Caro
Romano,
Stavo
guardando una foto che ci ritrae entrambi in una sala da ballo e mi viene in
mente quanto stavamo bene assieme e quanto abbiamo ballato da quando ci siamo
conosciuti all’Alberone.
Sai,
è una vita che non vengo più al cimitero, non so se sei sempre sepolto o se sei
nell’ossario. Se tu ti fossi fatto bruciare, io avrei conservato le tue ceneri,
certamente! Sei stato per me un vero amico e ti avrò sempre nel mio cuore. Mi
hai sopportata per anni anche quando stavo male e ti maltrattavo in maniera
piuttosto cattiva sino a picchiarti nei momenti di crisi depressiva, ma te non
ti sei mai allontanato da me.
Se
oggi posso godere di questo nuovo appartamento, io lo devo a te e alla nostra
convivenza. Convivenza che tu mi consigliasti di fare proprio per questo
motivo. Poi, piano piano, la tua malattia ha cominciato a progredire sino a
portarti alla morte. Quanto hai sofferto Romano, quanto ti ho visto patire in
quegli ultimi mesi interminabili! Quanto ha sofferto la mia “Desy” che ti
adorava, e che ti dette l’ultimo suo saluto quando eri nella camera mortuaria,
arrampicandosi disperata alla cassa dove giacevi ormai in pace. Quanto poi ti
ha cercato in casa accucciandosi dove era la tua poltrona.
Io,
ancora oggi ti ringrazio per avermi voluto così tanto bene nonostante tutte le
angherie da me fattoti. Però anch’io ti ho voluto bene come ad un fratello che
non ho mai avuto.
Grazie
Romano!
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