Alcune difficoltà possono sorgere se chi parla usa una
lingua sconosciuta oppure se ha gravi difetti di pronuncia, come i balbuzienti,
gli autistici o come i portatori di trisomia 21 (sindrome di down) o infine
difetti più lievi come la “erre moscia” o una parlata veloce che, come in certi
dialetti, finisce per far sì che le parole vengano del tutto “mangiate”.
Ma anche quando uno parla bene e l’altro ha tutti gli
organi di senso ben funzionanti, il dialogo può risultare non fluido e lo
scambio fra parlare e ascoltare può essere faticoso e inefficace per entrambi
gli interlocutori sia nell’udire che nel parlare.
Il dialogo fra due o più persone deve essere, appunto,
un dialogo e non un monologo interminabile che impedisce agli altri di intervenire
al fine di comunicare, correggere o fare aggiunte.
E se gli interventi sono permessi devono essere fatti nei
momenti opportuni e con le dovute e necessarie precauzioni, senza sovrapporsi a
chi già sta parlando, facendo attenzione a ciò che è stato detto, il tutto
cercando di non smettere mai di guardarsi negli occhi.
Capita sovente che qualcuno si getti a capofitto
durante un’esposizione, iniziando con un “Anche io, ma” o con un “Solo io”,
seguito dalla narrazione di episodi personali accaduti; ciò spesso indica non
solo mancanza di interesse verso l'altro che ha appena parlato, ma anche di non
aver compreso veramente ciò che l’altro cercava di comunicare; si tratta di una
vera e propria prevaricazione dell'altro, come se il proprio accaduto fosse più
importante e interessante di quello degli altri.
Tale comportamento prevaricatore è un chiaro indice di
narcisismo, di mancanza di rispetto per l’altro e rappresenta una forte
richiesta di attenzioni verso se stessi. Ciò può provocare malcontento e insoddisfazione da
ambedue le parti. Se parlare può essere facile, ascoltare dal canto suo può
risultare difficile a causa del gran frastuono quotidiano in cui ci troviamo a
vivere. È difficile ascoltare se la nostra attenzione è
rivolta ad un altro o se il nostro pensiero spazia nella direzione opposta al
nostro interlocutore. Può accadere che una persona esponga a parole una
situazione vissuta di gioia, apertura, disponibilità, accoglienza, ma è solo
ascoltandolo con attenzione totale, con tutti i sensi, che possiamo notare le
braccia conserte, le gambe accavallate, il corpo contratto e lo sguardo rivolto
verso il basso, chiari indici di tristezza.
È solo così dunque che possiamo
riuscire a percepire un’incongruenza fra quello che viene detto con le parole e
ciò che viene detto col corpo. Se vi e volontà e interesse ad ascoltare totalmente la
persona che ha parlato è necessario indagare e osservare nel contempo ogni
singolo elemento del suo corpo. Solo così potrà esserci un vero “dire”, “ascoltare”, un
fluire di sentimenti, emozioni, un incontro come crescita, maturità, aiuto
reciproco, benessere e trasformazione dal dolore al benessere. Tutto ciò si acquista con l’esperienza sul corpo, ma,
elemento ancora più importante, è necessario che l’ambiente in cui si dialoga sia
essere privo di stimoli sonori che altrimenti potrebbero produrre distrazioni, agitazione
nei presenti e interruzioni continue. Occorrerebbe conoscere le regole basilari dell’educazione
civica, un tempo materia di studio ormai, ahimè, tolta. Si tratta di dimostrare rispetto reciproco, non solo
con le parole, ma concretamente attraverso gli atteggiamenti, significa mettersi
al posto dell’altro, mettere in pratica l’empatia, intesa non solo nel provare
a calarsi nelle situazioni altrui, ma provare a sentire gli stati d animo dell’altro,
le sue emozioni, le sue tristezze, i suoi dolori, le sue gioie; tutto ciò
significa essere parti attive in un dialogo, riuscire a chiedere scusa o
perdono per qualche azione maldestra che può aver arrecato danno al fisico, o
anche solo al morale, di una persona. L’offesa, l’ingiuria, la minaccia, l’arroganza, la
prevaricazione sono certa, possono essere assai più dolorose di uno schiaffo,
se resta non perdonata.
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