Di Noemi Mariani
“Benvenuti all’incontro…”, cosi hanno esordito i collaboratori
norvegesi agli incontri tenuti a Oslo, con noi collaboratori italiani,
per formarci non che confrontarci sul tema trattato, che è molto vicino
all’IO di tutti noi, inteso come essere di se stessi rapportandosi
all’essere comune: i GRUPPI DI AUTO-MUTUO-AIUTO.
Le motivazioni
di sentirsi parte all’incontro erano molteplici ma strettamente unitarie
e collaboranti fra loro: conoscere una realtà differente dalla nostra,
per studi inerenti in psicologia, per comprendere meglio la
collaborazione fra società e sanità norvegese, come comprendere meglio
la cooperazione fra gruppi di autoaiuto e approfondire la progettazione
del “gruppo di promozione”; su tale e ultimo punto vorrei spiegare cosa è
un “gruppo di promozione”, attraverso i concetti e le parole dei
partecipanti: “…un gruppo operativo, volto alla gestione dei gruppi di
autoaiuto presenti sul territorio dove, sicuramente, ne fa parte
l’esperienza personale sia di utenti esperti sia del personale
sanitario, ove il concetto di salute pubblica è molto presente,
favorendo punti di ascolto ed esprimendo che la salute di se stessi è di
tutti ed è pubblica…”.
L’associazione norvegese definisce i
propri gruppi di autoaiuto “Un problema di vita” giacché non riguarda
solo la salute mentale, ma appartiene a tutti i cittadini poiché è un
diritto pubblico e, attraverso collaborazioni con il comune, informano
divulgando il concetto alla cittadinanza, ad esempio aggiornando
periodicamente i medici di medicina generale sull’associazionismo degli
utenti e sull’autoaiuto “…l’auto aiuto è rivolto, dove il cittadino è
rivolto…”: dentisti, medici di base, fisioterapisti e cosi via…;
lavorano con gruppi autorganizzati dove “ la sfida” ( definizione di
problema in quanto è sentito come tale dall’individuo che partecipa hai
gruppi), non è strettamente essenziale, il tutto è un “officina” dove si
collabora ed una “palestra” del fisico e dell’animo rivolto al
quotidiano di vita, indiscutibilmente libera da pregiudizi, anche se gli
stili di vita sono diversi. Vi sono molti aspetti concordanti fra le
due tipologia di gruppi ma un piccolo inciso sta nel spiegare la forte
differenza che sta nella scelta della continuazione di un gruppo: nei
nostri i gruppi sono APERTI in quanto è concesso, se il gruppo è a
favore, la possibilità del l’entrata di un nuovo membro, nel modello
norvegese la formazione del gruppo è CHIUSA, una volta formatosi non si
può più appropriare di eventuali modifiche, quindi la durata temporale
di un gruppo “norvegese” è molto più breve, in quanto, affrontate le
tematiche e risolte fra i membri, cessa di esistere; come altra
differenza vi è la negazione di potersi incontrare al di fuori del
gruppo poiché considerato un modo per tutelare meglio la privacy dei
membri; riguardante il momento dell’auto aiuto è “…essere pronto a cosa
dire all’interno di esso…” poiché “…se non si vuole aiuto non si può
pretendere di dare..” ( chi partecipa ad un gruppo è consapevole di
avere un problema e di volerlo affrontare),ed in fine l’ascolto come
arma di confronto e di riflessione personale ed anche come approccio ad
aprirsi al gruppo con forte rapporto alla pari, l’obbiettivo è il
medesimo per entrambe le forme di gruppi, NORMALIZZARE IL PROBLEMA.
Un
gruppo di ricercatori ha condotto sul tema dell’autoaiuto una ricerca
qualitativa finanziata dallo stato, poiché si tratta di salute pubblica,
strettamente condotta sui gruppi, su come sono vissuti e il loro
sviluppo, affrontando la nascita e la loro evoluzione nel tempo.
un’incisiva motivazione, sentita molto dai norvegesi, è la riforma
socio-sanitaria che si sta prestando a
nascere, nella quale sia
il comune che lo stato sono coinvolti: si tratta di migliorare la
cooperazione fra questi due enti con una meta in comune “il bisogno
dell’utente”, centralizzando maggiormente le risorse e facilitando le
prese in carico di utenti con entità più semplice (bambini e giovani)
sul territorio, con l’appoggio di una buona rete sociale composta dal
volontariato, l’associazionismo di utenti e famigliari (PIO) e pubblici
cittadini, con una collaborazione di servizi più stretta e improntata
fra la cooperazione tra utente ricercatore e personale sanitario.
I
termini qui sotto riportati sono stati quelli maggiormente espressi,
che hanno portato avanti l’esperienza di questo scambio culturale:
VOLONTA-SFORZO-RESPONSABILITA: per affrontare se stessi e gli altri.
ACCETTARE-TOLLERARE: le proprie debolezze.
Nessun commento:
Posta un commento