Il giorno del rientro è stata Noemi a
darmi la sveglia, era stata male e sembrava uno zombie, ma non riusciva a
capire la causa del suo malanno.
Questo albergo “Horus Horuse” del
Cairo era molto più bello, c’ero già stata e l’eleganza era presente in ogni
suo particolare. Guardando dalla finestra la città aveva uno strano aspetto
sotto l’insolita nebbia che rendeva ogni visione come in un sogno: palme,
palazzi, ecc. un po’ meno i giganteschi cartelloni pubblicitari, di non so che cosa,
ma dai colori sgargianti. “Noemi, Noemi,
perché mi hai abbandonata? E ora con chi parlo di ciò che è intorno? Di ciò che
vediamo? Non certo con il silenzioso e misterioso Cosimo, che è seduto vicino a
me e a cui ho chiesto se conoscesse quelle chiese con i due campanili lunghi e
sottili, finemente decorate e con le croci sopra.”
Di giorno era possibile vedere i
caotici raccordi anulari a quattro corsie per senso di marcia, stracolmi di
auto strombettanti e non solo luci in movimento, come quando siamo arrivati.
Lungo i
viali palmati anche alberi con fiori gialli o rosa sfumato e, quella che ad
Alessandria avevo preso per mimosa, in realtà aveva una fioritura viola chiaro.
“Noemi, Noemi, se tu fossi sveglia
accanto a me ti chiederei se quel tipo che batte sul prato con un sasso sta
schiacciando i pinoli o sta disseppellendo un tesoro. Oggi per me tu sei un
fantasma, un ectoplasma, per colpa dei farmaci.”
essendo un
po’ sorda e seduta sola in fondo al pulmino, mi sentivo esclusa, perciò scrivo
molto solo della natura e non del grigio dei palazzi ampiamente ricoperti di
sabbia del deserto, seppur belli, che si vedono attraverso i finestrini.
Siamo
arrivati all’aeroporto del Cairo e, scaricati veloci i bagagli dal pulmino, che
riparte alla volta di Alessandria d’Egitto.
A noi invece
ci attende un lungo iter burocratico per l’imbarco e quindi, ancora un po’ di
shopping per finire gli ultimi pound, col dubbio di aver pensato un po’ a
tutti, e se avessi dimenticato qualcuno, che non si offenda.
Adesso che
la partenza è certa, sono più tranquilla, perché con i fatti della Francia mi
era aumentata l’ansia, ma ora siamo qui pronti ad aspettare che apra il
check-in per imbarcarci.
I gruppi
conversano sereni e sorridenti, l’ambiente insonorizzato dell’aeroporto non ha
nessun rimbombo di eco ed è molto silenzioso.
Noemi fa la
barbona sdraiandosi sul pavimento o su più sedie è un po’ più sveglia ma non ce
la fa a stare in piedi, poi mi chiede del bagno ma non ha voluto che andassi
con lei, ha rimesso ancora.
Paolo teme
che si tratti di un Virus e si offre di portare il suo bagaglio ma lei,
orgogliosa, rifiuta tutto da tutti. La nostra cucciola si trascina le gambe
spingendo con i piedi la sua sacca da viaggio e nel lungo labirinto per il
check-in sono in molti a chiedere se ha bisogno di aiuto ma lei, quasi seccata,
risponde “tutto OK”.
Finalmente
si sale sull’aereo e sistemiamo il nostro bagaglio a mano ma, siccome sono posizionata
davanti all’uscita di sicurezza sulle ali, non ci permettono di tenere ne’
borse ne’ giacche, così preso il sudoku, la matita, il taccuino ed i
fazzoletti, pigiamo tutto il resto negli apposite cappelliere. Siamo decollati
e dall’alto si vedono i grandi spazi quasi color mattone del deserto, ma per
poco, perché la nebbia bassa non permette la visuale.
Sono seduta
tra due giovani egiziani, e discreti pure, loro hanno tenuto solo il loro
telefonino con cui giocare; però mamma mia, il decollo è stato buono ma l’aereo
sembra non stabilizzarsi, vibra così forte che non riesco a scrivere dritta e
tutta tremolante. Intorno a noi tante nuvole e niente sole.
Adesso
l’aereo sembra si sia stabilizzato ed il volo è piacevole, speriamo di
continuare così.
L’aria
condizionata è un po’ troppo fredda e tutti aprono le loro copertine di paille,
e ci sto pensando anche io, ma non l’ho fatto; ci distribuiscono gli auricolari
per ascoltare musica egiziana, a me fa molto piacere sentire musica diversa,
anche se per tre ore. L’operatore che ci ha consegnato le cuffie sembra sia lo
stesso dell’andata mentre le Hostess da Roma, avevano il tailleur pantalone e
la solita crocchietta, queste portano una casacca sopra i pantaloni ed il velo
nero seppur il viso rimane scoperto.
Adesso il
sole c’è e il cielo è celeste con piccole nuvolette bianche, ma sotto non si
vede niente. Forse siamo troppo alti per vedere la terra, o forse più in basso c’è
ancora la nebbia.
Io gioco
silenziosa con il mio sudoku e ascolto la musica, è la terza volta che sento
“Illy” e “Simmy”, chissà forse saranno nomi di donna, forse è il caso che cambi
canale.
Tra i loro
strumenti riconosco la fisarmonica, il pianoforte, strumenti a corda dai suoni più
o meno scuri: forse viole e violini suonati con una tecnica diversa dalla
nostra e flauti.
Le parole
pronunciate contengono molte “L” ma mi viene anche il dubbio che sia fatto con
uno strumento che si chiama sintetizzatore che imita tutti i suoni. Di certo
non mancano le percussioni a dare ritmo a tutto. Anche se ieri mattina, che era
sabato, dalla finestra del nostro albergo ad Alessandria, si vedevano oltre il
muro di cinta di una scuola, dove i bambini e i ragazzi, divisi forse per
classi, nel campo di calcetto davanti all’ingresso hanno fatto tutto un loro
rituale di gesti e voci, battendo le mani e canti accompagnati da un timpano,
un rullante ed una tastiera elettrica, prima di entrare a scuola, con a
capofila i loro insegnanti. Prima i maschi, seguiti dalle femmine, prima i più
piccoli e poi i più grandi che erano in un altro edificio laterale.
Le hostess
portano il pranzo: un ottimo riso con bocconcini di pollo ma non posso dire
altrettanto delle verdure cotte al vapore!!!
Il dolcetto
invece è buono, pan di spagna farcito con crema al burro e the con latte.
La terra non
si vede ancora, chissà dove siamo, c’è solo sole e cielo.
E’ l’ora del
ricambio idraulico! avete mai tirato lo sciacquone in aereo?
È una cosa
velocissima e forte, che par voglia risucchiare anche te, manco mi sono accorta
se è scesa l’acqua.
Sudoku,
sudoku e musica.
Adesso al di
sotto, un po’ come in un sogno, si cominciano a vedere rocce nude e scuri
boschi, ma niente mare. Boh!!!
Dai canali
audio 1, 2, 3 e 4 sembrano quasi preghiere, 5, 6 e 7 sembrano canti di qualche
concerto che fa musica popolare; gli altri fino al 10, musica più moderna con
cantanti misti. Io mi sono divertita a spiare cosa ascoltano i miei compagni di
viaggio. La prima traccia è quella che ho gradito meno, io ho girato le tracce
5, 6 e 7, chissà se potrò mai risentire questa musica.
La musica si
interrompe ogni volta che il comandante ha da comunicare qualcosa in inglese.
Siamo scesi
di quota infatti mi dolgono le orecchie e le montagne sono più nitide, comincio
a distinguere corsi d’acqua.
Il dolore è più
forte e le montagne più vicine e si vedono anche i centri abitati. Infatti
dalla cabina ci comunicano che tra 10 minuti saremo arrivati a Roma.
E’ bello
volare ma io non lo farei mai per evitare questi forti dolori alle orecchie,
fitte anche date dall’abbassamento di pressione atmosferica.
Stiamo
virando ed è come se l’aereo ci cullasse e sarebbe bello: si vedono campi
arati, orti o prati verdi e le scure chiome degli alberi; adesso invece vedo
solo l’ala sinistra. Che bello ora il mare con il sole che vi si riflette. E’
questo il bello del volo, ti fa ammirare l’ampiezza di tutto il bello del creato
che quotidianamente calpesti senza farci caso. Chissà cosa avrà visto dallo
spazio Samantha Cristoforetti, la prima astronauta donna italiana: un puntino
lontano dove ci sono i suoi affetti più cari. Ecco abbiamo
già toccato terra, il comandante parla ma non certo per me, che guardo gli
altri aerei parcheggiati attorno, capisco solo che ci ringrazia per aver volato
con la loro compagnia.
Bell’atterraggio,
non me ne sono neanche accorta, ma al momento di aprire lo sportello della
cappelliera, la roba pigiata a forza è caduta pericolosamente in braccio a me.
Per fortuna perché il trio di piramidi che ho comprato, pesa molto.
Pian piano
abbiamo districato tutto il resto e siamo scesi.
Di nuovo una
lunga fila per le routine di rimpatrio, un caloroso e speranzoso saluto tra i
vari gruppi e ci dividiamo di nuovo, ognuno per la propria strada o il suo
volo. La nostra attesa per Pisa è lunga: telefonate e messaggini per avvertire
che siamo rimpatriati, una merendina, riordinare tutte le carte e poi attendere
ancora.
Qua
l’aeroporto di Roma non è come al Cairo, c’è un forte riverbero che rende tutto
un brusio attorno, grandi rumori di veicoli elettrici ma soprattutto le voci
argentine dei bambini che scorrazzano gioiosi avanti e indietro sotto l’occhio
vigile dei genitori. Anche le loro voci sono gioia per il mio cuore e rendono
meno noiosa l’attesa.
Finalmente
annunciano il volo per Pisa, ancora una lunga fila per l’imbarco. I bagagli
vengono lasciati in fondo alla scaletta e ci dicono che li ritroveremo li
all’atterraggio.
Appena vede
l’aereo, Paolo dice “a me non piacciono gli aerei con le elichine!”
In effetti
oltre ad essere più piccolo hanno le ali sopra i finestrini e non sotto. Beh
Pisa-Roma è andata bene, perché non dovrebbe funzionare al contrario? E poi
anche l’aereo grande quando è partito dal Cairo non trovava la sua stabilità, è
comunque andato tutto bene poi.
Siamo già in
volo, le luci dell’aeroporto di Fiumicino si allontanano assieme a quelle della
città, si fanno più piccole e poi più nulla, forse siamo sul mare?
Accanto a me
c’è Giuseppe D’agostino, con lui posso scambiare qualche parola, mi fa più
compagnia di quei belloni egiziani.
Il
comandante ci dice che si sta vedendo l’isola d’Elba, ma Giuseppe che è vicino al
finestrino dice che sono solo piccole luci distanti.
Di nuovo il
comandante ci annuncia che stiamo arrivando a Pisa, mancano 5 minuti, si scusa
per il ritardo dovuto all’attesa delle coincidenze di altri passeggeri che
volano con l’Alitalia.
Ricomincia il
dolore per me, segno che scendiamo di quota, infatti sono ben visibili le
luci di Livorno e , dopo essere
ripassati sul mare, le luci dell’aeroporto ed un atterraggio dolcissimo.
In fondo
alla scaletta i nostri bagagli ad aspettarci, ma non è ancora finita. Di corsa
al parcheggio a prendere l’auto di Paolo, saliamo velocissimi e via alla volta
di Livorno, dove il più che gentile Paolo, ha riaccompagnato tutti a casa prima
di andare alla sua Rosignano.
Lo scrivere
ed il Sudoku sono stati i miei passatempi di tutto il viaggio.
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