giovedì 17 marzo 2016

"Un problema di vita", il gruppo di mutuo aiuto norvegese

Di Noemi Mariani

“Benvenuti all’incontro…”, cosi hanno esordito i collaboratori norvegesi agli incontri tenuti a Oslo, con noi collaboratori italiani, per formarci non che confrontarci sul tema trattato, che è molto vicino all’IO di tutti noi, inteso come essere di se stessi rapportandosi all’essere comune: i GRUPPI DI AUTO-MUTUO-AIUTO.
Le motivazioni di sentirsi parte all’incontro erano molteplici ma strettamente unitarie e collaboranti fra loro: conoscere una realtà differente dalla nostra, per studi inerenti in psicologia, per comprendere meglio la collaborazione fra società e sanità norvegese, come comprendere meglio la cooperazione fra gruppi di autoaiuto e approfondire la progettazione del “gruppo di promozione”; su tale e ultimo punto vorrei spiegare cosa è un “gruppo di promozione”, attraverso i concetti e le parole dei partecipanti: “…un gruppo operativo, volto alla gestione dei gruppi di autoaiuto presenti sul territorio dove, sicuramente, ne fa parte l’esperienza personale sia di utenti esperti sia del personale sanitario, ove il concetto di salute pubblica è molto presente, favorendo punti di ascolto ed esprimendo che la salute di se stessi è di tutti ed è pubblica…”.
L’associazione norvegese definisce i propri gruppi di autoaiuto “Un problema di vita” giacché non riguarda solo la salute mentale, ma appartiene a tutti i cittadini poiché è un diritto pubblico e, attraverso collaborazioni con il comune, informano divulgando il concetto alla cittadinanza, ad esempio aggiornando periodicamente i medici di medicina generale sull’associazionismo degli utenti e sull’autoaiuto “…l’auto aiuto è rivolto, dove il cittadino è rivolto…”: dentisti, medici di base, fisioterapisti e cosi via…; lavorano con gruppi autorganizzati dove “ la sfida” ( definizione di problema in quanto è sentito come tale dall’individuo che partecipa hai gruppi), non è strettamente essenziale, il tutto è un “officina” dove si collabora ed una “palestra” del fisico e dell’animo rivolto al quotidiano di vita, indiscutibilmente libera da pregiudizi, anche se gli stili di vita sono diversi. Vi sono molti aspetti concordanti fra le due tipologia di gruppi ma un piccolo inciso sta nel spiegare la forte differenza che sta nella scelta della continuazione di un gruppo: nei nostri i gruppi sono APERTI in quanto è concesso, se il gruppo è a favore, la possibilità del l’entrata di un nuovo membro, nel modello norvegese la formazione del gruppo è CHIUSA, una volta formatosi non si può più appropriare di eventuali modifiche, quindi la durata temporale di un gruppo “norvegese” è molto più breve, in quanto, affrontate le tematiche e risolte fra i membri, cessa di esistere; come altra differenza vi è la negazione di potersi incontrare al di fuori del gruppo poiché considerato un modo per tutelare meglio la privacy dei membri; riguardante il momento dell’auto aiuto è “…essere pronto a cosa dire all’interno di esso…” poiché “…se non si vuole aiuto non si può pretendere di dare..” ( chi partecipa ad un gruppo è consapevole di avere un problema e di volerlo affrontare),ed in fine l’ascolto come arma di confronto e di riflessione personale ed anche come approccio ad aprirsi al gruppo con forte rapporto alla pari, l’obbiettivo è il medesimo per entrambe le forme di gruppi, NORMALIZZARE IL PROBLEMA.
Un gruppo di ricercatori ha condotto sul tema dell’autoaiuto una ricerca qualitativa finanziata dallo stato, poiché si tratta di salute pubblica, strettamente condotta sui gruppi, su come sono vissuti e il loro sviluppo, affrontando la nascita e la loro evoluzione nel tempo. un’incisiva motivazione, sentita molto dai norvegesi, è la riforma socio-sanitaria che si sta prestando a
nascere, nella quale sia il comune che lo stato sono coinvolti: si tratta di migliorare la cooperazione fra questi due enti con una meta in comune “il bisogno dell’utente”, centralizzando maggiormente le risorse e facilitando le prese in carico di utenti con entità più semplice (bambini e giovani) sul territorio, con l’appoggio di una buona rete sociale composta dal volontariato, l’associazionismo di utenti e famigliari (PIO) e pubblici cittadini, con una collaborazione di servizi più stretta e improntata fra la cooperazione tra utente ricercatore e personale sanitario.
I termini qui sotto riportati sono stati quelli maggiormente espressi, che hanno portato avanti l’esperienza di questo scambio culturale:
VOLONTA-SFORZO-RESPONSABILITA: per affrontare se stessi e gli altri.
ACCETTARE-TOLLERARE: le proprie debolezze. 

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