lunedì 14 marzo 2016

Diario di un Viaggio in Egitto: Quarta Parte

Di Franca Izzo

Il giorno del rientro è stata Noemi a darmi la sveglia, era stata male e sembrava uno zombie, ma non riusciva a capire la causa del suo malanno.
Questo albergo “Horus Horuse” del Cairo era molto più bello, c’ero già stata e l’eleganza era presente in ogni suo particolare. Guardando dalla finestra la città aveva uno strano aspetto sotto l’insolita nebbia che rendeva ogni visione come in un sogno: palme, palazzi, ecc. un po’ meno i giganteschi cartelloni pubblicitari, di non so che cosa, ma dai colori sgargianti. “Noemi, Noemi, perché mi hai abbandonata? E ora con chi parlo di ciò che è intorno? Di ciò che vediamo? Non certo con il silenzioso e misterioso Cosimo, che è seduto vicino a me e a cui ho chiesto se conoscesse quelle chiese con i due campanili lunghi e sottili, finemente decorate e con le croci sopra.”

Di giorno era possibile vedere i caotici raccordi anulari a quattro corsie per senso di marcia, stracolmi di auto strombettanti e non solo luci in movimento, come quando siamo arrivati.
Lungo i viali palmati anche alberi con fiori gialli o rosa sfumato e, quella che ad Alessandria avevo preso per mimosa, in realtà aveva una fioritura viola chiaro. “Noemi, Noemi, se tu fossi sveglia accanto a me ti chiederei se quel tipo che batte sul prato con un sasso sta schiacciando i pinoli o sta disseppellendo un tesoro. Oggi per me tu sei un fantasma, un ectoplasma, per colpa dei farmaci.”
essendo un po’ sorda e seduta sola in fondo al pulmino, mi sentivo esclusa, perciò scrivo molto solo della natura e non del grigio dei palazzi ampiamente ricoperti di sabbia del deserto, seppur belli, che si vedono attraverso i finestrini.
Siamo arrivati all’aeroporto del Cairo e, scaricati veloci i bagagli dal pulmino, che riparte alla volta di Alessandria d’Egitto.
A noi invece ci attende un lungo iter burocratico per l’imbarco e quindi, ancora un po’ di shopping per finire gli ultimi pound, col dubbio di aver pensato un po’ a tutti, e se avessi dimenticato qualcuno, che non si offenda.
Adesso che la partenza è certa, sono più tranquilla, perché con i fatti della Francia mi era aumentata l’ansia, ma ora siamo qui pronti ad aspettare che apra il check-in per imbarcarci.
I gruppi conversano sereni e sorridenti, l’ambiente insonorizzato dell’aeroporto non ha nessun rimbombo di eco ed è molto silenzioso.
Noemi fa la barbona sdraiandosi sul pavimento o su più sedie è un po’ più sveglia ma non ce la fa a stare in piedi, poi mi chiede del bagno ma non ha voluto che andassi con lei, ha rimesso ancora.
Paolo teme che si tratti di un Virus e si offre di portare il suo bagaglio ma lei, orgogliosa, rifiuta tutto da tutti. La nostra cucciola si trascina le gambe spingendo con i piedi la sua sacca da viaggio e nel lungo labirinto per il check-in sono in molti a chiedere se ha bisogno di aiuto ma lei, quasi seccata, risponde “tutto OK”.

Finalmente si sale sull’aereo e sistemiamo il nostro bagaglio a mano ma, siccome sono posizionata davanti all’uscita di sicurezza sulle ali, non ci permettono di tenere ne’ borse ne’ giacche, così preso il sudoku, la matita, il taccuino ed i fazzoletti, pigiamo tutto il resto negli apposite cappelliere. Siamo decollati e dall’alto si vedono i grandi spazi quasi color mattone del deserto, ma per poco, perché la nebbia bassa non permette la visuale.
Sono seduta tra due giovani egiziani, e discreti pure, loro hanno tenuto solo il loro telefonino con cui giocare; però mamma mia, il decollo è stato buono ma l’aereo sembra non stabilizzarsi, vibra così forte che non riesco a scrivere dritta e tutta tremolante. Intorno a noi tante nuvole e niente sole.
Adesso l’aereo sembra si sia stabilizzato ed il volo è piacevole, speriamo di continuare così.
L’aria condizionata è un po’ troppo fredda e tutti aprono le loro copertine di paille, e ci sto pensando anche io, ma non l’ho fatto; ci distribuiscono gli auricolari per ascoltare musica egiziana, a me fa molto piacere sentire musica diversa, anche se per tre ore. L’operatore che ci ha consegnato le cuffie sembra sia lo stesso dell’andata mentre le Hostess da Roma, avevano il tailleur pantalone e la solita crocchietta, queste portano una casacca sopra i pantaloni ed il velo nero seppur il viso rimane scoperto.
Adesso il sole c’è e il cielo è celeste con piccole nuvolette bianche, ma sotto non si vede niente. Forse siamo troppo alti per vedere la terra, o forse più in basso c’è ancora la nebbia.
Io gioco silenziosa con il mio sudoku e ascolto la musica, è la terza volta che sento “Illy” e “Simmy”, chissà forse saranno nomi di donna, forse è il caso che cambi canale.
Tra i loro strumenti riconosco la fisarmonica, il pianoforte, strumenti a corda dai suoni più o meno scuri: forse viole e violini suonati con una tecnica diversa dalla nostra e flauti.
Le parole pronunciate contengono molte “L” ma mi viene anche il dubbio che sia fatto con uno strumento che si chiama sintetizzatore che imita tutti i suoni. Di certo non mancano le percussioni a dare ritmo a tutto. Anche se ieri mattina, che era sabato, dalla finestra del nostro albergo ad Alessandria, si vedevano oltre il muro di cinta di una scuola, dove i bambini e i ragazzi, divisi forse per classi, nel campo di calcetto davanti all’ingresso hanno fatto tutto un loro rituale di gesti e voci, battendo le mani e canti accompagnati da un timpano, un rullante ed una tastiera elettrica, prima di entrare a scuola, con a capofila i loro insegnanti. Prima i maschi, seguiti dalle femmine, prima i più piccoli e poi i più grandi che erano in un altro edificio laterale.
Le hostess portano il pranzo: un ottimo riso con bocconcini di pollo ma non posso dire altrettanto delle verdure cotte al vapore!!!
Il dolcetto invece è buono, pan di spagna farcito con crema al burro e the con latte.
La terra non si vede ancora, chissà dove siamo, c’è solo sole e cielo.
E’ l’ora del ricambio idraulico! avete mai tirato lo sciacquone in aereo?
È una cosa velocissima e forte, che par voglia risucchiare anche te, manco mi sono accorta se è scesa l’acqua.
Sudoku, sudoku e musica.
Adesso al di sotto, un po’ come in un sogno, si cominciano a vedere rocce nude e scuri boschi, ma niente mare. Boh!!!
Dai canali audio 1, 2, 3 e 4 sembrano quasi preghiere, 5, 6 e 7 sembrano canti di qualche concerto che fa musica popolare; gli altri fino al 10, musica più moderna con cantanti misti. Io mi sono divertita a spiare cosa ascoltano i miei compagni di viaggio. La prima traccia è quella che ho gradito meno, io ho girato le tracce 5, 6 e 7, chissà se potrò mai risentire questa musica.
La musica si interrompe ogni volta che il comandante ha da comunicare qualcosa in inglese.
Siamo scesi di quota infatti mi dolgono le orecchie e le montagne sono più nitide, comincio a distinguere corsi d’acqua.
Il dolore è più forte e le montagne più vicine e si vedono anche i centri abitati. Infatti dalla cabina ci comunicano che tra 10 minuti saremo arrivati a Roma.
E’ bello volare ma io non lo farei mai per evitare questi forti dolori alle orecchie, fitte anche date dall’abbassamento di pressione atmosferica.
Stiamo virando ed è come se l’aereo ci cullasse e sarebbe bello: si vedono campi arati, orti o prati verdi e le scure chiome degli alberi; adesso invece vedo solo l’ala sinistra. Che bello ora il mare con il sole che vi si riflette. E’ questo il bello del volo, ti fa ammirare l’ampiezza di tutto il bello del creato che quotidianamente calpesti senza farci caso. Chissà cosa avrà visto dallo spazio Samantha Cristoforetti, la prima astronauta donna italiana: un puntino lontano dove ci sono i suoi affetti più cari. Ecco abbiamo già toccato terra, il comandante parla ma non certo per me, che guardo gli altri aerei parcheggiati attorno, capisco solo che ci ringrazia per aver volato con la loro compagnia.
Bell’atterraggio, non me ne sono neanche accorta, ma al momento di aprire lo sportello della cappelliera, la roba pigiata a forza è caduta pericolosamente in braccio a me. Per fortuna perché il trio di piramidi che ho comprato, pesa molto.
Pian piano abbiamo districato tutto il resto e siamo scesi.
Di nuovo una lunga fila per le routine di rimpatrio, un caloroso e speranzoso saluto tra i vari gruppi e ci dividiamo di nuovo, ognuno per la propria strada o il suo volo. La nostra attesa per Pisa è lunga: telefonate e messaggini per avvertire che siamo rimpatriati, una merendina, riordinare tutte le carte e poi attendere ancora.
Qua l’aeroporto di Roma non è come al Cairo, c’è un forte riverbero che rende tutto un brusio attorno, grandi rumori di veicoli elettrici ma soprattutto le voci argentine dei bambini che scorrazzano gioiosi avanti e indietro sotto l’occhio vigile dei genitori. Anche le loro voci sono gioia per il mio cuore e rendono meno noiosa l’attesa.
Finalmente annunciano il volo per Pisa, ancora una lunga fila per l’imbarco. I bagagli vengono lasciati in fondo alla scaletta e ci dicono che li ritroveremo li all’atterraggio.
Appena vede l’aereo, Paolo dice “a me non piacciono gli aerei con le elichine!”
In effetti oltre ad essere più piccolo hanno le ali sopra i finestrini e non sotto. Beh Pisa-Roma è andata bene, perché non dovrebbe funzionare al contrario? E poi anche l’aereo grande quando è partito dal Cairo non trovava la sua stabilità, è comunque andato tutto bene poi.
Siamo già in volo, le luci dell’aeroporto di Fiumicino si allontanano assieme a quelle della città, si fanno più piccole e poi più nulla, forse siamo sul mare?
Accanto a me c’è Giuseppe D’agostino, con lui posso scambiare qualche parola, mi fa più compagnia di quei belloni egiziani.

Il comandante ci dice che si sta vedendo l’isola d’Elba, ma Giuseppe che è vicino al finestrino dice che sono solo piccole luci distanti.
Di nuovo il comandante ci annuncia che stiamo arrivando a Pisa, mancano 5 minuti, si scusa per il ritardo dovuto all’attesa delle coincidenze di altri passeggeri che volano con l’Alitalia.
Ricomincia il dolore per me, segno che scendiamo di quota, infatti sono ben visibili le luci  di Livorno e , dopo essere ripassati sul mare, le luci dell’aeroporto ed un atterraggio dolcissimo.
In fondo alla scaletta i nostri bagagli ad aspettarci, ma non è ancora finita. Di corsa al parcheggio a prendere l’auto di Paolo, saliamo velocissimi e via alla volta di Livorno, dove il più che gentile Paolo, ha riaccompagnato tutti a casa prima di andare alla sua Rosignano.
Lo scrivere ed il Sudoku sono stati i miei passatempi di tutto il viaggio.

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